Francesco De Remigis per “il Giornale”, 17 dicembre 2019
FRANCIA NEL CAOS, MACRON IN TILT - NON BASTAVANO I 12 GIORNI DI SCIOPERI, AD INGUAIARE IL PORTACIPRIA DI BRIGITTE ARRIVANO ANCHE LE DIMISSIONI DI JEAN-PAUL DELEVOYE, ALFIERE DELLA RIFORME DELLE PENSIONI - IL CONFLITTO D'INTERESSI PER LE 14 CARICHE RICOPERTE E I COMPENSI DICHIARATI SEMPRE AL RIBASSO - DELEVOYE È LA 16ESIMA TESSERA DEL MOSAICO DI GOVERNO A SALTARE IN DUE ANNI E MEZZO… -
Sotto il fuoco delle rivelazioni di stampa, cade l' alfiere della riforma delle pensioni voluta da Emmanuel Macron. Jean-Paul Delevoye, fedelissimo del presidente, si è dimesso «di sua spontanea volontà», si affretta a spiegare l' Eliseo. Ma con una Francia paralizzata da 12 giorni di scioperi, in preda al disagio sociale per la nuova manifestazione di oggi a Parigi, è chiaro che non si tratta soltanto di sostituire una casella governativa.
Urge far chiarezza sul ruolo che il 72enne svolgeva per conto del presidente della Repubblica: contemporaneamente alto commissario alla riforma delle pensioni e presidente di Parallaxe, think tank nel settore educazione, con uno stipendio di oltre 5mila euro al mese, e un cumulo di cariche solo in parte comunicate all' Autorità per la trasparenza della vita pubblica (Hatvp).
Rispetto alle 3 dichiarate, sono già 14; emerse grazie a inchieste giornalistiche. In barba all' articolo 13 della Costituzione che lo vieterebbe, il «Signor Pensioni» si era per esempio «dimenticato» delle consulenze con le grandi assicurazioni. Almeno 10 «sviste» e compensi citati al ribasso: dichiara 40mila euro dal gruppo Igs nel 2017 (invece guadagnava 78.804 netti) e 64.420 da Parallaxe (invece sono 73.338). Ma oltre a incarichi retribuiti, o svolti per la maggior parte gratuitamente, è il presunto conflitto d' interessi a pesare sulla «terzietà» del padre della riforma che cancellerà i 42 regimi pensionistici con un sistema unico a punti di ispirazione svedese.
I fondi di assicurazione privati potrebbero trarre benefici dalla nuova legge che da due anni è nelle sue mani? Nel pieno delle trattative sulla riforma, e in un clima di accesa protesta, i francesi hanno scoperto dai giornali che il «Signor Pensioni» era «strettamente legato» a questo mondo, dando nuova linfa alle opposizioni destra-sinistra, con Marine Le Pen che da giorni chiede un referendum sul testo e l' uscita di scena del frontman delle pensioni.
Il presidente Macron ha accettato ieri le sue dimissioni «con rammarico» e l' esecutivo è all' opera per far ripartire il treno riformista: «Sarà rimpiazzato nel più breve tempo possibile». Ma Delevoye è la 16esima tessera del mosaico di governo a saltare in due anni e mezzo e, pur impegnandosi a rimborsare oltre 123mila euro - cioè le somme guadagnate dopo la nomina a commissario per le pensioni nel settembre 2017, poi diventato anche ministro nel settembre scorso - ora rischia fino a 3 anni di reclusione e 45mila euro di multa.
Lui parla di «dimenticanze» quanto ai legami con il settore assicurativo nella dichiarazione pubblicata il 7 dicembre dall' Hatvp. Difficile sostenere questa linea per ciò che riguarda invece il mandato al Cese, che va dal 16 ottobre 2010 al 1 dicembre 2015, l' ultimo scovato dai media. È stato infatti anche presidente del Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese). Non la presidenza onoraria di un think tank o di un istituto di formazione, ma un ruolo per cui ha ricevuto 6.330,32 netti al mese.
Nessuna menzione. Eppure la legge parla chiaro: «Vanno indicate le partecipazioni negli organi direttivi di un ente pubblico o privato o di una società alla data delle elezioni o della nomina e durante i cinque anni precedenti la data della dichiarazione». In altre parole: anche se rettificata nel fine settimana, la dichiarazione di Delevoye non è stata esaustiva.
L' ex ministro di Jacques Chirac ha quindi ceduto senza aspettare domani, quando l' Autorità per la trasparenza si pronuncerà sulle sue «dimenticanze». I sindacati hanno intanto ritrovato unità: oggi 8 sigle in corteo e Francia ancora a rischio paralisi.
A Parigi, già ieri, 620 km di code. Oggi 8 linee della metro in stop e 1 Tgv su 4 attivo. Uno stress-test per governo e cittadini che rischia di protrarsi fino a Natale.