la Repubblica, 15 dicembre 2019
Intervista a Gérard Depardieu
Come sempre con l’avvicinarsi del Natale Gérard Depardieu si chiude in se stesso, si rifugia nella lettura, nei viaggi. Cerca una via di fuga. Il 27 dicembre è il suo compleanno.
«Vivo le festività con distacco, posso sopportarle allontanandomene – dice al telefono da Parigi, di ritorno dall’Uzbekistan dove ha realizzato un documentario sui siti di interesse storico e religioso a Tashkent e Samarcanda – sono di nuovo in partenza, andrò in Arabia Saudita, poi mi piacerebbe costeggiare in barca la Turchia».
Prima, però, potrebbe salire a sorpresa sul palco de La Cigale a Parigi, dove domani e martedì si esibirà il compagno della figlia Julie, il cantante Philippe Katerine.
Nel suo nuovo album Confessions, stralunato mix di synth-pop, rap e jazz, Depardieu canta in Blond, un brano che «mette in luce la pericolosità delle discriminazioni per il colore della pelle, del razzismo, dell’ipocrisia della società» spiega l’attore.
Perché ha accettato di cantare in questo disco?
«Voglio bene a Philippe, è una persona dolce e gentile nell’animo, un artista totale che non ha mai smesso di credere in quello che fa e non ha mai accettato compromessi. Un artista puro, geniale, fuori dagli schemi, il suo stile cambia ed evolve continuamente. Ho grande rispetto del suo lavoro e quando mi ha proposto di partecipare al nuovo album gli ho detto subito di sì. Mi fa piacere che anche Léa Seydoux sia in questo disco con la sua bella voce in Rêve heureux».
Nel videoclip di “Blond” come nella traccia del disco cantano anche i suoi due nipotini.
«Sì, c’è un finale stupendo e un po’ matto, dove si ribellano al padre che vuole spegnere la tv. Urlano “la télé, la télé, la télé”. Billy e Alfred sono due bambini meravigliosi, crescono in una famiglia di artisti e questo si riflette sui loro comportamenti. Hanno uno spiccato senso artistico. Billy ha otto anni, Alfred sette. Mi ricordano molto com’ero io da piccolo».
Nella sua carriera oltre alla recitazione si è dedicato a progetti musicali al fianco di Barbara o Serge Gainsbourg per esempio. È tornato a questa vecchia passione con la tournée “Depardieu chante Barbara”.
Cantare le piace di più che recitare?
«Mi annoia parlare di cinema, farlo invece mi piace sempre. Amo la musica, forma d’arte meravigliosa, linguaggio universale, ma dipende pur sempre da che cosa canto. Le canzoni di Barbara sono poesie.
Fiori rari. È un privilegio poterle cantare in suo ricordo. Farò altri due concerti a Parigi in primavera con il pianista Gérard Daguerre al Théâtre des Champs-Elysées».
In Italia è da poco uscito il suo nuovo film “Qualcosa di meraviglioso”, per la regia di Pierre-François Martin-Laval, storia vera di riscatto e integrazione in Francia di una famiglia di immigrati.
«È un piccolo, prezioso film. Parla al cuore della nostra società, attraversata da migrazioni e da culture che si intrecciano. Fahim è un bambino del Bangladesh, arriva a Parigi con suo padre, non viene riconosciuto loro lo status di rifugiati. Sono dunque clandestini senza permesso di soggiorno né un posto dove stare. Io interpreto Sylvain, un maestro di scacchi che incontra Fahim e scopre che è un fenomeno come giocatore.
Diventerà campione nazionale e cambierà le sorti della famiglia».
Anche lei si considera un cittadino del mondo.
«Devo viaggiare per sentirmi vivo. E leggere tanto. Continuo ad amare le parole di Sant’Agostino. Tornerò prossimamente a recitare Le confessioni in un nuovo allestimento di Jean-Paul Scarpitta».