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 2019  dicembre 14 Sabato calendario

La prima porta del Battistero ha ritrovato l’età dell’oro

Dopo un restauro durato tre anni, la prima porta bronzea realizzata per il Battistero di Firenze, e l’ultima restaurata, è tornata in Piazza del Duomo. Non nella posizione originaria, all’ingresso meridionale di San Giovanni, ma nel nuovo Museo dell’Opera, la cui sala più grande ospita tutte e tre le porte: quella arrivata ora, detta Porta Sud, opera di Andrea Pisano (1330-1336); la Porta Nord, di Lorenzo Ghiberti (1403-1424); e la Porta del Paradiso, pure questa del Ghiberti (1425-1452). Tutte e tra le porte sono state restaurate dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
La Porta di Andrea era coperta da spessi strati di prodotti di deposito che unitamente alle alterazioni della lega metallica offuscavano l’intera superficie, nascondendo le dorature presenti sul modellato delle formelle, dei profili e molti particolari decorativi. Inoltre, le alterazioni di colore verde, tipiche dei prodotti di corrosione del rame, erano distribuite su tutta la superficie risultando più evidenti in molti dei fondi delle formelle istoriate. Un ulteriore complicazione era che nel 1966, in occasione dell’alluvione, questa porta fu danneggiata quando l’anta destra si ruppe percorrendo le linee di un’antica cricca di fusione. A tutt’oggi è possibile notare nel battente destro la crepa che attraversa il fondo e che risulta ben visibile nel retro dell’anta.
La storia di questa porta è ben documentata. Nel decimo libro della sua Chronica trecentesca di Firenze, Giovanni Villani informa che: «nel detto anno 1330 si cominciarono a fare le porte di metallo di S. Giovanni molto belle, e di meravigliosa opera e costo; e furono formate in terra e poi pulite, e dorate le figure per un maestro Andrea Pisano, gittate furono di fuoco di fornelle per maestri veneziani». «Le figure» di cui parla il Villani – rilievi istoriati – narrano del Patrono cittadino, Giovanni Battista, riproponendo in bronzo episodi della sua vita già rappresentati nei mosaici duecenteschi all’interno del Battistero. In pratica la Porta di Andrea Pisano si metteva in “competizione” con i mosaici, leggendo gli stessi soggetti in un linguaggio più moderno, quello di Giotto, a cui la tradizione attribuisce il disegno di alcune delle scene.
Moderna soprattutto è l’impaginazione della porta di Andrea, in rapporto a quella del celebre prototipo toscano, la Porta San Ranieri della Primaziale pisana, opera di Bonnano. Ma laddove questi, nel XII secolo, aveva collocato le figure direttamente nei riquadri del telaio, Andrea nel XIV crea in ogni riquadro una cornice quadrilobata in cui disporre le figure. La complessa geometria di questa forma è di derivazione francese, e il rimando all’arte d’Oltralpe fu probabilmente voluto dal committente, l’Arte di Calimala, preoccupata di mettere in evidenza la propria conoscenza dell’elegante stile parigino.
Andrea Pisano non era la prima scelta dell’Arte di Calimala: un documento del 1322 parla del senese Tino di Camaino come disegnatore della porta da realizzare. Ma nel 1323-24 Tino venne chiamato a Napoli al servizio del Re Roberto d’Angiò, dove rimase fino alla morte nel 1337. Come fu scelto allora l’ignoto Andrea? Probabilmente per raccomandazione del maggiore artista del tempo, Giotto di Bondone, con il quale Andrea collaborerà negli anni a seguire per le sculture del Campanile fiorentino. Infatti, dal 1329 fino al 1333 anche Giotto si trovava presso la corte napoletana, ed è possibile che un rinnovato invito a Tino per la porta di San Giovanni, da parte dell’Arte di Calimala, abbia suscitato dal compagno pittore – da Giotto cioè – la proposta alternativa di Andrea Pisano.
Ciò che sappiamo per certo è che Andrea ha preso da Giotto nell’impostazione narrativa, nelle composizioni, nella costruzione delle figure e nei drappeggi. La scena narrante di Salome che porge alla madre la testa mozzata del Battista, ad esempio, riprende l’analogo soggetto negli affreschi di Giotto alla Cappella Peruzzi in Santa Croce, di circa dieci anni prima. In questa e in altre storie risulta inoltre chiaro che Andrea non era al suo agio con la cornice mistilinea voluta dal committente, preferendo i campi visivi quadrati e rettangolari degli affreschi di Giotto; infatti, all’interno della “moderna” forma quadrilobata Andrea spesso inserisce un edificio scenico rettilineo come troviamo in Giotto da Assisi in poi.
Sarà invece nel modo di sfruttare la stessa cornice mistilinea che, settant’anni più tardi, Lorenzo Ghiberti si distinguerà, con mosse coreografie che riempiono lo spazio “pittorico”. Nella Natività di Cristo della sua Porta Nord, ad esempio, il braccio ricurvo su cui Maria, sdraiata, si sorregge, s’inserisce perfettamente nella punta sinistra della losanga, e il corpo inferiore di Giuseppe, seduto per terra, riempie con naturalezza il cerchio sovrapposto alla losanga in basso a destra. E mentre la porta di Andrea inizia il racconto in alto, come Giotto aveva fatto a Padova, e lo sviluppa “a dittico”, prima nella valva a sinistra, poi in quella a destra, la prima porta del Ghiberti racconterà dal basso verso l’alto e in modo continuativo, con tutti e quattro i rilievi in ogni registro disposti in sequenza. Il cambiamento più radicale sarà poi nella Porta del Paradiso, dove al posto dei ventotto quadrilobi istoriati della Porta di Andrea e della prima porta del Ghiberti troviamo dieci grandi “quadri”, in ognuno dei quali interconnessi episodi del racconto biblico invitano a scoprire, oltre l’evento iconico, la trama umana della historia salutis.
Con l’arrivo della Porta di Andrea Pisano, il Museo dell’Opera del Duomo concentra in un’unica vasta sala i maggiori esempi, strettamente collegati tra di loro, di una delle più significative categorie di arte europea, quella appunto della porta di metallo istoriata. Le porte alte cinque metri e con un peso ciascuna di otto tonnellate sono esposte in teche uguali con lo stesso sistema d’illuminazione, permettendo al visitatore di cogliere, in un’esperienza focalizzata e intensa, le somiglianze e differenze che caratterizzano i centocinquant’anni dall’inizio della Porta Sud nel 1330 all’ultimazione della Porta del Paradiso nel 1452 (praticamente da Giotto, morto nel 1337, a Leonardo, nato nel 1452).
L’intero primo Rinascimento su una parete, con le statue di Arnolfo di Cambio, Nanni di Banco e Donatello sulla parete di fronte ricollocate nella ricostruzione in scala 1:1 dell’antica facciata del Duomo. Con le sue centinaia di figure in marmo e bronzo – profeti, santi, Maria e Cristo -, questa sala lunga trenta metri e alta venti può essere paragonata solo alla Cappella Sistina, decorata in buona parte da artisti che ben conoscevano la facciata del Duomo e le porte del Battistero di Firenze, e tra questi Michelangelo, che diede il nome «del Paradiso» alla terza porta di San Giovanni.