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 2019  dicembre 15 Domenica calendario

Cronaca della grande festa della sardine a Roma


La folla senza capi, la piazza del buonsenso e del buon cuore è arrivata a Roma, come canta Venditti, «malgrado voi». E poiché i numeri risentono della passione di chi li calcola, è molto onesto limitarsi a dire che qui c’è la grazia di Dio, c’è il banco delle sardine come dovizia traboccante: «Mamme e papà, bambini e bambine / oggi siamo tutti piccole sardine». Una signora precisa che «sardina vecchina fa buon… brodino». Perché è venuta? «Perché mi sento orfana».
Più avanti, una giovane sardina affronta la seguente domanda: «Faccia tre nomi di politici che le piacciono». Ci pensa, esita, poi si decide: «Beh, Zingaretti». E subito dopo: «Anzi no».
E intanto Mattia Santori è assediato dagli stessi cronisti e fotografi che assediarono Di Maio e che a Roma assediano chiunque, da quando Fellini nella “Dolce Vita” ne plasmò l’antropologia inventando la parola “paparazzi": clic, flash, e domande a raffica. Cosa legge? Farete un partito? Come cambierebbe il decreto sicurezza? Si sente un leader? Di lato c’è la chiesa paleocristiana che è chiamata “arcibasilica” perché, dopo San Pietro, è la più importante di Roma. E, come il vescovo si gonfia in arcivescovo, la basilica si gonfia in arcibasilica; e anche la sardina diventa arcisardina.
Non sono neppure le 15 e la piazza è riempita ancora a metà quando tre ragazzi prendono di peso il più robusto, Angelo, che studia Economia alla Bocconi e lo tirano su come un trofeo dondolandolo al ritmo della canzone di Mannarino che l’altoparlante sta intanto diffondendo, e trovo che sia appropriata alla sardine: “Me so ‘mbriacato de ‘na donna / Quanto è bbono l’odore della gonna./ Quanto è bbono l’odore der mare / Ce vado de notte a cerca’ le parole”. Qui la folla leggera si fa sardina romantica.
E ora tocca a Fratelli d’Italia e subito dopo a Bella ciao. E allora proviamo con tre sardine scatenate a cantare Bella ciao con la musica di Fratelli d’Italia e viceversa, ma ne viene fuori un pandemonio da identità cangiante, da confusione. «Siamo sardine perché amiamo quest’ Italia: “Bella ciao” è il nostro pane di casa e “Fratelli d’Italia” è il nostro Paese cartolina». Liliana, la più timida e la più intimidente, aggiunge: «Ma siamo sardine anche contro la mortificazione delle donne». Riconosco i ragazzi dell’Arci gay che – mi dicono – hanno scelto di farsi sardine contro l’asfissia e la violenza del terribile mondo arcaico del sovranismo. E poi ci sono le sardine nere contro le caverne ideologiche del razzismo….
Ecco: nella mental map della nuova generazione, alla quale sono state tolte tutte le utopie, la sardina di piazza San Giovanni, dopo la morte giovedì scorso della sinistra radicale in Inghilterra, è forse la nuova sinistra d’Europa. È l’ultima possibile risposta al populismo tentata dal laboratorio Italia che sino a un mese fa era certa di perdere in Emilia Romagna quel che Corbyn ha ora perduto nel North East e nei Midlands, Ferrara come Blyth Valley, Bologna come Wrexham nel Galles del Nord che era labour sin dal 1935. «Quale che sia il risultato delle elezioni del 27 gennaio in Emilia Romagna – mi dice Andrea Garuffi, uno dei quattro fondatori, cauto e al tempo stesso coraggioso – noi ci abbiamo provato a liberare una nuova energia. E infatti da domani le sardine torneranno a lavorare nei loro rispettivi territori, anche se è vero che l’appuntamento del 27 gennaio a Bologna è importante per tutti gli italiani».
Ecco perché centomila, che a Bologna era il numero-chimera, a Roma è l’unità di misura della speranza, non un traguardo raggiunto aritmeticamente, ma la definizione filosofica della nuova abbondanza, la forza record del ventaglio che ho visto aprirsi e chiudersi a sfera, che è la forma geometrica del banco delle sardine, ma anche della piazza e in generale della civiltà occidentale oggi in pericolo (il libro di riferimento è “Sfere” di Peter Sloterdijk. Cortina editore). Dice Liliana: «La sinistra che stava sparendo dalle vetrinette della politica ci viene restituita sotto forma di un povero, piccolo pesce che ci fa sorridere e sognare: riprendiamoci la bellezza della sinistra».
