La Stampa, 20 dicembre 2019
Junqueras ha l’immunità. Lo schiaffo dell’Ue alla Spagna
La Spagna ha violato i diritti di Oriol Junqueras, il leader del partito che dovrebbe dare il via libera al governo di Pedro Sánchez. La sentenza di ieri della corte di Lussemburgo è la fotografia del cortocircuito tra politica e giustizia che blocca la Spagna da anni.
La Corte europea di giustizia ha stabilito che Junqueras era un eurodeputato, sin dal momento della proclamazione dei risultati delle elezioni europee. Il leader indipendentista aveva quindi diritto a quel seggio, che gli avrebbe garantito l’immunità. Ma al momento della proclamazione si trovava in carcere preventivo in attesa di una sentenza, che lo ha poi condannato a 13 anni per il tentativo di proclamare l’indipendenza della Catalogna nell’autunno del 2017. Insomma, un colpo molto duro per i magistrati iberici che hanno voluto processare a tutti i costi i politici indipendentisti. Il presidente del parlamento europeo Sassoli ha chiesto alla Spagna di «applicare la decisione della Corte» e gli uffici nei prossimi giorni daranno indicazioni precise, la prima è arrivata in serata: gli indipendentisti eletti potranno entrare nelle sedi del parlamento.
Da Madrid ci si affretta a chiarire che Junqueras non uscirà dal carcere in forma automatica, perché «nessuno mette in discussione la condanna del Tribunale supremo». Esquerra republicana chiede invece che il suo leader esca immediatamente: «Oriol torna!» ha esclamato il vicepresidente della Generalitat Pere Aragones. Se le conseguenze non sono ancora chiare, una cosa pare certa: la decisione europea potrebbe favorire soprattutto Carles Puigdemont, l’ex presidente catalano anche lui eletto alle europee, senza che abbia mai preso possesso del seggio. A differenza di Junqueras, Puigdemont non è stato condannato. Su di lui pesa una richiesta di estradizione che il Belgio sta analizzando, ma alla luce della decisione di ieri, l’ex presidente è un parlamentare con l’immunità e in teoria potrebbe circolare liberamente persino in Spagna. E come lui anche l’altro indipendentista rifugiatosi in Belgio, Toni Comín e Clara Ponsatí (in Scozia). Siamo davanti a un paradosso: la vittoria di Junqueras favorisce quasi esclusivamente il suo rivale interno, Puigdemont. L’ex presidente sta pensando di spostare il quartier generale da Waterloo a Perpignan, nella Catalogna francese a pochi chilometri dalla sua Girona. A complicare il quadro è arrivata la sentenza che dichiara inabilitato l’attuale presidente della Generalitat Quim Torra colpevole di disobbedienza.
Pedro Sánchez resta spiazzato, il leader socialista stava per chiudere la trattativa con Esquerra Republicana, sperava di essere eletto premier negli ultimi giorni del 2019. Ma gli indipendentisti sono in difficoltà: come fanno ad accusare la giustizia spagnola oggi e dare il via libera al governo nazionale domani? Serve tempo. Da Barcellona infatti i toni si alzano: «I negoziati sono interrotti fino a che i socialisti non si pronunciano».La Moncloa dichiara che le decisioni della magistratura sono autonome, ma il punto importante è un altro: «L’avvocatura dello Stato presenterà uno scritto nei prossimi giorni». Qui che si vedrà se il governo vuole muovere un passo.
Se dovesse fallire il negoziato con Esquerra si avvicinerebbe un ritorno alle urne, una prospettiva politicamente tragica per la Spagna, alla quale si potrebbe sfuggire con un accordo con il centrodestra. Oggi sembra impossibile, ma nessuno a Madrid ormai si azzarda ad escludere nulla.