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 2019  dicembre 17 Martedì calendario

«Bankitalia è solo il capro espiatorio». La difesa di Visco

Contro le accuse di non aver vigilato abbastanza sulla Banca Popolare di Bari (Bpb), che il governo ha deciso di salvare con 900 milioni di euro di soldi pubblici, Banca d’Italia tenta la carta dell’autodifesa. Un dossier di sette pagine, tabelle comprese, è stato diffuso ieri da via Nazionale, allo scopo di ricostruire «l’intensità dell’azione di vigilanza» sulla banca pugliese. Rispetto alla quale Bankitalia aveva condotto «accertamenti ispettivi» dal 2010, cui era seguita una «valutazione parzialmente sfavorevole» a causa di «carenze nell’organizzazione e nei controlli interni sul credito».
Nello stesso momento il governatore Ignazio Visco partecipa a un evento programmato: la presentazione della docufiction Rai su Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, che negli anni 70 pagò con la vita l’aver portato alla luce un sistema politico-finanziario corrotto. Visco coglie l’occasione per ricordare che Bankitalia «era allora, è adesso, e resterà sempre un’istituzione all’esclusivo servizio dello Stato». E aggiunge: «Oggi viviamo in un clima difficile, la situazione economica non è favorevole, si è spesso alla ricerca di illusori capri espiatori».
Un’allusione che fa emergere il senso di accerchiamento che si vive a Palazzo Koch dopo gli attacchi di Lega, M5S e Italia viva. Così si prova a reagire, facendo sapere che non era prevista alcuna designazione del nuovo direttore generale nella riunione di venerdì del Consiglio superiore. Perché bisogna attendere che venga formalizzato il passaggio del direttore uscente Fabio Panetta alla Banca centrale europea. Si cerca così di difendere la candidatura dell’ex Ragioniere dello Stato, Daniele Franco, messa in discussione dall’inedita coppia M5S-Iv. E poi c’è la nuova commissione d’inchiesta sulle banche in arrivo giovedì prossimo, per la cui presidenza parte del M5S vorrebbe fosse scelto Elio Lannutti, e parte Carla Ruocco o Laura Bottici. Un’altra partita delicatissima. E poi la Lega che vuole la riforma della Vigilanza, una richiesta sostenuta anche dal segretario della Cisl, Annamaria Furlan. E infine ieri l’attacco dei grillini al neocommissario della Bpb, Antonio Blandini, appena nominato da Bankitalia, ritenuto non super partes per aver fatto parte del comitato di sorveglianza di Tercas.
Ma intanto c’è da difendersi dall’accusa principale sulla mancata vigilanza. In particolare sull’acquisto da parte di Bpb di Banca Tercas, autorizzato da via Nazionale nel 2014. Il sospetto è che l’operazione servisse all’istituto per rientrare dai 480 milioni di finanziamento concessi a Tercas per un primo salvataggio, finito male. Il dubbio è che Bpb, cui nel 2010 Bankitalia, in seguito a un’ispezione, aveva vietato manovre espansive, tre anni dopo non fosse nelle condizioni di acquisire Tercas. Sul punto Bankitalia chiarisce che nell’ispezione del 2013 di Bpb erano emersi «progressi» rispetto alla precedente ispezione, accanto al «permanere di alcune aree di debolezza», per il cui superamento la banca aveva «un piano di iniziative di rimedio». La cui efficacia sarebbe stata verificata prima di procedere su Tercas. Un’operazione che venne però sospesa dal veto dell’Ue, e che accumulò così ritardi nel processo di integrazione. Così come fu un’ordinanza del Consiglio di Stato a sospendere la necessaria trasformazione della Bpb in spa. Allo stesso modo rimane tuttora appeso al giudizio della Commissione europea, ancora non intervenuto, l’utilizzo ai fini del salvataggio della norma del decreto Crescita del governo gialloverde sugli incentivi fiscali che avrebbe potuto favorire le aggregazioni. In tutto questo, secondo Bankitalia, non sarebbero mancate sollecitazioni ai vertici di Bpb, ispezioni e sanzioni fino all’epilogo finale. Necessario, si fa sapere, per evitare che il Fondo interbancario sborsi 4,5 miliardi per rimborsare i depositanti.