la Repubblica, 14 dicembre 2019
Se chiudi le scuole sbagli. Se le lasci aperte anche.
La povera Raggi che chiude le scuole per pioggia è vittima (e complice) di una specie di insipienza collettiva, fondata sul fatto che ogni disagio è un’intollerabile lesione del diritto, ogni scomodità un attentato all’incolumità, alla sicurezza totale, alla salute garantita, forse alla vita eterna. È anche in conseguenza di questa nevrosi di massa che chiunque abbia una responsabilità tende a tirarsi indietro. Non sia mai che un bambino, andando a scuola, si sloghi una caviglia facendo cik ciak in una pozzanghera, e poi mi arriva un avviso di garanzia per omessa allerta, le mamme fanno il sit-in, i giornali mi massacrano, il Codacons mi scatena contro una class action per grave negligenza… Mamma ci metteva le galosce e ci spediva a scuola, saranno anche discorsi da vecchio ma ancora più vecchia, anzi bacucca, mi sembra questa società tremebonda, iperprotettiva, lagnosa, che ha il terrore dell’impatto fisico con la vita, non sa usare le braccia per spalare e le gambe per tirare diritto quando fa freddo. Quando basterebbe tirare su la zip della giacca a vento per cavarsela, telefonano tutti all’avvocato, scrivono indignati ai giornali, ricorrono al Tar.
Di contro, autorità imprevidenti di fronte ai guai veri (montagne che franano, viadotti che si sgretolano, scuole che cadono a pezzi anche con il sole) si atteggiano a severi tutori della salute pubblica quando il meteo annuncia (pure lui strillando) che domani piove. Cercano scampo, ma non lo trovano: il Codacons, puntualissimo, ha annunciato «azioni di rivalsa» per «i danni» causati alle famiglie dalle scuole chiuse. Resta nel cassetto l’azione di rivalsa nel caso le scuole fossero rimaste aperte.