la Repubblica, 18 dicembre 2019
Sul palco del Bolshoj, ballerini bianchi col corpo dipinto di nero
Al cigno nero del balletto americano proprio non è andata giù. Quella foto di due danzatrici del Bolshoj con il corpo dipinto di scuro, durante le prove de La Bayadère, «è razzista». E Misty Copeland, 37 anni, prima ballerina dell’American Ballet Theatre di New York, ma soprattutto prima afroamericana a diventare étoile di una compagnia così importante, ha puntato il dito contro il teatro russo, accusandolo su Twitter di essere insensibile ai temi razziali: «È doloroso che importanti compagnie non assumano ballerini di colore, optando per il trucco blackface». Il suo post, che ha già 60mila like, ha indignato gli americani. Sensibili al tema: visto che la blackface – che affonda le sue radici in quell’abitudine iniziata negli anni ‘30 di far camuffare da neri gli attori bianchi pensando che chi aveva la pelle scura fosse incapace di rappresentare in scena perfino se stesso – è ormai simbolo di discriminazione e appropriazione culturale.
Vladimir Urin, direttore del Bolshoj, ha risposto sdegnato: «Questa Bayadère è già andata in scena migliaia di volte. Non ci lasceremo coinvolgere in una inutile polemica». Difeso sui social da molti esperti di teatro russi, ha spiegato che il trucco serve perché in quella parte di mondo i danzatori neri scarseggiano. «Chiamarci razzisti è ridicolo» ha insistito Urin.
Ma i tempi, almeno in America, sono cambiati: lo dimostra la difficile parabola artistica di Copeland in un mondo dominato dalla visione del grande coreografo Balanchine secondo cui «le ballerine devono avere la carnagione pallida di una mela sbucciata». Nata povera a Kansas City, è arrivata alla danza tardi, a 13 anni, per sfuggire ai vagabondaggi di una madre che alla fine di ogni relazione cambiava città, costringendo i sei figli ad ammucchiarsi nei motel. È Cynthia Bradley a cambiarle la vita, insegnandole quella disciplina che la imporrrà in ruoli bianchi: Odette ne Il lago dei cigni e perfino Giulietta, con Roberto Bolle come Romeo. Nel 2015, anno in cui l’American Ballet la sceglie come stella, Time la inserisce tra le 100 persone più influenti del mondo. Non a caso quello stesso anno debutta a Broadway Hamilton, il musical amatissimo da Obama, dedicato alla vita del primo ministro delle Finanze, con i padri fondatori interpretati da artisti di colore. Da allora non è inusuale vedere sui palcoscenici neri o asiatici in panni tradizionalmente da bianchi. Come nella Bohème ora in scena al Metropolitan: col coreano Jongmin Park come Colline e il nero Arthur Woodley a interpretare Benoit. Cigni neri crescono. E un domani, chissà, conquisteranno anche Mosca.