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 2019  dicembre 14 Sabato calendario

Val d’Aosta, indagato il presidente: voto di scambio con la ’ndrangheta


AOSTA Il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, è indagato per scambio elettorale politico mafioso. L’estate scorsa ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino nell’ambito di un’inchiesta sul condizionamento delle elezioni regionali del 2018 da parte della ’ndrangheta. È stato anche convocato dai pm per un interrogatorio a settembre ma ha preferito non presentarsi. Avvisi di garanzia sono stati consegnati anche agli assessori regionali Laurent Viérin e Stefano Borrello, e al consigliere regionale Luca Bianchi.
È probabile inoltre che ci siano altri indagati nell’ambito dell’indagine, ribattezzata «Egomnia» per indicare «quelli che vogliono controllare tutto e tutti», come faceva il sodalizio mafioso insidiatosi ai piedi del Monte Bianco. Dagli accertamenti dei carabinieri emerge che la «locale» di Aosta, guidata dai fratelli Marco e Roberto Di Donato, ha sostenuto alcuni candidati autonomisti con un duplice obiettivo: «Godere di un debito di riconoscenza» da parte degli eletti e «avere un maggior numero di consiglieri fedeli nel consesso regionale». Per farlo ha stretto rapporti con personaggi di primo piano della politica valdostana.
Le indagini hanno documentato vari incontri tra i candidati e i boss. Il presidente Fosson, che per i carabinieri era «influenzato» da un anziano pensionato calabrese vicino alla ’ndrangheta («gli dettava la linea politica»), si è intrattenuto con uno degli esponenti di spicco del clan «per parlare di elezioni».
I contatti
I politici e gli incontri con i boss mafiosi
«Le elezioni del 2018 sono state falsate»
Viérin, che all’epoca era presidente della Regione (con funzioni di prefetto) è stato visto e fotografato mentre entrava a casa di un altro dei capi del sodalizio. Inoltre «occorre evidenziare che sono tre gli ex presidenti della Regione – scrivono i carabinieri in una annotazione – che nel corso della campagna elettorale si incontrano o cercano di incontrare proprio i fratelli Di Donato», circostanza che viene definita «quantomeno allarmante». Un sostegno elettorale «non a titolo gratuito» ma che era «finalizzato a ottenere posti di lavoro, ovvero agevolazioni in pratiche amministrative sia per gli affiliati che per i soggetti vicini». Con queste premesse la Dda non ha dubbi: «Le elezioni regionali del 2018 sono state condizionate».
Nel mirino del sodalizio è finito Alberto Bertin, consigliere regionale e simbolo della lotta alla criminalità organizzata in Valle d’Aosta: parlando al telefono Antonio Raso, uno dei capi del «locale», lo attacca («Quello combina danni, ha fatto danni e continuerà a fare danni») per poi passare alle minacce («Finché qualcuno non gli fa i “mussi” tanti» ovvero lo picchia in faccia). Oltre all’aspetto giudiziario la vicenda ha risvolti politici. La maggioranza regionale ha aperto la crisi e Fosson è pronto alle dimissioni. A molti non è andata giù la scelta di non dire nulla dell’avviso di garanzia. Già sotto inchiesta, il governatore ha firmato da prefetto le relazioni delle verifiche nei comuni di Aosta e Saint-Pierre sul condizionamento mafioso. Così come la costituzione di parte civile della Regione nel processo Geenna sulle infiltrazioni della ’ndrangheta.