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 2019  dicembre 17 Martedì calendario

“ACQUISTI SOSPETTI, IN CONTANTI E CON PRESTANOME” - NUOVO COLPO AL RE DELLE COOP, GIANCARLO BOLONDI: SOTTO SEQUESTRO 120 IMMOBILI DEL VALORE DI 15 MILIONI DI EURO - L’IMPRENDITORE È GIÀ COINVOLTO IN CASI DI INTERMEDIAZIONE ILLECITA E DI SFRUTTAMENTO DI MANODOPERA - PER BOLONDI I GIUDICI VORREBBERO ANCHE LA SORVEGLIANZA SPECIALE CON OBBLIGO DI SOGGIORNO PER DUE ANNI… -

Il mattone è sempre un bene rifugio, ma per Giancarlo Bolondi i mattoni tra il 2009 e il 2017 sono diventati davvero tanti, forse anche perché — ed è questo il problema ad avviso ora dei magistrati — cementati da soldi provenienti da affari illeciti: per questo il 63enne ex legale rappresentante della società consortile di lavoro in outsourcing «Premium Net», già coinvolto nei supposti casi di intermediazione illecita e di sfruttamento di manodopera che nel maggio scorso avevano portato il Tribunale a ordinare l’«amministrazione giudiziaria» (cioè ad assumere il controllo societario tramite un proprio nominato amministratore) di un ramo della «Ceva Logistic Italia srl», è destinatario di un altro energico intervento della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano.

Stavolta si tratta di un sequestro di ben 120 immobili (un’ottantina di case e il resto box o pertinenze) tra Milano, Lodi, la Liguria (specie Camogli), il lago di Garda e la provincia di Torino, per un valore stimato attorno ai 15 milioni di euro. I giudici Maria Rispoli (presidente), Giuseppe Cernuto (relatore) e Ilario Pontani hanno disposto il sequestro, propedeutico alla confisca, come misura di prevenzione proposta dai pm Bruna Albertini e Paolo Storari che per Bolondi, sempre sulla scorta delle indagini sviluppate dalla Guardia di Finanza di Milano, vorrebbero anche la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per due anni (richiesta destinata ad essere discussa nel prosieguo del procedimento).

A fondare il provvedimento di sequestro sono 26 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette perché «incoerenti con l’attività svolta dalle sue società», effettuate «in contanti tramite cifre artatamente frazionate sotto soglia», «girofondi privi di causale lecita», con «ricorso a prestanome e a società schermo per movimentare somme che, alla luce delle vicende giudiziarie, sono da ritenere di origine illecita».

Il riferimento è al nutrito curriculum processuale dell’indagato, che fra l’altro, prima dei problemi attuali, conta un patteggiamento a 1 anno e 3 mesi a Monza nel 1996 per abuso d’ufficio in concorso con un assessore comunale; un patteggiamento a 1 anno e 5 mesi a Milano nel 2010 per dichiarazione fraudolenta mediante fatture inesistenti; e soprattutto un patteggiamento a 3 anni a Velletri nel 2018 (su cui pende ricorso in Cassazione) per autoriciclaggio di profitti di frodi fiscali e di truffe contributive in coop fittizie che formalmente inquadravano 620 lavoratori, e per corruzione di due militari della Guardia di Finanza.

Mentre dunque per «Ceva» (già cliente del consorzio di Bolondi) è avviato un percorso virtuoso di rientro nella legalità - che anzi sta persino facendo emergere (proprio per contrasto con la sua progressiva messa in regola) l’opacità strutturale del settore della logistica, dove quasi sembra che a rispettare le regole non si riesca a stare sul mercato - per Bolondi (arrestato nel 2018 da Pavia) si moltiplicano le tegole giudiziarie.

Tutte accomunate dal medesimo schema che gli inquirenti ritengono di cogliere costante nelle sue attività: un consorzio di coop, interfacciandosi nel mercato dell’outsourcing con grandi imprese pubbliche e private, si aggiudica commesse per la fornitura di personale e servizi esternalizzati dai clienti (in prevalenza facchinaggio e movimentazione merci) tramite una catena di interposte cooperative che frodano il fisco, truffano contributi previdenziali, mettono nei guai i lavoratori che formalmente vi risultano inquadrati, e riciclano i relativi consistenti profitti. Facendo anche un’altra importante vittima: «La distorsione della concorrenza e del mercato».