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 2019  dicembre 17 Martedì calendario

I dodici ministri di Macron che si sono dimessi

Cominciano a essere tanti, troppi i ministri dimissionari nell’èra Macron, il presidente della Repubblica francese che in diretta televisiva, all’inizio del suo mandato, firmò due testi legislativi sulla «moralizzazione della vita pubblica», con la promessa di abbandonare i vizi dell’ancien monde, e che invece, ora, si ritrova a battere il record assai poco glorioso di partenze della storia della Quinta Repubblica. Jean-Paul Delevoye, nominato nel settembre 2017 Alto commissario per le pensioni, si è dimesso ieri dal suo incarico, in seguito a una serie di omissioni nella dichiarazione di assenza di conflitti di interesse che ogni responsabile politico, dal 2013, è obbligato a presentare in nome della trasparenza. È il dodicesimo ministro a dimettersi da quando Macron è stato eletto, il settimo a farlo per problemi con la giustizia (soltanto Nicolas Hulot, ex ministro dell’Ambiente, si è dimesso per disaccordi politici con l’inquilino dell’Eliseo). Quattro di questi dodici se ne sono andati per ambizioni personali: Gérard Collomb, ex ministro dell’Interno, per preparare le amministrative di Lione del prossimo anno, Nathalie Loiseau, ex ministra per gli Affari europei, per diventare eurodeputata a Bruxelles, Benjamin Griveaux e Mounir Mahjoubi, rispettivamente ex segretario di Stato presso il ministero delle Finanze ed ex segretario di Stato per il Digitale, per essere i prossimi sindaci di Parigi.
RIMPASTO
In realtà, come sottolineato da Libération, quella di Delevoye è la sedicesima partenza, se si tiene conto anche del rimpasto effettuato il 16 ottobre del 2018, che ha portato all’allontanamento di quattro ministri per problemi di altra natura: Françoise Nyssen, ex ministra della Cultura, accompagnata alla porta perché giudicata inadeguata e per l’implicazione in una brutta storia di lavori abusivi; Stéphane Travert, ex ministro dell’Agricoltura, spinto ad andarsene perché considerato l’«uomo delle lobby del glifosato»; Delphine Gény-Stephann, ex segretaria di Stato presso il ministero delle Finanze, inadatta, per i vertici dell’Eliseo, a gestire un portafoglio così importante; Jacques Mézard, ex ministro della Coesione dei territori, congedato per gli scarsi risultati. «Strumentalizzando il mio processo, in realtà, si vuole arrecare danno al progetto di riforma. Questo progetto è essenziale per la Francia. Restando al mio posto, lo avrei reso fragile. Il mio è un errore di colpevole leggerezza. Lo pago. È la dura legge della responsabilità, dell’esemplarità e della trasparenza che deve essere applicata a tutti e a me in particolare», ha scritto Delevoye in un comunicato pubblicato ieri all’ora di pranzo. «VOLONTARIATO»
Nella sua dichiarazione all’Alta Autorità per la vita pubblica francese (Hatvp), Delevoye si era “dimenticato” di segnalare ben tredici incarichi, tra cui il ruolo di presidente onorario del think tank Parallaxe, grazie al quale guadagnava ogni mese 5.300 euro, e quello di amministratore dell’Ifpass, il principale istituto di formazione nel mondo assicurativo, un mondo molto interessato alla concretizzazione della nuova riforma. «Ho omesso di segnalare questi incarichi perché li consideravo come un impegno sociale», si era giustificato nei giorni scorsi: ma non è bastato. La partenza di colui che aveva il compito di affinare il progetto di riforma del sistema previdenziale è una tegola molto pesante per la macronia, in una settimana che si annuncia decisiva per il futuro del progetto, con i sindacati pronti a paralizzare la Francia anche a Natale. La maggior parte degli osservatori ricorda le parole pronunciate pochi giorni fa da François Bayrou, leader del MoDem e principale alleato del governo di Macron, che su Bfm.tv aveva detto con toni polemici che sono «tutti indagati nella vita politica francese». Tutti no, ma molti ministri macronisti sì, e lui per primo assieme a Sylvie Goulard e Marielle de Sarnez, nell’ambito dell’affaire sugli impieghi fittizi degli assistenti MoDem all’Europarlamento. Con i tre centristi e Delevoye, anche Richard Ferrand (favoritismi familiari da direttore delle Mutuelles de Bretagne), Laura Flessel (problemi fiscali) e François de Rugy (spese pazze), dovranno presto fornire diverse spiegazioni ai giudici.