La Stampa, 15 dicembre 2019
I tre livelli dell’iniziativa di Salvini
La mossa fatta ieri da Salvini è interessante e potenzialmente gravida di conseguenze. «Stiamo vivendo un momento drammatico in cui dovremmo fermarci e smettere di fare polemica», ha detto al No Tax Day di Milano e poi postato su Facebook. «Se vogliamo salvare l’Italia sediamoci a un tavolo, scegliamo alcuni interventi urgenti comuni e ridisegniamo le regole, altrimenti il Paese rischia di affondare». L’appello, inatteso e impegnativo, si presta a tre diversi livelli di lettura.
Il più semplice e superficiale è quello della comunicazione. Ieri è stata la giornata delle sardine, e il leader leghista doveva rubare loro un pezzetto di scena. Più a fondo, e con un grado superiore di complessità, troviamo il livello tattico. Il governo Conte è molto fragile, ma è pure tenuto insieme da due potenti spinte centripete: il desiderio dei parlamentari di prolungare la legislatura, e lo stesso Salvini in versione spauracchio populista. Potrebbe collassare presto, ma pure sopravvivere per mesi. Le sardine inoltre, per quanto siano un fenomeno allo stato nascente, emotivo e prepolitico, un effetto politico lo hanno avuto: stanno riaccendendo un po’ d’entusiasmo a sinistra. In queste condizioni non è facile per l’opposizione tenere alta la tensione, alimentando l’attesa d’una spallata definitiva che però, di occasione in occasione, viene sempre rinviata. Lanciare l’idea d’una grande alleanza emergenziale può servire allora a smuovere le acque, riprendere l’iniziativa, alimentare le contraddizioni nel campo avverso.
Poiché la politica italiana scende di rado al di sotto della tattica – anzi, in genere si ferma alla comunicazione –, non sappiamo se l’intervento di Salvini toccherà davvero il livello più profondo, quello strategico. Vedremo nei prossimi giorni se darà seguito alla propria iniziativa, e come reagiranno gli altri attori politici. Se fossimo in presenza di un disegno strategico, a ogni modo, la sua rilevanza sarebbe tanto politica quanto istituzionale.
Il referendum di tre anni fa ha lasciato la costituzione in un limbo: ne conosciamo limiti e difetti, ma non abbiamo la forza di cambiarla. Il taglio dei parlamentari andrebbe inserito in un disegno riformatore più ampio. E nel frattempo monta la spinta per un sistema elettorale proporzionale che, nelle attuali condizioni di fluidità e frammentazione politica, e stante l’elevata propensione al trasformismo, sarebbe dannosissimo per le nostre istituzioni rappresentative. Lo spauracchio populista fornisce a quest’ipotesi disastrosa di riforma elettorale una fragile ragione politica: la proporzionale dovrebbe impedire al leader leghista, che si presume sia pericoloso alla democrazia e all’Europa, di conquistare la maggioranza. Si riproduce così una dinamica classica della nostra storia politica: la costruzione d’un nemico, su fondamenta più o meno solide, contro cui agglutinare un’alleanza instabile e rissosa, inetta al governo del Paese ma legittimata dall’emergenza democratica. Anche le sardine, fra l’altro, rappresentano l’ennesima reincarnazione di quest’antica e discutibile tradizione nazionale.
Salvini, com’è ovvio, ha tutto l’interesse a sciogliere il doppio nodo, politico e istituzionale. E non è impossibile che trovi un interlocutore in Renzi, l’unico altro leader che sia capace d’iniziativa strategica. Più in generale, sarebbe una notizia positiva se, una volta tanto, la nostra vita pubblica riuscisse a scendere dai due piani superiori, comunicazione e tattica, al terreno strategico.