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 2019  dicembre 17 Martedì calendario

Biografia di Steven Spielberg


Steven Spielberg, nato a Cincinnati, negli Stati Uniti, il 18 dicembre 1946 (73 anni). Regista. Sceneggiatore. Produttore cinematografico: nel 1994 ha fondato - assieme a Jeffrey Katzenberg e David Geffen - la DreamWorks Pictures • «Il regista più popolare di tutti i tempi» (Lorenzo Soria, L’Espresso, 31/3/2005) • «Il regista e produttore di maggior successo nella storia del cinema. […] Enfant prodige come Orson Wells, manipolatore di pubblico come Hitchcock, sentimentale come Capra, fondatore di un impero multimediale come Walt Disney» (Silvia Bizio, la Repubblica, 4/12/2006) • «È approdato al cinema con il film Duel (1971), nel quale già si evidenziano i caratteri che contraddistingueranno tutto il suo cinema successivo: la solida costruzione drammaturgica, l’impeccabile organizzazione delle emozioni, il piacere della finzione. Dotato di non comune talento visivo, grande innovatore dei tradizionali generi dello spettacolo cinematografico come la fantascienza […] e i film d’avventura […] ma anche autore capace di affrontare tematiche complesse, come l’Olocausto e la tragedia della comunità ebraica alla quale appartiene» (Treccani) • Leone d’oro alla carriera a Venezia nel 1993. Golden Globe alla carriera nel 2009. David di Donatello alla carriera nel 2018. Una stella sulla Walk of Fame di Hollywood • Tra i suoi film: Lo squalo (1975); Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977); I predatori dell’arca perduta (1981) e gli altri tre episodi della serie di Indiana Jones (1984, 1989, 2008); E.T. - L’extraterrestre (1982), L’impero del sole (1987); Jurassic Park (1993); Schindler’s List (1993, Oscar per il miglior film e Oscar per la miglior regia, Golden Globe alla regia); Il mondo perduto (1997); Salvate il soldato Ryan (1998, premio Oscar per la miglior regia, Golden Globe per la miglior regia); A.I. – Intelligenza Artificiale (2001); Minority Report (2002); Prova a prendermi (2002); The Terminal (2004); La guerra dei mondi (2005); Munich (2005); Lincoln (2012); Il ponte delle spie (2015); The Post (2017); Ready Player One (2018) • «A Spielberg piace parlare del suo lavoro. ”Devo decidere se usare la torre o il mio secondo alfiere [...] Da dove arriveranno i pericoli? Come posso guadagnare terreno? Dirigere un film è come guardare avanti di venti mosse mentre stai lavorando alle prossime cinque. […] mi piace lavorare sodo sui dettagli. La roba girata di nuovo è quella che obbliga il pubblico a mangiare i popcorn più in fretta. Fare un film senza curarsi delle piccole cose è come bere una bibita e lasciare l’ultimo sorso a qualcun altro [...] Ciò che lega i miei film è il concetto di solitudine, l’isolamento [...] Ed è tutta roba che viene fuori da quello che ero e dal modo in cui sono cresciuto”» (Richard Coliss, Jeffrey Ressner, Sette, n. 27/1997).
Soldi «I dream for a living. Per guadagnarmi da vivere, io sogno» (a Time, 1985) • A dicembre 2019, secondo la rivista Forbes, con un patrimonio di 3 miliardi e 600 milioni di dollari, è il 225˚ uomo più ricco del mondo • Stando all’indice dei miliardari di Bloomberg, invece, è ancora più ricco: 6 miliardi e 80 milioni di dollari.
Titoli di testa «Una commemorazione è una cosa che generalmente si fa ai morti».
