La Stampa, 19 dicembre 2019
Nel futuro consiglio di amministrazione di Psa-Fca ci sarà anche un rappresentate dei lavoratori
C’è un aspetto della pur ampia e complessa alleanza fra Fca e Psa a cui, una volta tanto senza retorica, si può attribuire la definizione di “storico": la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel futuro consiglio di amministrazione della nuovo grande gruppo automobilistico. Nel cda composto da undici membri, due consiglieri saranno espressi dai lavoratori delle due aziende: uno da Fca e uno da Psa. Un segnale importante che anche il sindacato può sfruttare per entrare finalmente nel ventunesimo secolo. Un precedente clamoroso e innovativo, soprattutto nel panorama lavorativo italiano. Un esempio da seguire.
Lo stesso Mike Manley ha sottolineato come la presenza dei lavoratori nel board sia in realtà necessario, anzi indispensabile per realizzare un gruppo davvero al 50%-50%. E John Elkann nella sua lettera ai dipendenti di Fca parla di un obiettivo comune di lavoratori e azienda: quello di entrare insieme nella nuova era della mobilità sostenibile. Insomma, Fca e Psa sono consapevoli che l’apporto e il coinvolgimento dei dipendenti nei piani di sviluppo è imprescindibile.
Per decenni in Italia si è discusso, soprattutto a sinistra, sull’opportunità per i sindacati di entrare nella stanza dei bottoni delle aziende come avviene in molte aziende negli Stati Uniti. Il modello di cogestione presente in Germania dagli anni cinquanta, figlio della socialdemocrazia tedesca, è stato finora fieramente avversato, bistrattato, se non proprio demonizzato da un sindacato che ostinatamente continuava a vivere e battagliare nel Novecento.
Il patto Fca-Psa rappresenta una rottura, profonda con i bei tempi andati. Certo, farà discutere e molto. Mai nella lunga storia della Fiat era accaduto che una tuta blu avesse accesso dove si decidono le strategie dell’azienda. Fino a ieri era semplicemente inimmaginabile solo ipotizzare un rappresentante di operai e impiegati seduto in cda accanto a Elkann o Tavares.
La speranza è che il sindacato non torni a dividersi. Tanto per capirsi: la Cisl di Annamaria Furlan ne parla in termini estremamente positivi. «Questo è il modello di democrazia economica che la Cisl ha sempre proposto per cambiare il modello capitalistico, nel segno della partecipazione dei lavoratori, per modernizzare le relazioni industriali, coinvolgendoli nelle scelte e nelle decisioni aziendali per alzare i salari, la produttività e la qualità».Per la Uil di Carmelo Barbagallo «vince la logica delle relazioni sindacali partecipative».
La Cgil, invece, che pure per bocca del segretario generale Maurizio Landini aveva definito positive le nozze fra Fca e Psa, per ora non si esprime. Certamente non si vuole correre il rischio di rimanere isolati come ai tempi degli scontri con Sergio Marchionne. Intanto la Fiom sembra manifestare interesse e non contrarietà. «La partecipazione diretta di due rappresentanti dei lavoratori nel nuovo cda, uno per Psa e uno per Fca, è un fatto innovativo – dicono. Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive – Ma per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a eleggere i propri rappresentanti».
È un fatto, poi, che Fim, Fiom e Uilm hanno inserito la richiesta di «forme di rappresentanza dei lavoratori azionisti» anche nella piattaforma unitaria presentata per il rinnovo del contratto di lavoro.
Sulle modalità della nomina dei rappresentanti dei lavoratori nel cda Fca-Psa non ci sono al momento indicazioni. Fca, ad esempio, ha stabilimenti in tutto il mondo, soprattutto fra Italia, Stati Uniti e Brasile. Ci saranno elezioni transnazionali fra i lavoratori? È una prospettiva inedita e indubbiamente suggestiva. Sicuramente ancora tutta da studiare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
teodoro chiarelli
torino
C’è un aspetto della pur ampia e complessa alleanza fra Fca e Psa a cui, una volta tanto senza retorica, si può attribuire la definizione di “storico": la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel futuro consiglio di amministrazione della nuovo grande gruppo automobilistico. Nel cda composto da undici membri, due consiglieri saranno espressi dai lavoratori delle due aziende: uno da Fca e uno da Psa. Un segnale importante che anche il sindacato può sfruttare per entrare finalmente nel ventunesimo secolo. Un precedente clamoroso e innovativo, soprattutto nel panorama lavorativo italiano. Un esempio da seguire.
