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 2019  dicembre 16 Lunedì calendario

L'OPERAZIONE È RIUSCITA MA IL PAZIENTE È MORTO - NICOLA BORZI INFILZA BANKITALIA CHE ALL'INDOMANI DELL'ENNESIMO CRAC BANCARIO COMUNICA DI AVER ESEGUITO ''PROCEDURE CORRETTE E TEMPESTIVE'' - MA IL DISASTRO DELLA POPOLARE DI BARI DÀ ANCHE L'ASSIST A RENZI E DI MAIO PER BLOCCARE LA NOMINA DI DANIELE FRANCO A DIRETTORE GENERALE -

L'agonia della Popolare di Bari è avvenuta sotto lo sguardo sostanzialmente indifferente delle autorità di vigilanza. Il post di Nicola Borzi, già giornalista del Sole 24 Ore esperto di finanza e ora free-lance, su Facebook La quarta fase della crisi bancaria italiana si avvia a esplodere. Dopo le quattro risoluzioni del 22 novembre 2015 di altrettante banche di dimensioni medio piccole (Etruria, Marche, CariFe e CariChieti), dopo il crack di Mps a fine 2016 e la fine di Popolare Vicenza e Veneto Banca del 2017, ora è il turno di Carige, di Popolare di Bari e nuovamente di Mps.

Il tutto avviene sotto lo sguardo indifferente delle autorità di vigilanza. Né Banca d’Italia, per le questioni creditizie, né Consob, per quelle di salvaguardia degli investitori, hanno trovato niente da dire sulla sospensione delle azioni illiquide della Popolare di Bari, che coinvolge oltre 70mila azionisti collocati quasi totalmente in un’area del Sud Italia che un tempo era in ripresa e che ora invece si troverà a subire i contraccolpi di questa crisi.







2. E L'ATTACCO A VIA NAZIONALE SI ALLARGA ANCHE ALLE NOMINE Claudio Tito per “la Repubblica”

«Procedure corrette e tempestive ». La Banca d' Italia alza le barricate. Si sente sotto assedio e respinge le accuse di chi ha messo nel mirino il suo operato sulla Banca Popolare di Bari. Attacchi sferrati in particolare dal capo politico del Movimento 5Stelle, Luigi Di Maio, e in modo meno esplicito, dai renziani di Italia Viva.

Ecco l' ennesima guerra tra governo, o almeno una parte di esso, e Via Nazionale. E lo scontro non cesserà presto, di certo non con l' approvazione del decreto con cui si "salva" l' istituto pugliese. Perché nei prossimi giorni, anzi proprio alla fine di questa settimana, esploderà un' altra grana: la nomina del nuovo direttore generale. Anzi, la tensione di queste ultime ore sembra prodromica rispetto a quell' appuntamento.

A Bruxelles infatti Fabio Panetta, attuale direttore generale di Bankitalia, riceverà l' ultimo via libera dal Parlamento europeo per entrare nel board della Bce dal primo gennaio e occupare la "quota" italiana fino a 45 giorni fa occupata da Mario Draghi. A quel punto dovrà essere nominato il successore. La lista del Governatore ha un solo nome: Daniele Franco, attuale vicedirettore.

La procedura stabilisce che sia il Consiglio Supremo di Banca d' Italia a scegliere il candidato. Il governo deve necessariamente essere «sentito » ed esprimere un parere. Franco però, prima di tornare a Palazzo Koch nell' estate scorsa, è stato per diversi anni il Ragioniere generale dello Stato. I rapporti con Di Maio sono stati tesissimi. Il capo politico dei grillini più di una volta ha sparato alzo zero contro di lui. E non ha mai nascosto il desiderio di "licenziarlo" in anticipo. Stesso discorso per quanto riguarda Matteo Renzi. Nel 2014, quando l' allora segretario del Pd sedeva a Palazzo Chigi, espresse esplicitamente le sue critiche.

Il Movimento 5Stelle e Italia Viva, dunque, non lasceranno che la nomina venga ratificata tanto facilmente. Entrambi in passato avevano chiesto un «rinnovamento» a Via Nazionale. «Almeno se ne parli», è la richiesta che i due partiti stanno iniziando a formulare. Anche perché l' eventuale promozione di Franco comporterebbe la designazione di un altro vicedirettore generale. Un "pacchetto", quindi, che nella maggioranza non vogliono licenziare a scatola chiusa. Non è allora un caso che il Consiglio Supremo convocato per venerdì non procederà alla nomina.

Il vertice di Palazzo Koch non accetta dunque di entrare nel ciclone della Popolare di Bari. Per due motivi. Il primo - ricordano - riguarda le ispezioni: quelle generali sono state due, nel 2016 e nel 2019. E ce ne sono state diverse parziali. La prima ha comportato l' obbligo di cedere quasi un miliardo e mezzo di crediti deteriorati e il cambio degli organi sociali. La seconda, iniziata a giugno scorso e non ancora conclusa, ha prodotto una relazione intermedia che ha provocato il commissariamento. I tecnici fanno anche notare che nel 2014 è stata approvata dal Parlamento una direttiva europea che renderebbe più stringenti i requisiti per i management delle banche. Quella direttiva non è mai entrata in vigore: non è stato varato il regolamento attuativo. Quindi anche in occasione della definizione dell' ultimo vertice della popolare, sono stati utilizzati i requisiti, molto più laschi, che risalgono al 1998.

Prima di procedere al commissariamento, inoltre, il Governatore Ignazio Visco ha informato in anticipo il governo dell' urgenza che si stava determinando a Bari. La prima comunicazione è avvenuta formalmente - perché così prescrive la legge - con il ministro dell' Economia, Roberto Gualtieri. Contestualmente - e informalmente - è stato comunicato l' esito dell' ultimo report sia al presidente del consiglio, Giuseppe Conte, sia al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Del resto che il clima tra governo e Via Nazionale sia a dir poco surriscaldato - e non da ora - lo dimostrano le ultime scelte compiute dal Governatore. A maggio scorso, prima della relazione annuale, aveva fatto capire di volere archiviare in anticipo il suo mandato. Addirittura già nel 2020. Le sue intenzioni erano state manifestate già in occasione della sua conferma avvenuta dopo un duro braccio di ferro proprio con Matteo Renzi. Da allora, però, molto è cambiato. E già da qualche tempo Visco ha cambiato idea e ha fatto sapere: rimarrà a Via Nazionale fino all' ottobre del 2023.