la Repubblica, 20 dicembre 2019
La decadenza di Macron
Qualche giorno fa, durante la manifestazione contro la riforma delle pensioni, un ragazzo si è presentato in piazza della Bastiglia con un grande cuore rosa su cui era scritto: “Macron, ti odio con tutto il mio cuore”. Nei cortei si sono viste immagini del Presidente trasformato in Luigi XVI, il re ghigliottinato. Alcuni slogan erano minacciosi come “On vient te chercher”, veniamo a prenderti. L’inquilino dell’Eliseo era già stato bersaglio di attacchi pesanti durante il movimento dei gilet gialli, con un’aggressione quasi fisica avvenuta un anno fa a Puy-en-Velay, nel centro della Francia. La macchina su cui viaggiava il Presidente era stata assalita da alcuni manifestanti. Un momento che lo stesso Macron ha vissuto come un trauma. La palestra dell’odio si ripete adesso nei cortei dei sindacati. Anche se la Francia è abituata a conflitti duri, frontali, contro un Presidente che concentra su di sé tutti i poteri nella Quinta Repubblica, anche se esiste una tradizione regicida che fa eternamente rivivere un clima rivoluzionario, sta succedendo qualcosa di nuovo come sostengono diversi analisti. Durante le proteste dell’anno scorso, la sociologa Dominique Schnapper aveva osservato che la biografia del giovane leader, arrivato all’Eliseo prima di compiere quarant’anni, spiega questo odio inedito espresso da una parte della popolazione, certo minoritaria ma agguerrita. In un Paese dove l’eguaglianza è una religione, fa scandalo un capo di Stato che è riuscito a conquistare il potere in così poco tempo, senza aver attraversato clamorosi fallimenti com’è accaduto a tanti altri leader e come succede alla maggior parte delle persone. François Mitterrand era stato eletto dopo due sconfitte. Jacques Chirac aveva alle spalle una lunga carriera politica fatta di alti e bassi, così come Nicolas Sarkozy, forse il presidente più vicino a Macron in quanto ad attacchi e insulti. Sarkozy era più che altro detestato da alcuni francesi per il fatto di essere troppo volgare, non all’altezza del ruolo che ricopriva. Il socialista François Hollande, che voleva essere il Presidente “normale”, è stato talvolta oggetto di disprezzo, sentimento che ci fa sentire superiori ed è in qualche modo rassicurante. Con il suo brillante percorso di studi e successi, Macron è invece diventato il simbolo di quello che Schnapper chiama “odio democratico”, qualcosa di insito alle nostre società dove la promessa dell’eguaglianza e della meritocrazia è sempre più spesso tradita, provocando frustrazione e astio. Un altro politologo che osserva da quasi mezzo secolo le convulsioni della Francia, Jérôme Jaffré, spiega che nei confronti di Macron non c’è una semplice ostilità politica come accade per Marine Le Pen, contro cui si sono coalizzati milioni di elettori di diverso colore politico al ballottaggio delle ultime presidenziali. Contro Macron, si tratta di un vero e proprio odio personale, espresso da una parte della sinistra che in parte lo aveva votato nel 2017 salvo poi dipingerlo una volta insediato come il “Presidente dei ricchi”. Nel suo primo anno al potere, Macron ha fatto molto per confermare questa immagine, con battute offensive, come quando ha parlato di “nullafacenti” o del “folle denaro” versato ai più poveri. Anche se poi ha provato a cambiare, aprendosi al dialogo, per alcuni francesi non è mai abbastanza. In queste settimane di scioperi e cortei il Presidente appare pochissimo nel timore di trasformare ancora di più le manifestazioni in sfilate contro la sua persona. È possibile che Macron supererà anche questo conflitto sociale, trovando qualche compromesso con i sindacati riformisti e contando sul logoramento della protesta. Ma se la vittoria politica passerà attraverso l’umiliazione dei sindacati e di una parte dei francesi, non farà che rafforzare il suo peccato originale di arroganza.