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 2019  dicembre 16 Lunedì calendario

Per la prima volta in 30 anni gli Usa hanno cacciato due diplomatici cinesi. Si sono intrufolati in una base militare in Virginia

Due diplomatici cinesi cacciati dagli Stati Uniti: è la prima volta in trent’anni. Certo, i due funzionari dell’ambasciata cinese a Washington l’hanno fatta grossa. Penetrati in auto – insieme alle rispettive mogli – in una base militare in Virginia molto particolare. Quella che ospita le forze per le Operazioni Speciali. Fermati dall’imprevisto blocco di un’autopompa dei pompieri, i quattro hanno sostenuto di essersi persi e di non aver capito i divieti all’ingresso della base a causa del loro scarso inglese. Ma nessuno ci ha creduto: secondo indiscrezioni, volevano valutare il livello di sicurezza della base e, accusati di spionaggio, sono stati espulsi insieme alle loro famiglie. Se fossero riusciti a penetrare senza problemi, l’ambasciata cinese avrebbe probabilmente inviato un agente dell’intelligence di più alto grado.
Di sicuro la cacciata per un episodio che, secondo il New York Times, sarebbe avvenuto a settembre, arriva in un momento particolarissimo dei rapporti fra Washington e Pechino, impegnate in una guerra commerciale e di influenza geopolitica che il vicepresidente Mike Pence non ha esitato a definire, un anno fa, «nuova guerra fredda». Ennesima escalation di una tensione «extra- commerciale» che riguarda le due superpotenze ma anche i loro alleati, nonostante la tregua che ha ridotto un po’ i dazi. Ma sembra davvero essere precaria.
Pechino non l’ha presa bene. Si è lamentata delle espulsioni, definendole «vendetta» per la campagna contro la diplomatica americana Julie Eadeh, accusata di essere la coordinatrice segreta delle proteste di Hong Kong. La tensione è alta anche per altri motivi. Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei, è agli arresti domiciliari da un anno: e le autorità canadesi non hanno ancora deciso se concederle l’estradizione in America. Intanto, le autorità americane hanno annunciato una stretta sulle attività dei diplomatici cinesi. Obbligandoli a comunicare preventivamente i loro incontri con funzionari locali e statali e perfino visite a scuole o centri di ricerca.