la Repubblica, 14 dicembre 2019
Francesca, la ragazza che non vuole lo smartphone
Francesca Spanò si sente «una cavia». Si guarda attorno a bordo del tram della linea 8 di Roma: è l’unica persona a non avere in mano il telefono.Originaria di Pisa, una vita tra la Francia e l’Italia, la studentessa al IV anno del liceo Cavour, diciotto anni appena compiuti, da quando ne ha 16 ha deciso di dire addio allo smartphone. È successo per caso, dopo che un ragazzo, una sera, glielo ha rubato su quello stesso tram. I genitori si sono subito offerti di ricomprargliene uno. Ma lei no, ha chiesto di aspettare. Ha deciso di fare un esperimento su se stessa, accontentandosi di un telefonino vecchio stampo: costo 35 euro, senza Internet, utile solo per le chiamate strettamente necessarie. Perché Francesca si è accorta che da disconnessa la sua vita stava cambiando. In meglio.Cosa è scattato in te quella sera?«La prima sensazione è stata quella di aver perso una parte di me. Il primo smartphone l’ho avuto a 11 anni, come quasi tutti i miei coetanei. Usavo tantissimo WhatsApp e avevo un account Instagram, i tempi morti li riempivo col telefono: la mattina aspettando il bus, a scuola durante la ricreazione, il pomeriggio mentre facevo i compiti. Era sempre accanto a me, con l’eccezione di quando stavo a tavola, i miei genitori sono sempre stati molto attenti. Ma dopo una settimana di astinenza mi sono resa conto che, quasi per magia, avevo più tempo a disposizione».Ti senti diversa oggi?«Prima mi distraevo molto facilmente, c’era sempre il telefono di mezzo, oggi riesco a mantenere la concentrazione molto più a lungo. Nei momenti morti leggo, ed è bello vedere che riesco a comprendere testi sempre più complessi. È come se avessi ritrovato la voglia di vivere, l’entusiasmo, il piacere di osservare l’ambiente e le persone.Sono più attiva nel mondo, e mi sento libera di decidere per me stessa».Pensi che lo smartphone sia una forma di dipendenza?«Ma certo, l’ho vissuta sulla mia pelle. Il neuroscienziato Manfred Spitzer parla di “demenza digitale”. Se fossi una mamma non metterei lo smartphone in mano a un bambino di 3, 4 anni: sembra che la noia oggi sia vietata ai più piccoli. Non sono d’accordo: la noia è necessaria, i bambini hanno bisogno di annoiarsi per diventare creativi, per immaginare».La vita quotidiana è dettata dagli smartphone. Non ti senti maitagliata fuori dal mondo?«Sono sola dal mondo virtuale, ma ne ho guadagnato in vita reale. Se devo dire qualcosa a qualcuno me ne ricordo, e quando lo vedo glielo dico. A scuola inizialmente è stato difficile: nei gruppi di classe i professori mandano testi, scrivono i compiti. Ma ho le amiche che mi girano tutto via mail quindi ho risolto il problema. Muovermi è diventato molto più stimolante, ora conosco le strade. Prima non potevo nemmeno arrivare in centro senza Google Maps. Per quello che riguarda Instagram, non mi manca affatto: sono semplicemente me stessa, senza preoccuparmi di creare un alter ego social. Dai gruppi WhatsApp, certo, sono esclusa. Ma d’altra parte sono riuscita a organizzare la mia festa di 18 anni senza telefono, e sono venuti tutti. Quindi posso dirmi soddisfatta».Come ti informi?Tendenzialmente leggo tutti i siti di informazione, a volte mi piace anche comprare i giornali di carta.E ascolto tanta radio, quella c’è anche sui vecchi telefonini. La differenza è che le notizie non mi arrivano, le devo cercare attivamente, e questo mi porta anche a voler informarmi su chi le sta scrivendo. Non prendo tutto per oro colato».A proposito di attualità, ti unirai alle Sardine qui a Roma?«Non ne sono sicura. In queste settimane sono stata molto impegnata con la danza (Francesca pratica danza classica a livello agonistico, 6 giorni a settimana, ndr ), e devo ammettere di non essere troppo informata su di loro.Prima di scendere in piazza voglio essere consapevole. Forse la maggiore consapevolezza è proprio uno degli effetti di stare fuori dal costante bombardamento social».Quando vedi gruppi di amici tutti al cellulare, cosa pensi?«Mi dispiace che non interagiscano. La tecnologia sta prendendo troppo il sopravvento: noi siamo animali sociali, ci stiamo rinchiudendo in una bolla».C’è qualcosa che ti manca nel non avere uno smartphone?«Ho risolto praticamente tutto sotto l’aspetto pratico: mi dispiaceva all’inizio non poter fare le foto, poi mi sono tolta la soddisfazione e ho comprato una macchina fotografica. Certo, non è un oggetto che puoi portarti sempre dietro, devi decidere di farlo. Ma quando non ce l’ho con me e vedo qualcosa di bello penso: “pazienza”, e mi godo quel tramonto rosso e rosa.Attualmente, se devo pensare a qualcosa che avevo prima e ora non ho, non mi viene in mente nulla di importante».