il Giornale, 16 dicembre 2019
Intervista a Vito Molinari, il regista dei caroselli
«Avevo fatto teatro negli anni dell’Università, Sergio Pugliese, l’uomo che ha creato la Rai, mi chiamò e mi chiese: vuole fare la tv? Non ho idea di che cosa sia, gli risposi». Vito Molinari da Sestri Levante, classe 1929, ha l’aria di uno che non ha mai smesso di lavorare. Di recente, dopo la morte della moglie, ha fatto un giro del mondo di quattro mesi su una nave da crociera. Ma ora parla già soddisfatto dei suoi nuovi progetti per il teatro Olmetto di Milano, mentre racconta del suo libro su Carosello e di un pezzo importante di storia della tv
Pugliese dopo il colloquio l’ha assunta subito.
«Sì, sono entrato in Rai che non avevo ancora 23 anni. Pugliese aveva cercato di coinvolgere nel progetto della tv i migliori nomi del cinema. Ma allora il grande schermo era una potenza, era appena nato il technicolor. Si facevano spiegare che cosa era la tv, una scatoletta piccola, dove le immagini erano sfuocate e in bianco e nero, poi dicevano: fossi matto, in due anni la moda è bell’e finita. Gli hanno detto tutti di no. Lui non voleva quelli della radio, perché diceva che la televisione non è parola ma immagine. Così ha assunto chi aveva esperienza di teatro»
E lei nelle compagnie universitarie genovesi aveva fatto l’attore e il regista.
«In tv volevo fare l’attore. Pugliese mi ha guardato e ha detto: ma gli attori sono tutti biondi e belli, lei con quel naso... Farà il regista. E il regista ho fatto: più o meno 2mila trasmissioni, di tutti i generi, tra cui la prima della Rai il 3 gennaio del 1954. Solo di Caroselli ne ho girati 500. Prima ero dipendente Rai e non potevo, poi mi sono licenziato per avere più libertà».
E ha contribuito a creare un genere.
«Con Un, due, tre che è nato subito, nel gennaio del ’54, ci siamo inventati qualche cosa che non esisteva, il varietà televisivo. In teatro la rivista stava morendo l’avanspettacolo era già defunto. Noi abbiamo fatto qualcosa di diverso dalla rivista teatrale che ha una prospettiva orizzontale con il palco di fronte al pubblico e abbiamo dato una dimensione verticale grazie al movimento della telecamera».
Di quella televisione faceva parte Carosello.
«Che ha fatto subito numeri formidabili. Il primo anno l’incasso per la Rai è stato di due miliardi. Gli spazi sono stati venduti immediatamente. All’inizio ogni sera alle 20.50 andavano in onda quattro scenette della durata di un minuto e 45 secondi ognuna, tempi interminabili rispetto ad ora. Invece il codino pubblicitario durava solo 30 secondi. Dal 1961 le scenette sono diventate cinque per accontentare la domanda degli inserzionisti. Andava in onda tutte le sere salvo il venerdì santo e il 2 novembre. Ed è stato sospeso solo quattro volte: per la morte di Papa Pio XII, di Papa Giovanni, di Kennedy e per la strage di Piazza Fontana».
Nessuno tra i grandi nomi dello spettacolo si è tirato indietro: quasi tutti una scenetta l’hanno interpretata.
«Tra i grandi a mia memoria solo Mastroianni e la Magnani hanno sempre detto di no. Gilberto Govi, grande attore genovese, aveva sempre criticato la trasmissione, poi ebbe un rovescio finanziario e per rifarsi delle perdite girò uno spot. Orson Welles realizzò, come attore e regista, una scenetta di prova però venne rifiutata, perché troppo visionaria, prima dalla Stock e poi da Rhodiatoce. Per il resto ci sono passati davvero tutti».
Quasi la stessa cosa si può dire dei registi.
«Federico Fellini doveva farne uno con Mina ma alla fine si tirò indietro. Una leggenda dice che girò una scena per una banca, forse con Paolo Villaggio, ma non ci sono prove. A Pier Paolo Pasolini e Michelangelo Antonioni furono fatte delle offerte e pare che i due fecero anche dei sopralluoghi per le riprese. Ma anche loro alla fine rinunciarono. In compenso hanno girato dei Caroselli Gillo Pontecorvo, Ermanno Olmi, Claude Lelouch, Giuliano Montaldo, Luigi Comencini, Mauro Bolognini e si potrebbe continuare».
In molti casi il personaggio e il Carosello finivano per identificarsi: Paolo Ferrari è sempre stato l’uomo del detersivo, Ernesto Calindri era l’uomo Cynar.
«Il caso più divertente è stato quello di Tino Scotti. Dal 1958 al 1975 è stato il protagonista dei Caroselli per i confetti lassativi Falqui. Si lamentava perché appena lo vedevano iniziavano le battute. Al produttore degli spot una volta confessò il suo cruccio: ti sono grato perché in quasi vent’anni mi hai fatto fare un sacco di soldi. Ma per tutta Italia io sono il cavaliere di m.».