Vita Primogenito (e unico maschio) dei quattro figli di Arnold e Leah Spielberg. Lui ingegnere elettronico, lavora con i primi computer. Lei pianista. Entrambi ebrei • «Il primo ricordo è quello di una lucetta rossa e di uomini con delle lunghe barbe che mi davano da mangiare dei cracker. Evidentemente ero in una carrozzella, e i miei genitori mi hanno detto che eravamo in una sinagoga e io avevo sei mesi, e davvero è la prima cosa che mi ricordo […] I miei genitori avevano un amico che aveva inventato una nuova macchina a raggi x fluorescente e aveva deciso di sperimentarla sul mio corpo. Avevo tre anni e ricordo questa orribile sensazione di essere chiuso dentro questa sorta di bara, circondato da raggi verdi […] A causa di quell’esperienza sono sempre stato claustrofobico, ho paura di andare in ascensore, di stare in posti chiusi. Ma il ricordo di quella luce non ha niente a che fare con il mio interesse per gli extraterrestri o gli squali» (a Silvia Bizio, la Repubblica, 4/12/2002) • Dice lo scrittore Joseph McBride: «Fu Arnold a fare interessare Steven al cinema: era lui il narratore di famiglia; ed era sempre lui, in casa, quello interessato alla fantascienza» • Steven è appassionato di fantascienza e di film: la sua prima volta al cinema è per Il più grande spettacolo del mondo, pellicola a tema circense del 1952 • «La capacità distruttiva del giovane Spielberg lo aveva trasformato nel terrore delle sue sorelle. Una sera Steven tagliò la testa a una delle loro bambole e la mise su un vassoio, guarnendola con lattuga e fette di pomodoro, come se fosse un arrosto di maiale. Un’altra volta, dopo aver visto L’invasione degli ultracorpi, il celebre film con gli alieni che escono da enormi baccelli e si sostituiscono agli uomini quando questi si addormentano, Steven riuscì a costruire un gigantesco baccello e a metterlo sotto il letto di sua sorella Anne. Terrorizzandola» (Richard Corliss, Jeffrey Ressner, Sette, n. 27/1997) • Per il lavoro del padre, gli Spielberg si traferiscono molte volte. Vivono in New Jersey, poi nei dintorni di Phoenix, in Arizona, e alla fine finiscono a San José, in quella che sarebbe diventata la Silicon Valley • Da ragazzo, Steven è bullizzato un po’ perché ebreo, un po’ perché – anche se la cosa gli sarà diagnosticata solo anni dopo – ha una leggera dislessia • «Io sono un po’ goffo, a scuola non ero popolare, ero strano, ma trovo che tutto questo è finito in molti dei miei personaggi» (da un video sul sito di la Repubblica, 21/3/2018) • «Storia era l’unica materia in cui andavo bene. Confesso di non essere mai stato uno studente modello... Mio padre […] ha combattuto nella Seconda guerra mondiale e io sono cresciuto ascoltando i suoi racconti. I miei primi video amatoriali, girati a 14 anni, erano prevalentemente a sfondo bellico» • «Nel grande gioco del cinema, è stato Arnold l’istruttore di volo che ha spiegato a suo figlio come si diventa un top gun […] questa collaborazione padre-figlio è evidente in tre filmetti pressoché sconosciuti, che Steven ha girato negli anni dell’apprendistato: Fighter Squad (un inno all’amicizia maschile girato nel 1959/1960, quando il futuro regista era ancora alla scuola dell’obbligo, Arnold ottenne per Steven e la sua troupe di ragazzini il permesso di girare all’interno di un aereo), Escape to Nowhere (un cortometraggio a colori di 22 minuti girato negli anni del liceo con ancora l’ossessione di Steven per la guerra combattuta da suo padre) e Firelight (un’invasione spaziale che ricorda quella di madre e figlio in Incontri ravvicinati). [...]» (Corliss e Ressner) • Quando Steven ha 19 anni i suoi divorziano, perché la madre si è innamorata del migliore amico del padre. Lui, nel 2002, dirà: «Ancora non mi sono ripreso dallo choc. Scherzo: non ci ho mai dato molto peso, anche se a pensarci bene tendo a fare film sul tema della dissoluzione della famiglia» (alla Bizio) • Per due volte prova a entrare al corso di arte cinematografica della University of Southern California, ma i suoi voti a scuola sono troppo bassi e non lo prendono. Ripiega sul California State College di Long Beach, che non ha nemmeno un corso di cinema vero e proprio • Continua però a girare i suoi piccoli film e, nel 1968, Amblin’, la storia d’amore di due hippy che viaggiano fino al mare, viene notato da un dirigente della Universal, che lo mette sotto contratto. Lui lascia gli studi • «Volevo così tanto essere un regista che avrei fatto di tutto, tranne uccidere. Volevo solo stare in quegli studi […] Quando ci sono arrivato, era come essere a Disneyland» • «Nel 1969, durante le riprese della serie antologica Mistero in galleria, la celebre Joan Crawford suggerisce a un reporter di “intervistare un ragazzo che un giorno sarebbe divenuto il più grande regista di tutti i tempi”» • La Universal vuole dei giovani per svecchiare i propri telefilm e così, all’inizio, Steven dirige alcuni episodi di serie tv. Poi, nel 1971 realizza Duel, il suo primo vero film. Nel 1974, esce Sugarland Express, con Goldie Hawn • «Quale è stato il punto di svolta della sua carriera?Lo squalo. Perché fino ad allora ero un semplice regista, poi, dopo quel successo, ho potuto dirigere qualunque film. Avevo sempre voluto girare qualcosa sui “dischi volanti”, ma tutti i produttori pensavano che fossi pazzo e non mi ricevevano nemmeno. Dopo Lo squalo furono loro a inseguire me» (Silvia Mapelli, Grazia, 7/2/2012) • Lo squalo guadagna 60 milioni di dollari solo nel primo mese di proiezioni, viene candidato agli Oscar e ne vince uno per la colonna sonora, composta da John Williams: «Creò il genere dei blockbuster estivi – grandi film d’azione distribuiti in cinema con l’aria condizionata in cui la gente accorreva con sollievo – e consolidò molti capisaldi dell’opera di Spielberg: il protagonista è un personaggio comune ma genuino, alle prese con una forza o un essere straordinari la cui natura si scopre solo un po’ per volta, man mano che il racconto va avanti» (Britannica) • Può finalmente dedicarsi agli extra-terrestri: «Avevo cominciato a scrivere Incontri ravvicinati prima di Lo squalo, per cui quest’ultimo uscì dopo che avevo iniziato a lavorare su come raccontare una storia sugli Ufo e il Watergate e come mettere insieme i due argomenti. Certo, prima del Watergate la mia idea era che il fenomeno Ufo e il Watergate fossero, nell’America contemporanea, il frutto di una cospirazione del governo e che il fenomeno Ufo ne fosse l´emblema. […] Per un certo verso non pensavo che fosse fantascienza. Non volevo affibbiargli quell´etichetta; più che di fantascienza, ne parlavo in termini di speculazione scientifica! Perché avevo la profonda convinzione che qualcuno ci avesse visitati e in questo secolo» • Steven agli alieni ci crede davvero. Ha letto un libro di J. Allen Hynek, uno che era stato consulente civile per l’esercito, poi si era dimesso perché riteneva inspiegabili alcune apparizioni degli Ufo. «Avevo letto il suo libro e lo chiamai ed è a lui che devo il titolo del film […] Inizialmente, i miei amici della produzione pensarono che fossi matto. Dicevano: non ha senso, cosa vuol dire? Incontri ravvicinati del terzo tipo? Ma che vuol dire? La mia battaglia più accanita non fu quella per ottenere il finanziamento, perché dopo Lo squalo erano tutti pronti a investire nel mio prossimo film, ma per avere l’ok per il titolo dalla direzione marketing della Columbia Pictures» (a la Repubblica, 8/12/2007) • «Quasi tutti nel film, salvo qualcuno dei militari di truppa, che hanno un atteggiamento