Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  dicembre 20 Venerdì calendario

Biografia di Sergio Rubini


Sergio Rubini, nato a Grumo Appula, in provincia di Bari, il 21 dicembre 1959 (60 anni). Attore. Regista. Sceneggiatore • «Interprete deciso e sensibile di personaggi in bilico tra una certa inadeguatezza esistenziale, una personale rivolta sociale e un eroico bisogno di riscatto, R. è anche regista di film dal taglio individuale, perlopiù legati ai temi e agli scenari meridionali» (Massimo Causo, Enciclopedia del Cinema, 2004) • «Con il Sud, che considera “uno spazio mentale”, ha un rapporto dialettico: “Ci vado con grande entusiasmo, ma dopo tre giorni scappo”. Gli è rimasto, per scelta, un vago accento che, impastato con la voce nasale, è un tratto della sua personalità d’attore: “Da ragazzo sono andato a scuola di dizione e a 18 anni ho cambiato il timbro vocale. Poi, a un certo punto, ho compreso che dire ‘cosa’ con la ‘o’ aperta oppure chiusa significava cambiare il modo di vedere il mondo. Sono tornato ai suoni di prima, anche per darmi un’identità alternativa... E poi ho messo varie delle mie storie nei miei luoghi, nonostante siano posti dove non ho più vissuto» (Fulvia Caprara, La Stampa, 31/12/2016) • Tra i suoi film: Intervista (Fellini, 1987); La stazione (1990, David di Donatello e Nastro d’argento come miglior regista esordiente); Una pura formalità (Giuseppe Tornatore, 1993); Nirvana (Gabriele Salvatores, 1996); Panni sporchi (Mario Monicelli, 1999); Tutto l’amore che c’è (2000); La passione di Cristo (Mel Gibson, 2004, fa la parte di uno dei due ladroni); La terra (2006); Colpo d’occhio (noir del quale è regista e sceneggiatore, 2008); Qualunquemente (Guido Manfredonia, 2011); La scoperta dell’alba (Susanna Nicchiarelli, 2012, tratto da un romanzo di Walter Veltroni); Mi rifaccio vivo (girato da lui, 2013); Che strano chiamarsi Federico (Ettore Scola, 2013); La nostra terra (di Giulio Manfredonia, 2014), La stoffa dei sogni (Gianfranco Cabiddu, 2015); Non è un paese per giovani (Giovanni Veronesi, 2017), Moschettieri del re (Giovanni Veronesi, 2018). In televisione: ha recitato nella fiction Rai La contessa di Castiglione (Josée Dayan, 2006). A teatro è stato impegnato nella stagione 2013-2014 con il dramma di Cechov Zio Vanja, diretto da Marco Bellocchio • «Il cinema m’ha dato una grande opportunità: quella di conoscere, e conoscermi» • «Parla quasi sempre di sé, nei suoi film? “Certo, ma con mistificazioni. Nel senso che mi viene da raccontare ciò che avrei voluto che fosse successo, incontri come non sono mai avvenuti. I film più ‘miei’ sono anche menzogneri» (Rodolfo Di Giammarco, la Repubblica 1/7/2012).
Titoli di testa «Tutto sta nei capelli. Il fatto che non mi sono mai pettinato genera una serie di equivoci. Io scomposto, caotico, scapigliato, zingaro, casinista del sud. E invece poi sono uno regolare, molto meno meridionale di come sono visto» • «Rubini parla col suo tono pacato un po’ filosofale, sornione, anche bonariamente grifagno. Ha i capelli (effettivamente) molto in disordine» (Di Giammarco).
