La Stampa, 19 dicembre 2019
Intervista a Giuseppe Conte. Parla del matrimonio tra Fca e Psa
Presidente Giuseppe Conte, quale giudizio dà della fusione tra Fca e Peugeot?
«Può costituire una grande opportunità per l’Italia e per l’Europa. Questa fusione dà vita al quarto gruppo mondiale nel settore auto e può segnare la nascita di un importante polo per l’innovazione e lo sviluppo, con effetti benefici per il resto dell’economia europea e nazionale. Perché queste ricadute positive siano pienamente colte è importante che il progetto valorizzi le reciproche sinergie rilanciando i settori automotive nazionali senza incidere negativamente sull’occupazione».
Che ruolo ha l’industria dell’auto nella crescita del Paese?
«L’industria dell’auto è alle prese con la sfida della riconversione ecologica. La stessa sfida su cui investe il Governo, sin dal primo giorno. Sono convinto che la strada del Green New Deal sia quella della crescita. Politiche per la sostenibilità ambientale e l’innovazione aprono la strada a nuove opportunità e posti di lavoro».
La fusione Fca-Peugeot può avere un peso per accelerare anche l’integrazione europea?
«Operazioni di questo tipo, oltre a consolidare il mercato dell’auto, consentono anche una forte integrazione delle filiere industriali europee. Non bisogna poi dimenticare la forte presenza del gruppo sui mercati terzi, a partire da quello statunitense. In un’economia globale non si può prescindere da questo aspetto per creare realtà industriali in grado di crescere e reggere la sfida della competizione globale».
Per la prima volta due rappresentanti dei lavoratori fanno parte di un consiglio di amministrazione di questo livello. Che messaggio è secondo lei?
«È la dimostrazione che nelle scelte decisive che interessano la crescita e lo sviluppo del sistema-Paese la sinergia tra azienda e lavoratori è uno strumento vincente. Si tratta di un nuovo modello di governance che guarda al futuro, che può saldare in un’unica stretta di mano le prerogative di tutti gli stakeholders, l’interesse di Stato e la tutela dei lavoratori».
Che garanzie ha avuto sulla salvaguardia degli stabilimenti e dei livelli occupazionali italiani?
«La garanzia che i livelli occupazionali saranno tutelati e mantenuti è messa nero su bianco nella comunicazione congiunta di Fca-Psa. Su questo tutta la squadra di Governo parla con un’unica voce, esprimendo apprezzamento per l’operazione conclusa ma al tempo stesso monitorando con attenzione le evoluzioni sul fronte occupazionale, con riguardo non solo agli stabilimenti produttivi ma anche a tutto il comparto dell’indotto. Per questo Governo la stabilità dei posti di lavoro è cruciale».
Il nuovo gruppo punta su un modello di sviluppo fondato su tre pilastri: energia alternativa, guida autonoma e connettività. Se dovesse immaginarsi su un’auto tra dieci anni, che auto sarebbe?
«Non abbiamo bisogno di immaginare o di sognare. La rivoluzione dell’auto è ora e noi siamo qui a sostenerla. Con l’accordo di Sviluppo firmato con Fca, Invitalia e Regioni, dal Mise arrivano 27 milioni di euro per sviluppo e produzione di veicoli a motore ibrido ed elettrico. La 500 elettrica che esce da Mirafiori può essere il simbolo di una crescita economica nel segno del “green”, così come la prima 500 fu l’immagine del boom economico italiano. Nella manovra 2020, non fra 10 anni, abbiamo già scritto che il futuro che immaginiamo deve farsi spazio già nel presente. Penso alle misure per la green mobility, tra le quali l’obbligo dal 2020 per la Pubblica amministrazione di dotarsi per il 50% di macchine ibride, elettriche o a idrogeno».
L’industria italiana quanto ha bisogno di integrare sostenibilità e tecnologia per fare un salto nel futuro?
«Come ho ribadito in molte occasioni, la sostenibilità ambientale non è un vincolo allo sviluppo, ma è il principale driver dell’innovazione tecnologica e lo sarà sempre di più in futuro. La transizione ecologica richiede senz’altro molta creatività e investimenti cospicui, ma chi saprà guidare per primo questo processo potrà beneficiare di un vantaggio competitivo fondamentale.
Il sistema Paese è pronto?
«L’Italia ha energie e competenze pronte a raccogliere la sfida del Green New Deal e il Governo è determinato a fare la sua parte. Nella legge di bilancio abbiamo voluto già dare un segnale importante al nostro sistema industriale, ma siamo impegnati a costruire un progetto di lungo periodo. Abbiamo realizzato il piano di incentivi “Transizione 4.0” che mobilita risorse per 7 miliardi e dedica ampio spazio agli investimenti green. E abbiamo stanziato 100 milioni in due anni per favorire i progetti di interesse comune europeo, come lo sviluppo delle batterie che è cruciale per il settore automotive».
Qual è la visione industriale del governo? E dove può portare il tavolo che avete impostato col mondo dell’automotive?
«Puntiamo su una nuova politica industriale che presidia, difende e protegge i nostri asset strategici. Sosteniamo il rilancio di settori che hanno fatto grande l’Italia come il settore auto. Il tavolo dell’automotive al Mise con il Ministro Patuanelli serve proprio ad ascoltare e a recepire le indicazioni che arrivano da tutti i soggetti coinvolti nel settore: supporto alla mobilità sostenibile, sviluppo di reti infrastrutturali, transizione tecnologica della filiera. Gli incontri dei gruppi di lavoro ripartono a gennaio».
Per competere sul mercato mondiale è necessario unire le forze, le imprese italiane lo fanno raramente. Crede che quella indicata da Fca-Peugeot sia un’eccezione o una strada da seguire?
«Il mercato di riferimento dei grandi gruppi europei è cambiato. Oggi devono affrontare la concorrenza in un mercato globalizzato e caratterizzato dalla rivoluzione digitale. Per questo occorre investire con convinzione in una strategia europea per l’industria, e facilitare la creazione di “campioni industriali europei” capaci di competere su scala globale».