Lo stesso Mike Manley ha sottolineato come la presenza dei lavoratori nel board sia in realtà necessario, anzi indispensabile per realizzare un gruppo davvero al 50%-50%. E John Elkann nella sua lettera ai dipendenti di Fca parla di un obiettivo comune di lavoratori e azienda: quello di entrare insieme nella nuova era della mobilità sostenibile. Insomma, Fca e Psa sono consapevoli che l’apporto e il coinvolgimento dei dipendenti nei piani di sviluppo è imprescindibile.
Per decenni in Italia si è discusso, soprattutto a sinistra, sull’opportunità per i sindacati di entrare nella stanza dei bottoni delle aziende come avviene in molte aziende negli Stati Uniti. Il modello di cogestione presente in Germania dagli anni cinquanta, figlio della socialdemocrazia tedesca, è stato finora fieramente avversato, bistrattato, se non proprio demonizzato da un sindacato che ostinatamente continuava a vivere e battagliare nel Novecento.
Il patto Fca-Psa rappresenta una rottura, profonda con i bei tempi andati. Certo, farà discutere e molto. Mai nella lunga storia della Fiat era accaduto che una tuta blu avesse accesso dove si decidono le strategie dell’azienda. Fino a ieri era semplicemente inimmaginabile solo ipotizzare un rappresentante di operai e impiegati seduto in cda accanto a Elkann o Tavares.
La speranza è che il sindacato non torni a dividersi. Tanto per capirsi: la Cisl di Annamaria Furlan ne parla in termini estremamente positivi. «Questo è il modello di democrazia economica che la Cisl ha sempre proposto per cambiare il modello capitalistico, nel segno della partecipazione dei lavoratori, per modernizzare le relazioni industriali, coinvolgendoli nelle scelte e nelle decisioni aziendali per alzare i salari, la produttività e la qualità».Per la Uil di Carmelo Barbagallo «vince la logica delle relazioni sindacali partecipative».
La Cgil, invece, che pure per bocca del segretario generale Maurizio Landini aveva definito positive le nozze fra Fca e Psa, per ora non si esprime. Certamente non si vuole correre il rischio di rimanere isolati come ai tempi degli scontri con Sergio Marchionne. Intanto la Fiom sembra manifestare interesse e non contrarietà. «La partecipazione diretta di due rappresentanti dei lavoratori nel nuovo cda, uno per Psa e uno per Fca, è un fatto innovativo – dicono. Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive – Ma per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a eleggere i propri rappresentanti».
È un fatto, poi, che Fim, Fiom e Uilm hanno inserito la richiesta di «forme di rappresentanza dei lavoratori azionisti» anche nella piattaforma unitaria presentata per il rinnovo del contratto di lavoro.
Sulle modalità della nomina dei rappresentanti dei lavoratori nel cda Fca-Psa non ci sono al momento indicazioni. Fca, ad esempio, ha stabilimenti in tutto il mondo, soprattutto fra Italia, Stati Uniti e Brasile. Ci saranno elezioni transnazionali fra i lavoratori? È una prospettiva inedita e indubbiamente suggestiva. Sicuramente ancora tutta da studiare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
teodoro chiarelli
torino
C’è un aspetto della pur ampia e complessa alleanza fra Fca e Psa a cui, una volta tanto senza retorica, si può attribuire la definizione di “storico": la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel futuro consiglio di amministrazione della nuovo grande gruppo automobilistico. Nel cda composto da undici membri, due consiglieri saranno espressi dai lavoratori delle due aziende: uno da Fca e uno da Psa. Un segnale importante che anche il sindacato può sfruttare per entrare finalmente nel ventunesimo secolo. Un precedente clamoroso e innovativo, soprattutto nel panorama lavorativo italiano. Un esempio da seguire.
Lo stesso Mike Manley ha sottolineato come la presenza dei lavoratori nel board sia in realtà necessario, anzi indispensabile per realizzare un gruppo davvero al 50%-50%. E John Elkann nella sua lettera ai dipendenti di Fca parla di un obiettivo comune di lavoratori e azienda: quello di entrare insieme nella nuova era della mobilità sostenibile. Insomma, Fca e Psa sono consapevoli che l’apporto e il coinvolgimento dei dipendenti nei piani di sviluppo è imprescindibile.
Per decenni in Italia si è discusso, soprattutto a sinistra, sull’opportunità per i sindacati di entrare nella stanza dei bottoni delle aziende come avviene in molte aziende negli Stati Uniti. Il modello di cogestione presente in Germania dagli anni cinquanta, figlio della socialdemocrazia tedesca, è stato finora fieramente avversato, bistrattato, se non proprio demonizzato da un sindacato che ostinatamente continuava a vivere e battagliare nel Novecento.
Il patto Fca-Psa rappresenta una rottura, profonda con i bei tempi andati. Certo, farà discutere e molto. Mai nella lunga storia della Fiat era accaduto che una tuta blu avesse accesso dove si decidono le strategie dell’azienda. Fino a ieri era semplicemente inimmaginabile solo ipotizzare un rappresentante di operai e impiegati seduto in cda accanto a Elkann o Tavares.
