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 2019  dicembre 18 Mercoledì calendario

Dal 2008 al 2018 il costo per la nettezza urbana sostenuto dai comuni ha fatto un balzo del 98,4%

 La pubblica amministrazione non ha mai speso così tanto. Soprattutto per i consumi intermedi. A quantificare il balzo messo a segno nei dieci anni che vanno dal 2008 al 2018 è l’Ufficio parlamentare di bilancio, organismo indipendente, istituito nel 2014 e che svolge una funzione di vigilanza sulla finanza pubblica. Ebbene, nei 10 anni presi in esame dagli economisti del Parlamento, le uscite per l’acquisto di beni e servizi che entrano nel processo di produzione delle pubbliche amministrazioni, sono cresciute da 86,1 a 100,2 miliardi di euro. Il 16,5% in più, con un aumento, in rapporto al Pil, dal 5,3% nel 2008 e al 5,7 nel 2018. I dati emergono dal flash diffuso ieri dall’Ufficio parlamentare di bilancio e intitolato “I consumi intermedi delle amministrazioni pubbliche nel decennio 2008-2018: alcuni fattori di crescita determinanti”. Ed è proprio l’analisi di questi fattori che fa riflettere. Fra le voci che più sono aumentate e hanno fatto schizzare verso l’alto le uscite ve ne sono alcune imputabili ai comuni. A cominciare dallo smaltimento della spazzatura. Se «i consumi intermedi dei Comuni sono cresciuti del 26,8% in termini nominali (13,7 in termini reali), ciò è imputabile principalmente all’evoluzione della spesa legata alla gestione dei rifiuti», scrivono gli economisti parlamentari. «In base agli ultimi dati relativi alla classificazione della spesa per funzione, quella per la gestione dei rifiuti rappresenta circa un terzo della spesa complessiva per consumi intermedi e, rispetto al 2008, essa risulta in crescita sino al 2017 del 98,4%». Alla voce «nettezza urbana», come si diceva una volta, i costi sono praticamente raddoppiati. Troppo per sfuggire alle maglie dei controlli. Troppo se si paragona questo andamento con gli altri. «Una crescita così rapida», si legge infatti nell’analisi, «è in parte spiegata da carenze, inefficienze e fenomeni di corruzione propri del settore dei rifiuti. Quest’ultimo, infatti, risulta particolarmente frammentato – in quanto contraddistinto dalla presenza di operatori di piccole dimensioni e da ambiti territoriali minimi che non sempre consentono di raggiungere economie di scala – e caratterizzato dal frequente ricorso all’affidamento diretto e da una durata lunga dei contratti. Un altro capitolo che ha fatto registrare un’impennata di spesa molto netta è quello degli enti sanitari locali, salita del 31,9% in termini nominali e del 18,2 in termini reali. «La dinamica di tale aggregato», puntualizzano gli economisti del Parlamento, «è spiegata perlopiù dalla crescita della componente relativa ai prodotti farmaceutici, che nel 2018 rappresentava oltre il 33% della spesa complessiva per consumi intermedi, nel comparto e che dal 2008 è cresciuta più rapidamente: +89,4%. Il paradosso è che «l’acquisto diretto» di medicinali «attraverso le strutture sanitarie ha in parte e progressivamente sostituito l’acquisizione di farmaci attraverso le farmacie convenzionate». Un caso più unico che raro: vengono meno gli intermediari ma la spesa cresce, anche se una parte dell’incremento si deve all’acquisto di nuovi farmaci per la cura dell’epatite, oltre all’aumento della popolazione di utrasessantenni, saliti dal 26% del 2008 al 28,8 del 2018.