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 2019  dicembre 15 Domenica calendario

OK LA BREXIT MA BUSINESS IS BUSINESS - L’AD DI “LONDON STOCK EXCHANGE GROUP”, DAVID SCHWIMMER, HA RASSICURATO I DIPENDENTI CHE LAVORANO A PIAZZA AFFARI: “CI TENIAMO BORSA ITALIANA” - MA CON L’USCITA DALL’UE LA SOCIETÀ DIVENTA EXTRA-EUROPEA E IL GOVERNO POTREBBE RICORRERE AL GOLDEN POWER, OSSIA FAR VALERE L'INTERVENTO PUBBLICO IN SOCIETÀ STRATEGICAMENTE RILEVANTI PER TUTELARE L'INTERESSE NAZIONALE - GLI ASSETTI POTREBBERO VARIARE NEL CASO IN CUI SI CONCRETIZZASSE IL VECCHIO PROGETTO DI UNA BORSA EUROPEA… -

Gli affari sono affari e la Brexit non li sconvolgerà più di tanto. Soprattutto se sono particolarmente redditizi. È il caso della Borsa Italiana spa, che a dispetto del nome, dal 2007 è di proprietà degli inglesi del London Stock Exchange Group (Lseg), sesta borsa mondiale. Ebbene ieri l'ad di Lseg, David Schwimmer, ha rassicurato con una lettera i dipendenti che lavorano a Piazza Affari: «Indipendentemente dall'esito dei negoziati sull'uscita del Regno Unito dalla Ue, l'impegno del Gruppo nei confronti della nostra attività, dei clienti e dei colleghi in Europa non cambia».

Insomma, Piazza Affari non è in vendita. D'altronde, stando a un rapporto di Mediobanca a tutto il 2018, da quando è stata acquisita Borsa Italiana spa ha contribuito per ben il 56% ai ricavi di Lseg.

Certo, l'uscita dal Regno Unito dall'Europa, potrebbe comportare problemi «burocratici» per le società inglesi che vogliono continuare a operare in Europa, e quindi anche in Italia. E non manca chi ritiene che, diventando extra-europea, per Piazza Affari il governo potrebbe ricorrere al Golden Power, ossia far valere l'intervento pubblico in società strategicamente rilevanti per tutelare l'interesse nazionale.

Ma fino a quando non ci saranno, nero su bianco, gli accordi per il divorzio di Londra da Bruxelles, il discorso è prematuro. Nel frattempo la Consob già mesi fa ha pubblicato una ricerca in cui non vedeva alcun rischio per Borsa Italiana spa in caso di Brexit. Gli assetti attuali potrebbero variare solo nel caso in cui l'Unione Europea dovesse pensare di concretizzare il vecchio progetto di una Borsa Europea.

Ovviamente Milano non potrebbe restarne fuori e, quindi, l'Italia potrebbe far valere su Piazza Affari l'interesse nazionale. Ma, come detto, sono scenari tutti da verificare. Al momento c'è sicuramente un monitoraggio della situazione da parte del Ministero dell'Economia, ma non risultano esserci dossier aperti sui tavoli. Anche se indiscrezioni di stampa hanno parlato di interesse da parte di Sia, storico partner tecnologico del Lse sia per Mts (titoli di stato) sia per Montetitoli (regolazione degli scambi), con 51,7 miliardi di transazioni finanziarie transitate nelle sue piattaforme nel 2018. Controllata all'83% da Cassa depositi e prestiti, Sia è già impegnata in una possibile integrazione con Nexi.

I TITOLI DI STATO Nella lettera ai dipendenti, inoltre, Schwimmer ha ricordato che il gruppo ha «investito ulteriormente in Italia trasferendo due Mtf», il mercato all'ingrosso dei titoli di Stato. In primis la piattaforma Mts Cash per il mercato obbligazionario, spostata proprio per garantire la prosecuzione degli scambi transfrontalieri anche in caso di Brexit senza accordo. I titoli di stato italiani, dopo quelli americani e giapponesi, sono i più liquidi e più trattati nel mondo e quindi generano ad ogni movimento una lucrosa commissione a favore di Lse.

Lo scorso anno Borsa Italiana ha aiutato le compagnie quotate a Piazza Affari ad aumentare di 2 miliardi il relativo valore di mercato. La capitalizzazione delle compagnie listate su Borsa Italiana nel 2018 ammontava a 542 miliardi di euro, circa un terzo del Pil italiano.