La speranza è che il sindacato non torni a dividersi. Tanto per capirsi: la Cisl di Annamaria Furlan ne parla in termini estremamente positivi. «Questo è il modello di democrazia economica che la Cisl ha sempre proposto per cambiare il modello capitalistico, nel segno della partecipazione dei lavoratori, per modernizzare le relazioni industriali, coinvolgendoli nelle scelte e nelle decisioni aziendali per alzare i salari, la produttività e la qualità».Per la Uil di Carmelo Barbagallo «vince la logica delle relazioni sindacali partecipative».
La Cgil, invece, che pure per bocca del segretario generale Maurizio Landini aveva definito positive le nozze fra Fca e Psa, per ora non si esprime. Certamente non si vuole correre il rischio di rimanere isolati come ai tempi degli scontri con Sergio Marchionne. Intanto la Fiom sembra manifestare interesse e non contrarietà. «La partecipazione diretta di due rappresentanti dei lavoratori nel nuovo cda, uno per Psa e uno per Fca, è un fatto innovativo – dicono. Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive – Ma per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a eleggere i propri rappresentanti».
È un fatto, poi, che Fim, Fiom e Uilm hanno inserito la richiesta di «forme di rappresentanza dei lavoratori azionisti» anche nella piattaforma unitaria presentata per il rinnovo del contratto di lavoro.
Sulle modalità della nomina dei rappresentanti dei lavoratori nel cda Fca-Psa non ci sono al momento indicazioni. Fca, ad esempio, ha stabilimenti in tutto il mondo, soprattutto fra Italia, Stati Uniti e Brasile. Ci saranno elezioni transnazionali fra i lavoratori? È una prospettiva inedita e indubbiamente suggestiva. Sicuramente ancora tutta da studiare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
teodoro chiarelli
torino
C’è un aspetto della pur ampia e complessa alleanza fra Fca e Psa a cui, una volta tanto senza retorica, si può attribuire la definizione di “storico": la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel futuro consiglio di amministrazione della nuovo grande gruppo automobilistico. Nel cda composto da undici membri, due consiglieri saranno espressi dai lavoratori delle due aziende: uno da Fca e uno da Psa. Un segnale importante che anche il sindacato può sfruttare per entrare finalmente nel ventunesimo secolo. Un precedente clamoroso e innovativo, soprattutto nel panorama lavorativo italiano. Un esempio da seguire.
Lo stesso Mike Manley ha sottolineato come la presenza dei lavoratori nel board sia in realtà necessario, anzi indispensabile per realizzare un gruppo davvero al 50%-50%. E John Elkann nella sua lettera ai dipendenti di Fca parla di un obiettivo comune di lavoratori e azienda: quello di entrare insieme nella nuova era della mobilità sostenibile. Insomma, Fca e Psa sono consapevoli che l’apporto e il coinvolgimento dei dipendenti nei piani di sviluppo è imprescindibile.
Per decenni in Italia si è discusso, soprattutto a sinistra, sull’opportunità per i sindacati di entrare nella stanza dei bottoni delle aziende come avviene in molte aziende negli Stati Uniti. Il modello di cogestione presente in Germania dagli anni cinquanta, figlio della socialdemocrazia tedesca, è stato finora fieramente avversato, bistrattato, se non proprio demonizzato da un sindacato che ostinatamente continuava a vivere e battagliare nel Novecento.
Il patto Fca-Psa rappresenta una rottura, profonda con i bei tempi andati. Certo, farà discutere e molto. Mai nella lunga storia della Fiat era accaduto che una tuta blu avesse accesso dove si decidono le strategie dell’azienda. Fino a ieri era semplicemente inimmaginabile solo ipotizzare un rappresentante di operai e impiegati seduto in cda accanto a Elkann o Tavares.
La speranza è che il sindacato non torni a dividersi. Tanto per capirsi: la Cisl di Annamaria Furlan ne parla in termini estremamente positivi. «Questo è il modello di democrazia economica che la Cisl ha sempre proposto per cambiare il modello capitalistico, nel segno della partecipazione dei lavoratori, per modernizzare le relazioni industriali, coinvolgendoli nelle scelte e nelle decisioni aziendali per alzare i salari, la produttività e la qualità».Per la Uil di Carmelo Barbagallo «vince la logica delle relazioni sindacali partecipative».