cinico, tipico degli adulti induriti dalla vita. Noi che abbiamo realizzato il film, invece, eravamo bambini e nel film abbiamo messo lo spirito dell’infanzia, credendo in cose senza senso, a cui solo i bimbi credono, perché per un bambino non serve che qualcosa abbia senso, se ci crede fermamente. […] L’immagine che ho sempre portato con me, direi quasi a letto, come un flash da Incontri ravvicinati, l’immagine che sempre mi torna in mente, è quella del ragazzino che apre la porta e di tutta quella luce arancione e gialla che si diffonde su di lui. Quando ho ideato la ripresa e l’ho inserita nella sceneggiatura, l’ho fatto perché era altamente simbolica di ciò che solo un bambino può fare, cioè fidarsi della luce. Capite, aprire una porta, quando un adulto correrebbe a nascondersi gridando non aprire, anzi di chiuderla a chiave, perché fuori ci sono cose che non capiamo, cose che potrebbero ucciderci o trasformarci… Ma è invece l’ottimismo dell´infanzia nel gesto di aprire la porta e la luce avvolge tutto. […] Per me, quindi, Incontri ravvicinati è, tematicamente, la storia di tutti i bambini che aprono porte su meravigliose fonti di luce. […] Ma negli anni Settanta, aprire una porta alla curiosità era un’esperienza sicura, qualcosa che noi tutti avremmo voluto fare nella nostra vita» • In quel periodo Spielberg «si candida per la regia di un film di James Bond ma Albert Broccoli, lo storico produttore del franchise di 007, gli preferisce autori più esperti: “Sono andato da Albert Broccoli e mi ha detto di ‘No’. Al posto di 007 ho fatto la serie di Indiana Jones”» • Poi fa Jurassic Park e E.T. • «E.T. è simbolo a un tempo dell’aggressione senza scrupoli che gli uomini sono pronti a scatenare contro tutto ciò che appare loro ‘diverso’ e dell’innocenza priva di pregiudizi dell’infanzia. La passione per la fantascienza non abbandonerà Spielberg, consentendogli di realizzare molti anni più tardi i raffinati A.I. Intelligenza artificiale (2001), Minority report (2002) e La guerra dei mondi (2005). […] Il suo spirito di ‘eterno fanciullo’ si manifesta anche in Hook – Capitan Uncino (1991), personale rilettura dell’immortale personaggio di Peter Pan che qui appare ormai un adulto che dovrà ritrovare dentro di sé il bambino di un tempo» • Ma realizza pellicole molto serie e impegnate, come Schlinder’s List, Salvate il soldato Ryan e The Post • «Ha articolato la sua, ormai cinquantennale, carriera in due filoni: il superspettacolo d’intrattenimento e il film a tema, serio e impegnato. Eccellendo - caso unico nel dopoguerra – nell’uno e nell’altro e ricevendo ampi riconoscimenti in entrambe le partite» • «Come fa a scegliere il film giusto? […] “Posso semplicemente dire che è il film a scegliere me”» (alla Repubblica).
Amici «Francis Ford Coppola è il Padrino, Martin Scorsese è un demone velocissimo, George Lucas è un comico, Brian De Palma è split screen» • Amico anche di Stanley Kubrick: «L’ho incontrato sul set di Shining e siamo rimasti amici fino alla sua morte».
Amori Due matrimoni. Con l’attrice Amy Irving (dal 1985 al 1989). Al momento del divorzio, il giudice riconobbe valido un accordo patrimoniale scritto su un tovagliolo al ristorante e lei ottenne 100 milioni di dollari. Dal 1991 è sposato con Kate Capshaw, l’attrice che interpretava la cantante Willie Scott in Indiana Jones e il Tempio Maledetto del 1984 • «Lavorando così tanto, come è riuscito a essere un buon marito e un buon padre?  “Grazie a mia moglie. Mi ha costretto a inserire nei miei contratti la clausola che dovevo uscire dall’ufficio massimo alla sei e mezza per essere a casa per l’ora di cena. E la mattina, sono sempre io a preparare la colazione. Quando invece giravo un film, tutta la famiglia mi veniva a trovare, almeno nei weekend”».
