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 2019  dicembre 15 Domenica calendario

Biografia di Dominic Cummings, consigliere supremo di Boris Johnson

Dominic Cummings, genio ribelle. Ma anche “Rasputin” di Boris Johnson, Bannon dell’euroscetticismo britannico, anticristo, sociopatico, pazzo, messia, “psicopatico in cerca di fama” (copyright David Cameron), oppure eroe, stando ai lettori del suo folle blog, dove intreccia Sun Tzu, filosofia russa, robotica, Orson Wells e Bismarck.
Dominic Cummings, alias Benedict Cumberbatch nel recente film a lui dedicato Brexit, the Uncivil War, è forse tutte queste cose. Di sicuro è il custode della fortuna politica di Boris Johnson, del quale è il consigliere supremo dopo esser stato a capo della propaganda per la Brexit nel 2016. Già, perché Cummings ha scolpito i due slogan che hanno segnato il destino del Regno Unito: Take Back Control (Riprendere il controllo) nel referendum sull’Ue e Get Brexit Done (Completiamo la Brexit) alle ultime elezioni che hanno sancito, oramai irreversibilmente, l’uscita dall’Ue. Due motti geniali: perché il primo rielabora lo zeitgeist contemporaneo mondiale, ossia riprendere il controllo di confini, leggi, flussi migratori e commerciali, globalizzazione. Di qui l’ascesa mondiale di entità in grado di “riportare il controllo”, come Trump, i populisti europei o la stessa Brexit. Le tre paroline magiche dell’ultimo slogan invece hanno conquistato sia i brexiter affamati sia gli europeisti esasperati dallo stallo politico.
Dominic Cummings, 48 anni, sposato con la vicedirettrice della rivista Spectator Mary Wakefield, è estremamente schivo. E quando appare tra Downing Street e Westminster, si fa notare perché è l’unico che non veste giacca e cravatta, bensì camicie sdrucite, t-shirt sciatte o felpe con cappuccio. Pare un disadattato, difatti l’establishment conservatore lo odia. In realtà è un sopraffino stratega politico che ha vinto quasi da solo il referendum 2016 con una propaganda impeccabile, che ha accalappiato i delusi e i “dimenticati” anche grazie alle bufale (sua l’idea del bus con i 350 milioni a settimana in più alla sanità dopo Brexit) o sfruttando i dati personali degli elettori su Facebook. «Anche stavolta voi europeisti istruiti non avete capito l’umore del Paese», ghignava ieri.Pure Cummings è istruito, negli anni Novanta si laurea a Oxford in Storia antica e moderna, sin da bambino ha una passione per la Russia fiorita coi Fratelli Karamazov e in gioventù a Mosca lancia una compagnia aerea che realizza un solo volo, con un solo passeggero. Poi inizia a fare consulenze per il brexiter Michael Gove e pian piano il suo genio diventa una risorsa indispensabile ai conservatori, che pure lui disprezza: «Se ne fregano della sanità e dei poveri», sbottò qualche anno fa.Capelli radi, viso delicato e sguardo pazzoide tra Dorian Gray e Hannibal Lecter, detesta la «decadente, burocratica, finanziaria Unione Europea», per lui destinata a fallire come capitolò la Cina post-rinascimentale per i troppi regolamenti. Il suo mondo ideale è fondato su meritocrazia, scienza, nanotecnologia, algoritmi, futurismo e giovani prodigi al potere selezionati in base al quoziente intellettivo. Un’élite illuminata per poter trasformare il Regno Unito in una sorta di «tecno-polis meritocratica», come ha scritto l’Economist, all’avanguardia nell’istruzione e nella scienza: «Una visione del mondo nietzschiana, una lotta erculea tra sapienza e mediocrità». Sarà mica questo il Regno Unito di Boris Johnson dopo la Brexit?