Vita Fiero delle sue origini pugliesi. «Mi ricordo che da bimbo quando facevano l’appello a scuola c’era sempre qualcuno che mancava: erano ancora anni di forte emigrazione, con questi viaggi per Torino o per Milano che sembravano interminabili» • «Sergio Rubini viene da una famiglia di ferrovieri, “mio padre Alberto, un socialista di quelli veri, quelli che sono poi approdati al Pci di Enrico Berlinguer, era figlio di un emigrante. Mio nonno arrivò negli Stati Uniti nel 1908, un anno prima di Nicola Sacco, il personaggio che interpreto nella fiction Sacco e Vanzetti […] Era un ragazzino. Vendeva il ghiaccio per strada, fece una piccola fortuna e l’ha persa tutta nel 1929, con la grande crisi. I ragazzi italiani che arrivavano in America venivano considerati da tanti, come oggi i nostri immigrati, “i nuovi barbari”, bestie da tenere in quarantena» (a Barbara Palombelli, Corriere della Sera, 5/11/2005) • Alberto Rubini, capostazione, è ance appassionato di pittura •«Mi ha insegnato che il pittore Paul Cézanne ha dipinto la stessa montagna ben 50 volte, con condizioni luminose diverse, e che in un suo quadro ti puoi perdere. Mi rompevo le scatole quando mi portava alle mostre. Ma non smetterò mai di ringraziarlo, è stato lui a insegnarmi la passione per la bellezza» (a Cristiana Allievi, Grazia, 7/11/2017) • «Per me il cinema fin dall’inizio ha coinciso con la figura femminile. Il premio più grande, da ragazzino, era vedere film con donne che venivano baciate» • «“Sono stato introdotto prepotentemente e con una certa ruvidità alle donne. Ero la mascotte di un gruppo di amici più grandi, ventenni, che mi spiegavano che cosa fare, come portare a casa un certo risultato, e mi assegnavano i compiti. Alla sera, dovevo tornare da loro, raccontare quello che avevo fatto e, se non mi ero comportato bene, venivo processato. Insomma, non mi sono mai dovuto nascondere. E, grazie alla complicità dei miei genitori, ho cominciato a portare le mie fidanzatine a casa molto presto” A che età? “Dai 14 anni. Avevo anche il permesso di chiudermi con loro in camera. Di questa educazione sentimentale, devo dire, sono piuttosto fiero”» (Enrica Brocardo, Vanity Fair, 22/10/2017) • «A 19 anni mi ero fidanzato con una scandinava. Allora pensavo di dover andare a trovare la donna nel luogo più lontano possibile. Ho anche vissuto in Norvegia per un anno ed ero convinto che avrei trascorso la mia esistenza tra Oslo e i fiordi» • «In Norvegia, dove regnano l’ordine e il rigore, e dove c’è la  biondezza, un mistero lontano dal mio che però mi attraeva. Ecco, questa tensione verso un’altra natura, un altro mondo, è il conflitto che vivo» • Dal 1978 si trasferisce a Roma, si iscrive all’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico”. «Ho dovuto disimparare il mio dialetto, il mondo dello spettacolo l’ho sposato come mettendo una giacca. Camilleri era mio insegnante […] Disse una volta che quando era andato via dal suo paese aveva deciso che sarebbe tornato solo quando avesse dimenticato il numero delle colonne che sostenevano la facciata del Comune. Io pensai allora che la stessa cosa fosse indispensabile anche per me» (a Paolo D’Agostini) • «Ho preso lezioni di regia da lui, allora c’era chi lo considerava soltanto un opaco ex regista Rai a riposo e le sue passioni erano tutte per noi» (alla Palombelli) • «Il colpo di fortuna del giovane e smilzo ragazzino pugliese arriva, dopo i passaggi inevitabili fra pensioncine alla stazione e parenti ospitali, con un incontro. Sulla sua strada c’è, ad aspettarlo, Federico Fellini (e Fellini mi spiegò che quel ragazzino lo colpì moltissimo, si ritrovava in lui, non pensava affatto che il loro incontro fosse casuale)» (Barbara Palombelli) • «Avevo 21 anni, lui stava mettendo su il cast per E la nave va, mi presentai a Cinecittà con il solito album sottobraccio. Mi disse subito: “Complimenti, lei somiglia alle sue fotografie. Di solito, gli attori sono sempre diversi dalle immagini ritoccate. Prima o poi, io e lei lavoreremo insieme”. Quattro anni dopo, mi chiamò» • Nel frattempo, Sergio ha lasciato la scuola di recitazione, lavora con registi come Antonio Calenda, Ennio Coltorti, Gabriele Lavia. «Rubini nasce teatrante» (Di Giammarco) • «Ben presto, però, si è allontanato dalle scene per intraprendere la carriera cinematografica, esordendo nel 1985 in Figlio mio, infinitamente caro… di Valentino Orsini e facendosi notare nel 1986 in Desiderando Giulia di Andrea Barzini. Ma l’occasione della sua carriera è giunta l’anno successivo, quando Federico Fellini lo ha scelto come protagonista di Intervista, affidandogli il ruolo autobiografico del giovane giornalista affascinato dalla magia di Cinecittà» (Causo) • «Diventammo amici. Andavamo a mangiare ai Castelli o ci vedevamo a casa sua in via Margutta. Un’amicizia che condividevo con la mia ex moglie, Margherita Buy. Facevamo lunghi giri in auto, come gli piaceva, Federico si sentiva rassicurato dalla guida di Margherita» • «Federico mi portava in giro e mi presentava a tutti dicendo: “È un Capricorno, come me”, mentre sapeva benissimo che sono Saggittario. Giocava sempre e amava il non detto, per capirlo dovevi cercare fra