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 2019  dicembre 17 Martedì calendario

La scuola dei librai


Storicamente noi italiani siamo un popolo di non lettori: il nostro indice di lettura non si è mai avvicinato alla soglia del 50%. Oggi ci attestiamo sul 40, mentre nei Paesi del Nord Europa si oscilla tra 75 e l’85%. Non si può non tenerne conto, ma non significa che siamo davanti a una battaglia persa. Sotto l’egida del ministro Franceschini, gli sforzi del Centro per il libro e la lettura si sono concentrati su bambini e ragazzi: è più difficile convertire un adulto, che ha abitudini e gusti consolidati. Abbiamo chiamato in causa genitori e insegnanti, coinvolgendoli in progetti per dare centralità al libro, innanzitutto come fonte di piacere e di gioia, e solo in un secondo tempo come strumento di conoscenza. E abbiamo cercato il sostegno delle amministrazioni comunali per una diffusione capillare di queste iniziative.
In Italia, fino a poco tempo fa è mancata una politica sistematica per creare l’abitudine alla lettura: tutto è stato affidato all’entusiasmo dei singoli. Ma senza linee guida e senza continuità, con pochi fondi, è difficile ottenere risultati. Internet ha cambiato i nostri consumi culturali, ma la rete esiste anche nel resto d’Europa: altrove, però, rappresenta una possibilità tra le tante e il libro ha mantenuto la sua centralità. Da noi internet è diventata la risposta più facile per intrattenersi e informarsi, sottraendo pubblico a cinema, musei e teatri.
Le librerie possono essere decisive nella promozione della lettura: ma devono essere vere librerie. Penso allora al modello creato da Giangiacomo Feltrinelli, ispirato a quello tedesco. Librerie in cui i clienti-lettori erano liberi di circolare tra gli scaffali, prendere in mano i volumi, sfogliarli, con un servizio eccellente e un assortimento ricco e profondo; librerie capaci di soddisfare curiosità e di ispirarne di nuove, come anche di diventare parte del tessuto urbano, luogo di ritrovo e di circolazione delle idee. Spazi grazie ai quali la cultura è diventata materia viva, entusiasmante, incandescente, ma soprattutto alla portata di chiunque. Un modello la cui diffusione ha rivoluzionato il panorama delle librerie italiane.
Oggi più che mai le vere librerie presuppongono veri librai, e librai non ci si improvvisa. Il punto è che se per diventare librai in Germania si deve studiare due anni, in Italia non è obbligatorio: capita infatti di entrare in librerie in cui i librai si affidano al computer, denotando scarsa conoscenza della materia. La formazione è fondamentale, e non è mai acquisita una volta per tutte: rinfrescarla è importante. Dal 1983 esiste in Italia la Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, che con i suoi corsi informa e aggiorna chi libraio è già; mentre dal 2006 la Scuola di Orvieto si rivolge agli aspiranti librai. Nei modelli teorici e nelle pratiche quotidiane proposte agli allievi, hanno un ruolo chiave entusiasmo, creatività, motivazione, competenza, passione, curiosità, energia, pazienza, impegno, tenacia, umiltà, coraggio, fantasia, gioco di squadra... Sembrano solo parole, ma è la loro applicazione che determina l’identità di una libreria, spingendo il cliente a venire in negozio anziché a comprare online.
Lo dimostra anche il successo di James Daunt, il geniale libraio che nel Regno Unito ha risanato la Waterstones trasformandola di fatto in una serie di librerie indipendenti con il potere d’acquisto di una catena. Formazione è il modo più efficace per controbattere ad Amazon & Co. e, in una prospettiva più ampia, per costruire una nuova generazione di lettori.