La Stampa, 18 dicembre 2019
A Venezia riaprono i Giardini reali
Rispetto alla gloriosa antichità della Venezia dei Dogi i Giardini Reali sono storia recente: voluti da Napoleone più di duecento anni fa, se confrontati alle architetture del Sansovino o a quelle di San Marco e di Palazzo Ducale appaiono modernissimi. Appoggiati sul mare della Laguna come una grande zattera, divennero l’appassionato divertimento botanico dell’irrequieta imperatrice Sissi, che si dice li amasse moltissimo.
Rovinati a fine secolo e usati durante l’ultima guerra come postazione militare, da posto accogliente ed esuberante erano ormai diventati una sorta di relitto stanco e impoverito. Pochi alberi (soprattutto sofore) ne testimoniavano il passato «verde» e una lunga pergola in stile Biedermeier, vera spina dorsale del giardino, giaceva pericolante e quindi inospitale. A suo tempo era stata il simbolo di un’ambitissima mediterraneità, svolgendo in quel giardino circondato dalle acque la funzione quasi di un chiostro, di un ombroso riparo dalle afe estive della Laguna.
La Venice Gardens Foundation, sotto la guida coraggiosa di Adele Re Rebaudengo, si è assunta l’onere del complesso restauro, reso possibile grazie al generoso e risolutivo impegno di Assicurazioni Generali. La pergola è stata così salvata dal crollo imminente, restaurata con grande attenzione e piantata a glicini e Podranea ricasoliana «Contessa Sara». La suddivisione a grandi aiuole regolari, che ancora chiaramente si intravedeva tra le erbacce, è diventata l’occasione per rileggere in chiave moderna le forme tradizionali del giardino all’italiana, traghettandole verso un futuro sostenibile, ecologico e di facile manutenzione.
Più di 4 mila agapanti coprono le parti più assolate e costituiscono il vero Leitmotiv del giardino, insieme a un consistente ensemble di erbacee e arbusti, sempreverdi e non, che hanno trovato posto in funzione delle future ombre. Ai fianchi della pergola: Hydrangea arborescens «Annabelle», liriopi e lauro alessandrino (Ruscus racemosus). Alla mezz’ombra delle sofore: ortensie paniculate, mirti, farfugi (Farfugium japonicum) e tutto quell’ambaradan di piante adatte alle difficili situazioni della Laguna, dove i caldi e i freddi spesso sono eccessivi e le acque alte sempre in agguato. Le ultime e tragiche inondazioni hanno lambito, ma per fortuna non coperto il giardino: evidentemente gli ingegneri di Napoleone la sapevano molto lunga...
Un piccolo bosco di bambù è stato richiesto per nascondere le parti tecniche e si è allungato fin sui fianchi della nuova Serra, progettata dallo studio di architettura di Alberto Torsello, secondo un uso estremamente utilitario di una pianta robusta e invadente, dalle foglie leggere e in questo caso glauche (Phyllostachys viridiglaucescens) e verdi scure (P. metake), molto importanti per la palette dell’insieme. In fondo la vera novità di questo giardino «Imperiale e Reale» è quella di essere fatto innanzitutto di foglie: chiare, scure, lucide, lanuginose, nastriformi, rotonde, soprattutto spesse e robuste. Costituiscono una trama fitta che dura tutto l’anno, nella quale le fioriture non sono altro che gradevolissimi episodi.
Su tutte dominano le grandi foglie della Tetrapanax papyrifer, che nella Cina lontana davano la «carta del riso». Due canfore (Cinnamomum camphora), di un verde lucido quasi Swarovski, dominano il giardino a Oriente, insieme ad alte siepi di leccio rinfoltite e restaurate. All’Osmanthus fragrans e ai clerodendri (Clerodendrum trichotomum) il compito di profumare nei mesi tra l’estate e l’autunno, mentre alcuni gruppi di rose «General Schablikine» richiamano la «giardinierità» del posto, elegantissime e fiorite anche d’inverno quando i geli non sono troppo intensi.
Alberi da frutta piantati in enormi vasi, fatti di terra dell’Impruneta, sono un concreto omaggio alle antiche usanze delle serre del Nord: nespoli del Giappone, melograni, fichi, giuggioli e via dicendo. La duna sempreverde ai bordi del giardino, affacciata sulla Laguna, lo difende dai venti, robusto e utilissimo baluardo vegetale: è bastato rinforzarla con qualche lentisco, mirto, pittosforo. Un enorme tappetto di ghiaia collega il giardino, innumerevoli e comode panche offrono ospitalità. Edoardo, il giardiniere, seguirà il posto, pensato per dare il minor lavoro possibile ma comunque bisognoso di cure continue. In fondo un giardino, anche se molto semplice, è comunque un giardino. —