La Cgil, invece, che pure per bocca del segretario generale Maurizio Landini aveva definito positive le nozze fra Fca e Psa, per ora non si esprime. Certamente non si vuole correre il rischio di rimanere isolati come ai tempi degli scontri con Sergio Marchionne. Intanto la Fiom sembra manifestare interesse e non contrarietà. «La partecipazione diretta di due rappresentanti dei lavoratori nel nuovo cda, uno per Psa e uno per Fca, è un fatto innovativo – dicono. Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive – Ma per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a eleggere i propri rappresentanti».
È un fatto, poi, che Fim, Fiom e Uilm hanno inserito la richiesta di «forme di rappresentanza dei lavoratori azionisti» anche nella piattaforma unitaria presentata per il rinnovo del contratto di lavoro.
Sulle modalità della nomina dei rappresentanti dei lavoratori nel cda Fca-Psa non ci sono al momento indicazioni. Fca, ad esempio, ha stabilimenti in tutto il mondo, soprattutto fra Italia, Stati Uniti e Brasile. Ci saranno elezioni transnazionali fra i lavoratori? È una prospettiva inedita e indubbiamente suggestiva. Sicuramente ancora tutta da studiare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
teodoro chiarelli
torino
C’è un aspetto della pur ampia e complessa alleanza fra Fca e Psa a cui, una volta tanto senza retorica, si può attribuire la definizione di “storico": la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel futuro consiglio di amministrazione della nuovo grande gruppo automobilistico. Nel cda composto da undici membri, due consiglieri saranno espressi dai lavoratori delle due aziende: uno da Fca e uno da Psa. Un segnale importante che anche il sindacato può sfruttare per entrare finalmente nel ventunesimo secolo. Un precedente clamoroso e innovativo, soprattutto nel panorama lavorativo italiano. Un esempio da seguire.
Lo stesso Mike Manley ha sottolineato come la presenza dei lavoratori nel board sia in realtà necessario, anzi indispensabile per realizzare un gruppo davvero al 50%-50%. E John Elkann nella sua lettera ai dipendenti di Fca parla di un obiettivo comune di lavoratori e azienda: quello di entrare insieme nella nuova era della mobilità sostenibile. Insomma, Fca e Psa sono consapevoli che l’apporto e il coinvolgimento dei dipendenti nei piani di sviluppo è imprescindibile.
Per decenni in Italia si è discusso, soprattutto a sinistra, sull’opportunità per i sindacati di entrare nella stanza dei bottoni delle aziende come avviene in molte aziende negli Stati Uniti. Il modello di cogestione presente in Germania dagli anni cinquanta, figlio della socialdemocrazia tedesca, è stato finora fieramente avversato, bistrattato, se non proprio demonizzato da un sindacato che ostinatamente continuava a vivere e battagliare nel Novecento.
Il patto Fca-Psa rappresenta una rottura, profonda con i bei tempi andati. Certo, farà discutere e molto. Mai nella lunga storia della Fiat era accaduto che una tuta blu avesse accesso dove si decidono le strategie dell’azienda. Fino a ieri era semplicemente inimmaginabile solo ipotizzare un rappresentante di operai e impiegati seduto in cda accanto a Elkann o Tavares.
La speranza è che il sindacato non torni a dividersi. Tanto per capirsi: la Cisl di Annamaria Furlan ne parla in termini estremamente positivi. «Questo è il modello di democrazia economica che la Cisl ha sempre proposto per cambiare il modello capitalistico, nel segno della partecipazione dei lavoratori, per modernizzare le relazioni industriali, coinvolgendoli nelle scelte e nelle decisioni aziendali per alzare i salari, la produttività e la qualità».Per la Uil di Carmelo Barbagallo «vince la logica delle relazioni sindacali partecipative».
La Cgil, invece, che pure per bocca del segretario generale Maurizio Landini aveva definito positive le nozze fra Fca e Psa, per ora non si esprime. Certamente non si vuole correre il rischio di rimanere isolati come ai tempi degli scontri con Sergio Marchionne. Intanto la Fiom sembra manifestare interesse e non contrarietà. «La partecipazione diretta di due rappresentanti dei lavoratori nel nuovo cda, uno per Psa e uno per Fca, è un fatto innovativo – dicono. Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive – Ma per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a eleggere i propri rappresentanti».
È un fatto, poi, che Fim, Fiom e Uilm hanno inserito la richiesta di «forme di rappresentanza dei lavoratori azionisti» anche nella piattaforma unitaria presentata per il rinnovo del contratto di lavoro.
Sulle modalità della nomina dei rappresentanti dei lavoratori nel cda Fca-Psa non ci sono al momento indicazioni. Fca, ad esempio, ha stabilimenti in tutto il mondo, soprattutto fra Italia, Stati Uniti e Brasile. Ci saranno elezioni transnazionali fra i lavoratori? È una prospettiva inedita e indubbiamente suggestiva. Sicuramente ancora tutta da studiare. —
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