la Repubblica, 19 dicembre 2019
Intervista Mark Gaisford, il mananger inglese che non ha amici
Chi trova un amico trova un tesoro. Ma un sacco di uomini non ne trovano neanche uno. Spiattellata sul web con un video diventato virale, questa semplice verità ha reso il suo autore immensamente popolare: oltre un milione di visualizzazioni, messaggi di solidarietà e ringraziamento che gli giungono da ogni parte del mondo, decine di richieste di interviste da giornali e tivù. «Attenzione, io non soffro di solitudine», spiega Mark Gaisford, inglese di 52 anni, amministratore delegato di Redsprout, società di marketing con base nella contea del Kent, dove lui vive. «Sono felicemente sposato, ho due figli, dirigo un’azienda di successo. Sento tuttavia la mancanza di amici. Di maschi con cui condividere comuni esperienze, come andare al pub o allo stadio. E ora ho scoperto che sono in tanti ad avere lo stesso problema». Adesso magari scriverà un libro sulla sua esperienza e dal libro gireranno un film. Ma troverà un amico?
Come si sente a essere diventato famoso per non avere amici?
«È incredibile, una follia: cose che capitano con internet, moltiplicatore di ogni messaggio umano.
Evidentemente ho toccato un nervo scoperto».
Le sono arrivati post e email perfino dall’Australia: viste le reazioni, si sente meno solo?
«Ma io non mi sento affatto solo. Ho una famiglia felice, tanti contatti di lavoro, tante conoscenze. Il problema è che, superati i 50 anni, i figli sono all’università e non vivono più con noi, mia moglie ha la sua cerchia di amiche e io mi sono reso conto di non avere compagnia maschile. E m’accorgo che questo mi manca».
Non può cercare i suoi vecchi compagni di scuola?
«Ho fatto una boarding school, dove si vive a scuola, frequentate da molti studenti stranieri o comunque non del posto. In più, dopo che mi sono sposato, ho lasciato il Sussex, la regione in cui sono cresciuto, per trasferirmi nel Kent. Amici d’infanzia e di scuola non ne ho. Ci sono i colleghi e i clienti sul lavoro, ma è un’altra cosa. Morale: mi sono ritrovato solo».
Ha provato a fare amicizia sui social media?
«L’unico su cui sono veramente attivo è LinkedIn, per motivi di lavoro. Ho un profilo Facebook, ma non lo uso granché. In generale credo che gli uomini della mia generazione non siano perfettamente a loro agio nell’usare i social network per stringere amicizie con altri uomini. I giovani probabilmente sono più bravi».
Morale?
«Si rimane tagliati fuori. Arrivi all’età in cui non vai in discoteca, non giochi in una squadra di calcio o di basket, non frequenti un bar o un ritrovo fisso: vai a lavorare e stai in famiglia, per la maggior parte del tempo. E dove puoi farti un amico? Alla fermata del bus?».
Lei parla di amicizie maschili: le donne non hanno lo stesso problema?
«Se guardo a mia moglie e alle sue amiche direi di no. Credo sia perfino scientificamente provato che le donne abbiano una maggiore capacità di avere relazioni di amicizia. Forse perché sono più portate ad aprirsi, a confidarsi, sono mediamente più estroverse. L’uomo, in particolare nel mondo anglosassone, è più timido, taciturno, introverso. Si vergogna a raccontarsi.
E allora, se non li hai già, è dannatamente difficile farsi degli amici».
E lei come fa? Che consigli dà a chi si trova nella stessa situazione?
«Alla fine, ho usato il web, dove ho trovato un gruppo chiamato “meetup”, incontrarsi, e ho cominciato a frequentarlo. Sì, internet può essere utile a fare il primo passo, a comunicare e conoscersi, ma poi per andare avanti bisogna incontrarsi faccia a faccia, andare insieme al pub o allo stadio. Ed è quello che sto facendo. Ho appena iniziato e consiglio a tutti quelli che mi scrivono di fare altrettanto. Se tutto va bene, un giorno spero di avere degli amici anch’io».