le pieghe delle sue parole» (alla Allievi) • «Il suo assistente mi lasciava continui messaggi in segreteria: “Il maestro le ricorda di non ingrassare”» (Costanza Rizzacasa, Panorama, 9/9/2011) • «“L’incontro con Fellini, il legame umano, i suoi insegnamenti e tutto quello che è venuto dopo, sono fra le cose più belle della mia vita”. Se dovesse scegliere un ricordo in particolare? “Le telefonate all’alba, lui si svegliava molto presto e chiamava. Io avevo 25 anni e orari tutti diversi, così, quando avvertivo che all’indomani sarebbe arrivata una sua chiamata, mi mettevo la sveglia e giravo per casa facendo esercizi per levarmi la voce impastata. Allora stavo con la Buy, che mi guardava sbalordita. Ho imparato che se vuoi esprimere il tuo parere sul mondo, ti devi alzare presto”» • «Come andò la lavorazione del film? “Fu un’esperienza straordinaria in cui venni sempre coinvolto. Prima della scena in casa di Anita Ekberg, mi caricò in auto con Marcello Mastroianni e mi pregò di fargli delle domande per inserirle nel film. Macché burattinaio. Non è vero che facesse dire dei numeri agli attori: cercava scampoli di vita e l’umanità di ciascuno» (Gloria Satta, Il Messaggero, 18/12/2019) • A metà anni Ottanta collabora anche con il commediografo Umberto Marino. «La collaborazione con Umberto proseguì finché non ci siamo persi di vista anche noi. Ma io ero strano. Ero capace di fargli telefonate anonime per sentire la sua voce. Anche un’amicizia, una collaborazione stretta che s’interrompe, è un mistero. È sembrato che io fossi diventato più antipatico, ma questa è la mia conquista: non avere più la voglia assidua di piacere...» • «E con Giovanna Mezzogiorno come è andata? “L’ho conosciuta ragazzina e l’ho voluta per Il viaggio della sposa, mi ha colpito per lo sguardo e per il carattere. È una vera prima attrice, molto libera intellettualmente, coerente con le sue scelte, anche quelle radicali, passionale, con un cuore forte e un primo piano eccezionale. Sono affezionato a lei come a una sorellina”. Tra i suoi incontri importanti c’è quello con Gabriele Salvatores. “Ci siamo conosciuti con Nirvana, dove ho interpretato Joystick. Mi sono subito sentito accolto. Spesso gli attori soffrono di ansia da performance, Salvatores è come un allenatore bravissimo a tenere sempre alto il morale dello spogliatoio” L’ha diretta Giuseppe Tornatore. “Mi ha sorpreso la sua tenacia, la cura nei dettagli, la capacità di ricreare la scena esattamente come l’aveva in mente. Il contrario di Fellini, che aveva sempre voglia di cambiare”. I suoi personaggi […] spesso esprimono inadeguatezza. “Si, e non solo nei confronti delle donne, anche del mondo, in generale. Da ragazzo avevo un cappotto color cobalto come quello di Omar Sharif nel Dottor Zivago, sognavo di essere come lui. Poi capii che non ci sarei mai riuscito. Così, anche per via di quella folgorazione con Fellini, ho vissuto la mia avventura nel cinema da meridionale, con un senso di stupore, sentendomi non all’altezza, e questo mi ha protetto dal disincanto”» (Caprara) • «Avrei voluto essere biondo con gli occhi azzurri, un po’ più sereno, tranquillo: spesso incontro persone con le quali sarei pronto ad attraversare il deserto o a scalare l’Himalaya perché sento che sono forti e pieni di certezze. Io non ne ho, e sogno di averne: mi sarebbe piaciuto essere uno sherpa, una guida che porta la gente in vetta. Faccio questo mestiere anche per essere, almeno nel sogno, un po’ meglio di come sono in realtà».
Donne Sposato nel 1991 con Margherita Buy, 2 anni meno di lui, conosciuta alla scuola di recitazione. Separatisi nel 1993, hanno divorziato solo nel 2012.«Pensavamo che dopo la separazione fosse tutto automatico. Sono andato a prenderla a casa col motorino, siamo corsi in tribunale, abbiamo perfezionato sorridendo le pratiche del divorzio, con quelli degli uffici che ci facevano i complimenti perché molti ci percepiscono sempre insieme, e d’altronde io nei film faccio spesso il marito di Margherita» (Di Giammarco) • Lei racconta: «Sposarmi? L’ho già fatto una volta, con Sergio Rubini, e mi è bastato per tutta la vita» (a Laura Laurenzi, la Repubblica, 6/5/2007) • Negli anni Novanta una breve storia con Asia Argento, sedici anni meno di lui. Sembra che Dario Argento, padre di lei, abbia detto: «Ma come avrà fatto mia figlia a stare con un uomo così brutto?» • Valeria Golino: «Quando Rubini mi ha conosciuta di anni ne avevo 18, non 16. Lo ricordo bene perché appena sono diventata maggiorenne ha provato a corteggiarmi. L’ha fatto per circa 7 minuti, non voleva fare la fine degli altri» • «Io sono stato single per molto tempo fino a che, a 40 anni, ho incontrato una ragazza di 22». Carla Cavalluzzi, che ora scrive le sceneggiature con lui. «È del mio paese, di Grumo Appula in provincia di Bari, era amica di famiglia e la conoscevo quando era ragazzina. Poi l’ho incontrata di nuovo girando Tutto l’amore che c’è, scoprendola appassionata di cinema e laureata con una tesi su Kieslowski. Con lei ho stretto subito» • «Sono orgoglioso di aver trovato la mia compagna nel mio stesso paese dopo un lungo viaggio. Non è stata una combinazione, ma il frutto di una ricerca».
