il Giornale, 18 dicembre 2019
Le più belle interviste di Giorgio Bassani
A un lettore distratto forse non verrebbe in mente, ma Giorgio Bassani (1916-2000) è oggi uno dei nostri scrittori del ’900 più studiati all’estero, insieme con Primo Levi, Gadda, Fenoglio e Sciascia. E, soprattutto da quando la figlia Paola ha preso in mano le redini delle pubblicazioni, circa 10-15 anni fa, l’autore ferrarese, ma nato incidentalmente a Bologna, ha conosciuto una grande fortuna editoriale e critica: ripubblicazioni (Gli occhiali d’oro, 1958, e Il giardino dei Finzi-Contini, 1962, sono non solo classici ma longseller), traduzioni, convegni, recupero di testi «marginali» (citiamo per esempio Bassani in redazione. Il carteggio con Italo Calvino, 1951-1966 appena uscito da Giorgio Pozzi editore) e altri del tutto nuovi, come la raccolta di 50 interviste – selezionatissime, fra oltre 250 disponibili – rilasciate da Bassani a quotidiani e riviste fra il 1955, un attimo prima che raggiungesse la fama internazionale con le Cinque storie ferraresi fino agli anni ’90, lungo quarant’anni di vita, carriera, scrittura: Giorgio Bassani, Interviste, 1955-1993 (Feltrinelli). Un libro costruito con materiale raro e rarissimo – molto del quale mai edito prima in volume, con pezzi sconosciuti anche agli specialisti – realizzato in due anni di lavoro da Domenico Scarpa con l’aiuto di Beatrice Pecchiari (e una premessa di Paola Bassani), sfogliando il quale si scoprono molte cose utili a capire meglio l’uomo e lo scrittore. Ad esempio.
ORE ROTUNDO Bassani, che pure soffriva di una leggera balbuzie, era un parlatore formidabile. Incanta raccontando, tiene la conversazione su tutto, nelle interviste interrompe e corregge gli intervistatori (tra i quali qui ci sono Manlio Cancogni, Mario Soldati, Ferdinando Camon e diversi giornalisti stranieri), tira staffilate ogni volta che può, e si rivela il miglior critico di se stesso e del suo lavoro. Così che il libro diventa il miglior (auto)ritratto di Bassani a oggi disponibile.
VERBA MANENT Bassani era capace di analisi sottilissime e molto originali sulla letteratura, l’arte (da leggere l’intervista firmata da Nico Orengo su «Tuttolibri» della Stampa il 9 giugno 1984), il cinema, lo sport. E gli amici (che spesso avrebbero voluto registrare le loro conversazioni) non si capacitavano del fatto che non volesse mettere su carta le sue «cose parlate». Comunque alla fine, eccole qui.
EGOISMI LETTERARI Punti di riferimento culturali: fra gli italiani, anche se sembrerebbe strano, Alessandro Manzoni (domanda: «Però Manzoni non è mai riuscito a entrare nella letteratura europea». Risposta: «Tanto peggio per l’Europa») e Benedetto Croce. Fra gli stranieri: Thomas Mann, Marcel Proust e gli americani Hawthorne e Melville. Giovani (all’epoca) scrittori italiani che giudica di maggior rilievo: Cassola e Calvino (Cardarelli, Bontempelli e Vittorini invece li reputa già datati). «Sì, ma quale scrittore tra gli italiani ed europei del Novecento La interessa di più?». «Le dirò che mi interessa soprattutto Bassani» (Gazzetta del popolo, 10 settembre 1969).
IMPEGNO&SENTIMENTO A Bassani la narrativa neorealista non piace molto, perché manca di ideologia («Significava poco, e quindi sapeva di poco»). Mentre per uno scrittore, secondo lui, la formazione ideologica è «non soltanto necessaria, ma indispensabile». Alla faccia dei «romanzi sentimentali»...
BOTTA&RISPOSTA Come è noto all’epoca il critico Alfredo Giuliani – punta di diamante della neoavanguardia – pronunciò la famigerata frase (un po’ sfogo, un po’ insulto, un po’ provocazione): «Cassola e Bassani sono le Liale del ’63». Altrettanto divertente la risposta di Bassani in un’intervista di quell’anno: «Non ho alcuna intenzione di replicare. Non voglio contribuire in nessun modo a creare la fama di gente che non conta e non ha fatto nulla». «Pontificano tanto sul lavoro degli altri, e l’unico libro che hanno alle spalle è il romanzo di Sanguineti. Poveri noi! Lasciamoli stare...». «Quando gli avanguardisti avranno pubblicato dei libri se ne riparla».
