Robinson, 14 dicembre 2019
Sull’amicizia tra Fellini e Flaiano
Paolo Mauri«Sto lavorando, con Fellini e Tullio Pinelli, a rispolverare una nostra vecchia idea per un film, quella del giovane provinciale che viene a Roma a fare il giornalista. Fellini vuole adeguarla ai tempi che corrono, dare un ritratto di questa “società del caffè” che folleggia tra l’erotismo, l’alienazione, la noia e l’improvviso benessere… Il film avrà per titolo La dolce vita e non ne abbiamo scritto ancora una riga». Ennio Flaiano, che sa tutto della noia, scrive queste righe, datate giugno 1958, all’inizio della Solitudine del satiro una raccolta di scritti sparsi la cui prima sezione si intitola Fogli di via Veneto. Uscì nel 1973, quando l’autore, che l’aveva in gran parte preparata, era morto da un anno.Flaiano e Fellini si conoscevano e collaboravano da diversi anni. Flaiano aveva vinto nel 1947 la prima edizione del premio Strega con Tempo di uccidere, che sarebbe rimasto il suo unico romanzo. Era venuto a Roma da Pescara fin da ragazzo e per studiare era stato messo in collegio, così come Fellini, di dieci anni più giovane, era venuto a Roma da Rimini e faceva il caricaturista al Marc’Aurelio. Nel ’49 Flaiano era stato assunto al Mondo di Pannunzio, ma questo non gli impediva di lavorare per il cinema e un anno dopo troviamo tutti e due al seguito di Lattuada per Luci del varietà. Gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta sono gli anni della grande sintonia, sembra proprio che pensino le stesse cose. Troviamo la firma di Flaiano già all’epoca dello Sceicco bianco che è del ’52, dove c’è anche Antonioni, coautore del soggetto. Poi arrivano I vitelloni che è del ’ 53 e La strada del ’54. Quando Flaiano scrive Un marziano a Roma, portato sulle scene da Gassman con grande insuccesso, da cui la battuta: l’insuccesso mi ha dato alla testa, non manca di dedicare una scena a Fellini. «Verso le sette ho incontrato, sconvolto dall’emozione, il mio amico Fellini» che aveva appena assistito all’atterraggio dell’astronave. Il marziano era atterrato a Villa Borghese, cioè a pochi passi da via Veneto. Tutto si mescola, dunque: via Veneto, che a Flaiano pare una spiaggia con tutti quegli ombrelloni davanti ai caffè, verrà ricostruita a Cinecittà per girare La dolce vita. Film travagliato; ad un certo punto il produttore, sentiti i suoi consulenti, non lo vuole più fare. Nei Fogli di via Veneto alla data novembre ’ 58, Flaiano racconta d’essere stato fermato proprio in quella via da un vigile mentre era in macchina con Fellini. «Avevamo attraversato col rosso, contravvenzione, tremila lire. “Non ho un soldo”, ha detto Fellini, “ma posso farle un assegno”. Sembra già la gag di un film e prosegue con Fellini che ha l’impudenza di chiedere un prestito alla guardia per pagare la multa, promettendo di restituirlo l’indomani. «Sembra dunque accertato che il suo film non si farà, eppure Fellini non si stanca di pensarci… vuol dare il ritratto di una Roma irreale, ricostruire tutto o concedere quel poco che è già irreale per se stesso: Fontana di Trevi, San Pietro, la campagna romana». Poi invece il film si fa. Al Fiamma di Roma viene applaudito, ma al Capitol di Milano il pubblico lo contesta. (Approfitto per alcune notizie del bel saggio di Gino Ruozzi su Flaiano, edito da Carocci). Il successo comunque arriva presto: è un film che fa epoca. Forse da qui comincia in Flaiano un certo malumore: il film è, per tutti, di Fellini: Pier Paolo Pasolini lo recensisce e dice chiaro e tondo che in esso si riconosce lo stile di Fellini che ne è l’autore e non solo il regista. E sottolinea come nessun altro abbia dato la sua impronta, né gli attori, né gli sceneggiatori. Ce n’è abbastanza per riflettere sul mestiere di sceneggiatore e Flaiano se ne esce con una battuta, com’era nel suo stile: «Lo sceneggiatore è un tale che attacca il padrone dove vuole l’asino».L’amicizia tra Fellini e Flaiano si interruppe nel ’64. Vale a dire dopo 8 1/ 2. In una intervista in tv Fellini non aveva mai nominato lo scrittore e neanche gli altri sceneggiatori. Sergio Saviane, sull’Espresso, lo aveva notato. Flaiano aveva scritto a Fellini: «Saviane ha detto soltanto la cosa giusta, che cioè la nostra collaborazione è finita … Ciao, caro Fellini. Le amicizie frivole finiscono per una frivolezza». Fellini gli replicò che non aveva dubbi sulla frivolezza dell’amico «ma che vuoi farci, sei proprio fatto così e anche la lettera che mi hai scritto è frivola». Si è molto spettegolato anche sullo sgarbo che Flaiano non avrebbe mandato giù, quando la produzione di 8 1/ 2 per l’Oscar mise in prima classe regista e produttore, mentre Flaiano insieme ad altri si era ritrovato in classe turistica. Poi nel ’69, Flaiano rivide La dolce vita e scrisse subito a Fellini: «Sono caduto nel film come se non l’avessi mai visto prima». Fellini rispose e i due ripresero a vedersi in nome «della vecchia amicizia che ci disunisce». Poi Flaiano ebbe un infarto e se ne andò il 20 novembre del ’72.