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 2019  dicembre 14 Sabato calendario

Le ultime carte dell’inchiesta su Open


Doppi incarichi per «mascherare» i finanziamenti, airbus affittati per le trasferte all’estero e due cassette di sicurezza che dovranno adesso essere ispezionate dai magistrati. Ci sono nuovi elementi nell’inchiesta sulla Fondazione Open della Procura di Firenze che si concentra sul doppio ruolo avuto dal presidente Alberto Bianchi nella gestione dei fondi elargiti per sostenere la «carriera politica di Matteo Renzi». Materiale ritrovato durante le perquisizioni, ma anche testimonianze. Come quella di Alessandro Bertolini, alto funzionario della British Tobacco che si occupò di gestire i contratti di Bianchi. Il sospetto degli inquirenti è che gli «onorari» del legale fossero in realtà finanziamenti «mascherati» e per questo illeciti. Non a caso nel decreto di perquisizione emesso contro Bianchi si sottolinea che «appare degna di nota la circostanza che nell’anno 2016 la “British American Tobacco” non effettua “contribuzioni volontarie” a favore della Fondazione Open ma riceve una fattura da parte dell’avvocato Bianchi il quale, in base all’accordo, avrebbe ricevuto un compenso di circa 80 mila euro, destinato in parte a Open». Uno schema seguito con il gruppo imprenditoriale Toto e che – questa è l’ipotesi dell’accusa – potrebbe essere stato applicato anche ad altri finanziatori che in cambio ne avrebbero ricevuto vantaggi grazie a emendamenti alle leggi che venivano approvate, ma anche progetti e concessioni portati avanti quando a Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi.
Bertolini viene convocato dalla Guardia di Finanza il 26 novembre scorso. È direttore relazioni esterne e affari legali della British Tobacco. Racconta di aver conosciuto Bianchi nel 2015 «che era già stato coinvolto da un collega nell’analisi di questioni giuridiche rilevanti per l’azienda e relative alla direttiva comunitaria sui prodotti del tabacco e in materia di fiscalità». Specifica di aver partecipato ad almeno quattro riunioni con Bianchi e poi afferma: «Per quanto riguarda i due incarichi dell’avvocato Bianchi, in ragione del mio ruolo in azienda ho fatto presente alla stessa che non avevo budget per l’anno 2015 quindi la formalizzazione del mandato (lettere di incarico con relativa parcellazione) sarebbe stata a valere nell’anno 2016. Dopo il perfezionamento di tali incarichi professionali non ne sono stati affidati di ulteriori all’avvocato. Preciso che le fatturazioni e i pagamenti sono coerenti con l’offerta ricevuta dall’avvocato Bianchi, ma non sono a conoscenza delle motivazioni per le quali ci ha inviato due offerte distinte, una come “Alberto Bianchi e associati studio legale” e un altro come avvocato Bianchi». In una mail trasmessa a Luca Lotti il 12 settembre 2016, Bianchi informava Lotti dei soldi ricevuti dall’azienda.
L’ipotesi
Il sospetto dei pm è che gli onorari del legale fossero finanziamenti mascherati
Ci sono due cassette di sicurezza sequestrate a Bianchi – una presso una banca di Pistoia, l’altra a Firenze – che dovranno essere «ispezionate» per ordine dei magistrati. La documentazione già sequestrata nei suoi uffici dimostra che quando si trattava di finanziare le trasferte politiche di Renzi non si badava a spese. E così per gli incontri organizzati nel giugno 2018 a Washington è stato noleggiato un aerotaxi, mentre per la missione a San Francisco è stato trovato un appunto: «Cartellina bianca intestata Rimborsi Marco Carrai Bionic Hotel Fairmont contenente scheda denominata “Credito M.Carrai”, e-mail con allegata ricevuta di pagamento dell’hotel Fairmont di San Francisco a nome di Matteo RENZI del 21 febbraio 2017».
I documenti
Le cassette di sicurezza, a Firenze
e Pistoia, presto saranno ispezionate
I magistrati sono convinti che Bianchi e Marco Carrai – anche lui indagato per finanziamento illecito – rappresentino le due figure chiave per la gestione dei finanziamenti proprio per i rapporti con società italiane ed estere che si intrecciano con quelli avuti con alcuni dei principali finanziatori. E infatti scrivono: «Tenuto conto delle “iniziative economiche” d’interesse investigativo la posizione di Marco Carrai può essere vista come l’anello di congiunzione tra le “compagini societarie” e la Fondazione Open. In merito si evidenzia che Fabrizio Landi, Davide Serra e Michele Pizzarotti sono risultati sia quali finanziatori della Fondazione Open che essere parti attive (soci o cariche) in societa italiane e lussemburghesi riconducibili a Carrai». Nelle prossime settimane dovranno essere tutti interrogati, ma intanto – con una nota – Carrai nega che «le risorse finanziarie della Società lussemburghese Wadi Ventures fossero utilizzate per acquisire partecipazioni in società allo stato non individuate perché ha investito in Start Up israeliane e nessuna ha mai avuto nulla a che fare né con il senatore Matteo Renzi né con la Fondazione Open».