Silvio Berlusconi «Nel nostro Paese c’è stato a lungo un presidente del consiglio identificabile col padrone delle tv, con la scusa io-lavoro-sotto-il-governo-o-per-le-produzioni-di-uno-che-non-condivido-ma-che-mi-lascia-libero. Un’anomalia, con lieve censura strisciante. E le conseguenze di questo - la trasformazione orwelliana del cittadino italiano, il trionfo del prodotto di massa - oggi si sentono. Io da ragazzino, negli anni Settanta, facevo parte della gioventù anarchica di provincia, poi quando sono tornato in Puglia ho trovato la sconfitta dei sogni e la vittoria dei soldi» • «Ho conosciuto il Berlusconi produttore cinematografico, tanti anni fa, in casa di Vittorio Cecchi Gori, c’erano anche Diego Abatantuono, Gabriele Salvatores e tanti altri. Come rideva alle battute di Roberto Benigni, scherzarono insieme tutta la sera...» (alla Palombelli).
Mel Gibson «Guarda non farmi parlare, io ho avuto problemi seri con Mel Gibson, tant’è che quando lo hanno arrestato [per aver picchiato la moglie, ndr] ho stappato una bottiglia di champagne. […] A Matera, dove giravamo, tutti avevano le visioni, gente che si è convertita. Era pieno di preti ovunque e si facevano tre messe al giorno. Una in latino, una in inglese e una in materano […] Andavo in giro mezzo nudo per la città. Figurati io sono di Altamura e ho studiato lì. Immagina. Era novembre. Novembre a Matera! E io non avevo messo in conto cosa significasse essere appeso ad una croce a novembre con il perizoma! […] Voleva che fosse tutto vero, poco ci mancava che avesse usato i chiodi per appenderci alla croce. Io ero attaccato e dovevo dare l’idea di pendere. Era molto faticoso. Sotto il c..o avevamo una specie di sellino da bicicletta su cui sedevamo. Era affilato e sottile» (a Diego Bianchi, Propaganda Live, su La7, 2018).
Curiosità È alto 1 metro e 78, pesa 70 chili • Votava Bertinotti • «Ho sofferto per l’età a 27 anni: sentivo arrivare i trenta, era come la fine dell’età più pregiata. Poi, un giorno, mi lamentavo con Monicelli: “Sai, ormai ho 47 anni”. Stava bevendo del brodo, mi ha guardato e mi ha detto: “Dobbiamo consolare un quarantasettenne?”» (a Sara Faillaci, Vanity Fair, 11/10/2007) • «Non ho figli e questo un po’ mi spaventa. Quando vedo i miei genitori che sono anziani, ed io li aiuto, poi mi chiedo: “Ma chi aiuterà me?” (…) Non ho nemmeno una casa di proprietà, sono un vero precario. Non suggerirei a tutti di fare come me, vivere nell’incertezza continua. Però evidentemente c’è una parte di me che pensa di dover vivere così. Non misuro il mio stare al mondo perché ho la prole o il mattone» (a Denise Negri, SkyTg24, 25/8/2013) • Per anni è andato da uno psico-analista • «Su Vanity Fair abbiamo avuto una rubrica che s’intitolava Il posto più strano dove ho fatto l’amore. Il suo? “Non le risponderò mai. Mi consideri pure una persona scialba, senza fantasia. Un tradizionalista”» (Brocardo) • «È sui social? “Li frequento con curiosità e un certo sgomento” […] Di fronte agli incassi stellari di Avengers cosa pensa? “Che non saranno i supereroi o Checco Zalone a salvare l’industria. Dovrebbe andar bene il cinema medio”[…] La letteratura? “Si parla sempre di Philip Roth, ma conta anche Joseph Roth cantore della fine asburgica. Murakami. Orhan Pamuk”. La musica? “Sto tra Bach e Mozart, tra rigore e genio”. Il traguardo più bello? “Aver risposto alla domanda letale di quelli del Sud: ‘Ma dove vuoi andare?’”» (Di Giammarco).