La Stampa, 16 dicembre 2019
Intervista a Jovanotti
Ti chiamo Lorenzo o Jovanotti?
«Chiamami come vuoi, mi giro anche se mi fai un fischio».
Lorenzo, ad Albenga ancora ti aspettano dopo che il concerto è saltato per l’erosione della spiaggia.
«È stata la prima spiaggia ad andare sold out, è stato brutto dover cancellare ma in questi casi decide la natura e non ci si può fare niente. È davvero preoccupante: una festa sulla spiaggia può anche saltare e non è la fine del mondo, mentre la fine di una spiaggia è la fine di un mondo. Non solo di un habitat naturale, anche di un paesaggio culturale».
Dicono che l’erosione delle coste sia colpa nostra: speculazione edilizia, riscaldamento globale....
«A me non piace questa cosa molto italiana che ognuno è esperto di tutto e si domanda a un cantante di spiegare perché si erodono le coste, io vorrei che questa questione venisse posta a chi ha delle risposte che si basano sullo studio, i dati, le prospettive possibili».
Sarà anche sbagliato, ma talvolta è più ascoltato un cantante che un premio Nobel.
«Giovanni Soldini, che è mio amico, mi ha raccontato che nella sua recente navigazione a vela dalle Hawaii a Hong Kong ha incontrato in 15 giorni quattro enormi masse di plastica a pelo d’acqua lungo la rotta in pieno oceano. Hai presente quando è grande il Pacifico?».Il più grande di tutti gli oceani, un terzo dell’orbe…
«Appunto: scontrarsi per quattro volte contro rifiuti prodotti dall’uomo vuol dire che il mare ne è letteralmente infestato, e inoltre c’è sempre meno pesce e quello che c’è spesso mangia quella plastica che si disintegra in piccoli pezzi. Esiste una questione non solo ecologica, è perfino mitologico il male che può derivare da questa situazione. Si ferisce un Dio, si viola una forza creatrice fondamentale».
Che impressione ti fanno i ponti dell’autostrada che crollano per incuria: rabbia, stupore, tristezza, impotenza…
«Dolore. L’immagine di quel camion verde sul bordo del ponte Morandi crollato è struggente, dolorosa, non si può non tentare di reagire, guardandosi intorno ragionando su quello che ognuno può fare nel suo ambito specifico per non contribuire al declino».
Qualcuno disse che sono i muri che devono essere abbattuti e non i ponti a crollare.
«Con me sfondi una porta aperta. Chiunque l’abbia detto ha il mio sostegno. Inoltre i ponti sono tra le opere più belle dell’ingegno dell’uomo, a me di fronte a certi ponti che ho attraversato in giro per il mondo scatta proprio l’applauso, la standing ovation, la gratitudine, la gioia nel cuore».
C’è un partito al governo che è scettico sulla costruzione di nuove infrastrutture. La chiamano decrescita felice…
«Per me non è mai “cosa” si fa ma è sempre soprattutto “come”. Le infrastrutture sono fondamentali per il progresso, che è un concetto che mi sta personalmente più a cuore di quello puramente macroeconomico di crescita. Si tratta da fare le cose bene, non condivido l’atteggiamento di chi per paura di fare male preferisce non fare. Viviamo in un’epoca di sviluppo tecnologico vertiginoso, l’impegno di chi lavora nell’ambito delle immagini, e ci metto dentro anche la politica perché produce per sua natura anche visioni, vorrei che si concentrasse anche sul progresso di quello che generalmente si chiama umanesimo».
Quindi?
«L’uomo vuole crescere, è scritto nel nostro software, si tratta di aggiornare sempre il software ai tempi nuovi. La cosiddetta decrescita felice è una cazzata come progetto politico per un Paese, diciamocelo. L’obiettivo è una crescita più giusta».
Di che colore è il mare? Azzurro, verde, trasparente, purpureo scriveva Omero?
«Il mare è di tutti i colori, è come la mente di Ulisse, suo specchio. Piero Citati ha scritto un libro su Ulisse intitolato La mente colorata, una delle definizioni più belle non solo per l’uomo, ma per quasi tutto ciò a cui aspirare. Il mare è la mente colorata assoluta».