Figli Sei figli. Uno dalla Irving, Max Samuel (n. 1985). Tre dalla Capshaw: Sasha (n. 1990), Sawyer (n. 1992), Destry (n 1996). Due adottivi: Theo (n. 1998), Mikaela (n. 1996).
Figliastri Jessica Capshaw, nata nel 1976 dal precedente matrimonio della moglie.
Figliocci È il padrino delle attrici Gwyneth Paltrow e Drew Barrymore.
Fama «Mi sento sempre sotto il microscopio. Non mi ci sono sentito solo con i miei primi due film […] quando ero uno dei tanti giovani allo sbaraglio. Mi manca l’anonimato quando viaggio, quando sono in vacanza. Mi piacciono i divi come Di Caprio o Tom Hanks perché sono come dei paraventi dietro cui posso nascondermi. Quando siamo insieme, la gente guarda prima uno poi l’altro, e si dimentica di me» (Bizio).
Camei È l’impiegato dell’ufficio delle tasse nei Blues Brothers (1980), un alieno che appare sul monitor in Men in Black (1997) e uno degli invitati alla festa di David in Vanilla Sky (2001).
Curiosità Non gli piacciono Donald Trump, Netflix e il caffè: «Non ne ho mai bevuto una tazza in tutta la vita. Ne ho odiato il gusto sin da bambino» • Nel 2002 ha completato l’università che aveva lasciato da giovane per lavorare alla Universal. Nello stesso anno Yale gli ha conferito un dottorato ad honorem in Letteratura • Quando, agli esordi, lavorava alle serie tivù, ha diretto l’episodio numero uno del Tenente Colombo • Oggi non crede più agli alieni: «Col passare degli anni ho cominciato a chiedermi: ma con tutte le videocamere in funzione nel mondo, come mai gli avvistamenti di Ufo sono diminuiti? Prima dell’avvento delle fotocamere, gli avvistamenti erano numerosissimi, ecco perché oggi sono un po’ più scettico di quanto lo fossi negli anni Settanta» • «Sono dipendente dallo smartphone ma non ho account su Twitter o Facebook […] Lo vedo a casa, i miei figli invitano gli amici, si guardano un attimo e poi sono su Instagram o Snapchat. Io non credo esistano regole per gestire la libertà di usare i social media ma credo dobbiamo essere governati dai nostri valori. Come padre dico ai miei figli: non potete guardare la tv tutto il giorno e stare sempre connessi» • Per anni dipendente anche dai videogiochi, nel 1999 ne ha persino realizzato uno (Medal of Honor) • «Niente droghe ai tempi eroici? Lei è della generazione che ha fatto il Sessantotto... “No, né marijuana né Lsd. Sono anche astemio, e non ho mai bevuto un caffè in vita mia. Mi ha sempre spaventato perdere il controllo. Anche da giovane. Avevo i miei filmini otto millimetri da fare”» (a Panorama, 22/3/2018) • Ha fondato USC Shoah Foundation, che ha filmato 115 mila ore di testimonianze dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Per Schlinder’s List non ha voluto un compenso, sarebbe stato «denaro insanguinato» • Vive con la moglie a Pacific Palisades, un quartiere residenziale che dà sull’oceano vicino a Santa Monica, in California. Hanno una casa a New York e una casa delle vacanze a Georgica Pond, negli Hamptons, dove i loro vicini sono Jay-Z e Beyoncé • Finanziatore dei democratici, i Clinton hanno passato due fine settimana da lui negli anni Novanta • È stato visto guidare una Tesla Modello S e in vacanza su uno yacht da 85 metri • Dice che se non avesse fatto il regista, gli sarebbe piaciuto diventare compositore.
Titoli di coda «Mai pensato di smettere? “Io e Clint Eastwood scherziamo spesso su questa opportunità […] ma quando gli chiedo se ha intenzione di farla finita, risponde: ‘Io no, perché, tu sì?’. Se non va in pensione lui, non lo faccio neppure io”» (Mapelli).