«Siamo in centomila», dicono gli organizzatori. In perfetta sintonia, «abbiamo ripreso la piazza San Giovanni che era finita alla destra», grida Mattia Santori al microfono mentre il flusso si fa irresistibile, e San Giovanni si gonfia di sardine che fischiettavano già “Bella Ciao” nel labirinto dei budelli della disgraziatissima metropolitana romana dove tutti ci si infila con la diffidenza vigile ma acquattata di chi si infila in un pericoloso sottomarino. La metro libera in piazza un centinaio di studenti universitari di Roma 3 con i cartelli “la nostra lisca è la costituzione”, “meglio sottolio che sottodio”. Antonio, master in Geografia, nota che in piazza «insieme a tanti ragazzi che, ottimisti e divertiti, si pigiano l’uno sull’altro disarmati e disarmanti, ci sono molti vecchi…» E vabbè che non portano bandiere arrotolate, ma riconosco gli ingegneri delle rifondazioni marxiste, i cani sciolti, i Che Guevara che manifestano da tutta la vita. «Forse per questo sento – dice ancora Antonio – che la passione è come trattenuta; non è una piazza d’entusiasmo, si percepisce una nostalgia repressa di concertone e di Primo Maggio».
Tutti sanno, per tornare a Venditti, che da Bologna “partirono in quattro ed erano abbastanza” e poi a Sasso Marconi “incontrammo una ragazza /che viveva sdraiata sull’orlo d’una piazza”. Nella canzone – “Bomba su bomba: arriveremo a Roma” – ci sono ancora Roncobilaccio e Firenze. Le sardine invece ancora l’altro ieri erano a Bolzano. E prima di Roma hanno invaso oltre cento città perché sempre la periferia si muove verso il centro e «la rivoluzione si ingrossa a piccoli passi», diceva Mao.
È però una superbia e anche una dannazione misurasi con Roma che è il fondale di tutte le politiche, la piazza delle piazze, la capitale che ha sempre romanizzato tutto, persino il pitale d’Annunzio e, nella storia recente, la marmaglia del dito medio, il cerchio di fuoco del giustizialismo di Di Pietro e gli squinternati del vaffa, i bauscia milanesi di Berlusconi, la Genova futurista e smodata di Grillo e la furia fiorentina di Renzi.
Avevo visto le sardine nelle piazze dell’Emilia Romagna. Roma ha meno leggerezza e più ritualità, e si sa quanto sono subdole le cerimonie, si sa che sempre desantificano le feste. Così nessuno, ateo o credente che sia, arrivando il 25 dicembre, pensa di celebrare la nascita dell’Occidente; e l’evento che ha cambiato il mondo è solo il pretesto di ritualità stanche – l’albero, i regali – e di allegrie ripetitive. Insomma la cerimonia è un’insidia per tutti. E dunque anche le sardine potrebbero diventare un panettone politico, propaganda e spot per il furbo di turno. Ma Andrea Garreffa dice che a Roma le sardine si sono dimostrate meno ingenue di quel che si crede e che la piazza San Giovanni non ha corso questo pericolo.
E però Silvio, un ragazzo appassionato che mi era già capitato di intervistare perché lavora in quel bel giornale che si chiama “Scomodo” sostiene che le sardine «sono i nipotini di sinistra di nonno Giannini, l’uomo qualunque». Poi recupera così: «Però, il peggio di una sardina vanitosa è sempre meglio del meglio di tutti gli altri, Renzi e Zingaretti compresi».
Le sardine vanitose sono come la galline pensierose di Luigi Malerba (Quodlibet)? Malerba non parlava della gallina intelligente di Cochi e Renato, ma della gallina confusa e stordita dal mondo troppo grande che era costretta a combattere. Non vanità quindi ma inanità? Alle 19 le sardine pensierose lasciano piazza San Giovanni come si esce da un’ incisione di Piranesi perché la Chiesa più importante di Roma è ovviamente rimasta lì per tutto il tempo, ma come di sghincio, anche mentre l’altoparlante diceva «si è persa Flavia, una bimba di otto anni, e la sua mamma l’aspetta qui, sotto il palco». Ma più le sardine lasciavano la piazza e più la Chiesa tornava a dominare questo strano, irregolare spazio urbano in leggera pendenza che, di nuovo, è l’universo laico dell’adunata di sinistra, con l’obelisco egiziano, le mura, la fuga verso Roma Sud e…: «La piccola Flavia è stata ritrovata. Anche questa è la forza delle sardine».