E ti piace più d’estate o d’inverno?
«D’estate. Soprattutto appena dopo la primavera, e prima che cominci l’autunno».
Ma è vero che vorresti Alessandro Baricco ministro della Cultura?
«All’Istruzione piuttosto: è un uomo colto che tenta una lettura audace e poliedrica del nostro tempo. E poi è appassionato di mappe, e agli appassionati di mappe vanno dati ruoli importanti, e qui cui vorrebbe l’emoji che sorride, ma sui giornali non usate gli emoji, peccato, dovreste iniziare a farlo».
Parliamo di Venezia sommersa dalle maree e del Mose fermo al palo?
«Non ho la minima competenza sulla questione Mose, davvero, perché sprecare parole? Dai queste righe a chi ne sa qualcosa...»
Ci penserò, però piazza San Marco ridotta a palude qualcosa ti smuoverà…
«Venezia è una delle meraviglie dell’umanità, io so solo questo, ed è in Italia, quindi l’Italia deve fare tutto quello che può per salvaguardare una cosa che ha a che fare con il nostro futuro ancora più che con il nostro passato. E che è un patrimonio di tutta l’umanità».
Un tempo cantavi di un prete di periferia che va avanti nonostante il Vaticano. Cambiato qualcosa con Papa Francesco?
«Quel prete è diventato Papa, in un certo senso, e io sono contento. Per il mondo Francesco è una buona notizia. Lo è stata dal primo momento che si è affacciato a quel terrazzo su piazza San Pietro, una piazza che è stato il mio playground, non scherzo mica: il mio babbo lavorava in Vaticano, io da quella terrazza mi ci sono affacciato un sacco di volte da bambino, per davvero».
Torniamo al mare che hai girato con il Jova Beach Tour: sei per l’Adriatico con l’acqua alle caviglie o per il Tirreno profondo a due passi dalla riva…
«Devo scegliere per forza?»
Sì…
«Invece non scelgo, il bello dell’Italia è che li abbiamo tutti e due, da una parte vedi l’alba e dall’altra il tramonto, è bella l’Italia, l’unico Paese che è a forma di qualcosa. Oltre all’Africa che è a forma di cuore».
Ti fa paura il mare?
«È quel genere di paura che attrae più che respingere».
Volevo chiederti ancora degli ambientalisti, con cui hai avuto qualche attrito. Come spieghi che in Italia non esista un vero partito verde? In Germania hanno preso il 20,8%…
«Io non ho avuto attriti, credimi, sono loro ad averne tra di loro casomai. Dovrebbero parlarsi, invece è un mondo diviso, dove molti, troppi stanno lì soprattutto a cercare di affermare il proprio brand. Spesso l’ambiente è solo una scusa e questo addolora, perché il Jova Beach Tour nasce anche per essere un cavallo di troia con cui portare certi temi alla luce, approfittando della festa».
Ovvero?
«Oggi ci riempiamo la bocca di parole vuote tipo impatto zero senza sapere di cosa parliamo, perdendo di vista l’obiettivo che è quello di accogliere una nuova cultura ecologica un passo alla volta, di darle spazio senza infondere sensi di colpa controproducenti. L’ecologia non è un’ideologia, è una scienza. L’uomo non è separato dalla natura, l’uomo è natura».
Quali sono le canzoni a cui sei più affezionato?
«Soprattutto quelle che sono entrate nelle vite degli altri, il massimo per me, sapere che nelle mie canzoni ci abitano le persone».
C’è anche Affermativo: non si può vivere in un mondo chiuso… Un messaggio ai sovranisti stile Salvini e Meloni?
«Un messaggio alle persone. Sempre e solo alle persone, io non mando lettere con indirizzi specifici e se lo faccio lo dichiaro. La democrazia ha tante voci che parlano con cui non sono d’accordo in niente, ma finché è democrazia le idee si affrontano a colpi di idee».
Pensi ancora positivo 25 anni dopo?
«Molto più di 25 anni fa».