PHYSIQUE DU RÔLE Nelle descrizioni giornalistiche di Bassani tornano sempre le stesse caratteristiche: la statura non eccelsa, gli occhi azzurrissimi e sopratutto la perenne abbronzatura (per via del fatto che giocava sempre a tennis... ma non per questo Il giardino dei Finzi-Contini è un romanzo autobiografico, anzi...).
RISENTIMENTI CITTADINI È molto divertente ricostruire, attraverso tutte le interviste, il rapporto di amore-odio tra Ferrara e Bassani. Nel senso che Bassani ama Ferrara, ma i ferraresi non sopportano Bassani, soprattutto quelli che si sono riconosciuti nei protagonisti del Giardino dei Finzi-Contini (su Paese Sera del ’62 c’è un bellissimo reportage sul posto di Corrado Corradi per sentire le varie «voci» di coloro che si sentivano denigrati... Ma poi, «Chi è Micòl?»).
LA PIETÀ DI MICHELANGELO Da segnalare la lunga, godibilissima, amichevole lite con Mario Soldati (a un certo punto Bassani affitta l’appartamento romano di Soldati, che si dimostra locatario inflessibile, ma questo non c’entra) che ha per oggetto il cinema di Michelangelo Antonioni, siamo nel 1965 (Bassani apprezza, Soldati meno). Ma il fatto è che a raccontare lo scontro è lo stesso Soldati il quale, spiegando i diversi punti di vista, finisce per tracciare uno dei più bei ritratti di Bassani che ci rimangono.
ALLORI Bassani è molto favorevole ai premi letterari, perché servono come indicazione di lettura («Un pubblico come il nostro, privo di tradizioni culturali, ha bisogno di orientamento») e perché aiutano a vendere libri e quindi a guadagnare (quello che gli accade con Cinque storie ferraresi, che dopo lo Strega in pochi mesi vende 10mila copie). Bassani del resto, oltre lo Strega, vinse il Premio Viareggio nel ’62, il Campiello per L’airone nel 1969 e il Bagutta con In rima e senza nell’83.
SNOBISMI CATODICI Tra i programmi televisivi Bassani predilige quelli sportivi, in particolare quando è di scena l’atletica leggera («Avvicinando a queste nobili gare le grandi masse degli spettatori penso che la Tv svolga una funzione altamente educativa»), naturalmente il tennis, lo sci e la boxe («più suggestiva alla televisione che nella realtà»). Non apprezza invece Lascia o raddoppia, Il Musichiere, i festival della canzone, le riviste... «trasmissioni che considero piuttosto brutte e noiose».
ALLARME FASCISMO! A proposito dei ciclici allarmi sui fascismi striscianti e di ritorno che caratterizzano la storia sociale italiana. Dichiarazione resa a Le Ore, nel 1960 (il rabbino capo di Roma aveva chiesto una legislazione che condannasse l’antisemitismo e il razzismo): «Le svastiche sui muri non mi sorprendono in un Paese come il nostro, dove il partito di governo sente il bisogno, per sostenersi, di appoggiarsi alla destra più retriva... Secondo me la Democrazia cristiana è responsabile politicamente e moralmente delle svastiche. Per compiacere alle destre nazi-fasciste, essa ha voluto ignorare il passato».
ZAMPATE Su bestseller e classifiche di vendita (da notare che Bassani fu straordinario uomo di editoria, fu lui a far pubblicare Il gattopardo per Feltrinelli): «Non credo alla letteratura commerciale. Mirare agli affari, in letteratura, è da cattivi uomini d’affari, oltre tutto» (c’è da dire che nel 1960 diceva già: «In Italia si stampano troppi libri..).
MASSIME La riflessione più bella, consegnata a L’Express, il 23 agosto 1962: «Il senso della vita risiede per me in una perpetua oscillazione tra passione e ragione. Come in Racine. La passione nutre la vita, ma si sopravvive perché si è ragionevoli».
IL POTERE
DELLA PAROLA
Giorgio Bassani (Bologna, 1916 – Roma, 2000)
oltre che grande narratore,
fu poeta, consulente editoriale della Feltrinelli, vicedirettore della Rai,
fra i fondatori e poi presidente
dell’associazione «Italia Nostra»
dal 1965
al 1980