Corriere della Sera, 16 dicembre 2019
Dopo la banana di Cattelan, la Tassoni ha messo sotto scotch una cedrata, Burger King Francia una patatina fritta, l’agenzia funebre Taffo una cassa da morto, la Lego una banana di mattoncini, la Durex anziché il nastro adesivo ha usato una striscia argentata di condom allacciata intorno al frutto giallo perché «la banana va protetta, sempre»
Ora che quella originale da 120 mila dollari, esposta, sbucciata e artisticamente masticata da David Datuna all’Art Basel di Miami, è stata venduta in doppia copia, la very famous banana di Maurizio Cattelan non si è ritirata alla vita appartata dell’opera d’arte.
Anzi, si è virtualmente moltiplicata in cento e mille banane che imperversano ovunque, come certifica la sua personale pagina Instagram da 15 mila follower, cattelanbanana, in cui la Galerie Perrottin, che ospitava sul muro del suo stand l’installazione dell’artista padovano, ha raccolto meme, omaggi e contaminazioni da tutto il mondo.
Ovviamente è stato subito il trionfo dell’istant marketing più fantasioso. La Tassoni ha messo sotto scotch una cedrata, Burger King Francia una patatina fritta, KFC un secchiello di pollo fritto, la Lego una banana di mattoncini, la Durex anziché il nastro adesivo ha usato una striscia argentata di condom allacciata intorno al frutto giallo perché «la banana va protetta, sempre». L’agenzia funebre Taffo ha attaccato al muro una cassa da morto annotando che «costa meno di 120 mila euro e dura per sempre». Unieuro appiccica il nastro adesivo sul proprio simbolo, la Garnier sulla maschera per capelli Fructis (alla banana, ovvio), la Perrier celebra la tipica bottiglia verde d’acqua gassata intitolandola «Sparkling banana», i supermercati Carrefour incoronano la banana bio da 1 euro e 59 al kg perché così «l’arte culinaria è a portata di tutti», però il vero artista resta Angelo Scognamiglio, fruttivendolo napoletano dei Quartieri Spagnoli, che dal suo banco di Vico Lungo Gelso vendeva «vere banane di Cattelan» a due euro al chilo.
La banana con lo scotch grigio si è mangiata pure i social. Riveduta, sfottuta e corretta. Con fette di pizza, cannoli siciliani, panzerotti e salamelle piccanti complete di expertise (Masseria Masella di Cerreto Sannita), persino il finocchio dolce lucano ha il suo momento vernissage. Qualcuno appende la bottiglia (vuota, già scolata) di Aglianico(«Cattelan spostati proprio»), oppure quella di Fiano («Fiano is the new banana»), o della birra Raffo e via sbevazzando.
Il «D’abruzzo NYC», ristorante di Brooklyn, celebra il vanto regionale dei rustell: «Chi ha bisogno di una banana quando hai gli arrosticini?», la pasticceria milanese Clivati 1969 ha creato un panettone con canditi alla banana ricoperto di pasta da zucchero bianca, la babberia «Ai tre pini» di Palma Campania, espone un babà al rhum («Base d’asta 2 euro, valore inestimabile»), una paninoteca consiglia: «Non azzeccate i nostri panini al muro: magnatavill!», l’Azzurra Pescheria di Foggia sublima un pesce fragolino, lo chef stellato Bruno Barbieri premia una carota, su Facebook l’«artista di streda» Lino Banski posta un mazzetto di cime di rapa, mentre la pasta Vietri ha «scotchato» degli ziti. Sfilano pure un limone, una bustina di antidolorifico Oki, un telefonino, un pacchetto di Nutella Biscuits.
E se Brooke Shields si è appiccicata una banana sulla fronte intitolandola «selfie costoso», Vin Diesel, nerboruto eroe di Fast and Furious, si è esibito in un ironico autoscatto seminudo, coperto da un asciugamano e con una banana attaccata proprio lì.