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 2019  dicembre 14 Sabato calendario

Gaia Servadio, la madre che arruolò Philip Roth pur di non far sposare sua figlia Allegra con Boris Johson. Non funzionò

«Arruolai perfino Philip Roth per cercare di impedire che mia figlia sposasse Boris Johnson. Beninteso, come genero, su Boris non ho mai avuto niente da dire. È come politico che non mi piace». Gaia Servadio, giornalista di lungo corso e prolifica scrittrice (la sua autobiografia Raccogliamo le vele è stata un caso editoriale, il suo ultimo libro è L’italiano più famoso del mondo, pubblicato da Bompiani, e ne sta già scrivendo un altro, “un romanzone” intitolato Ebrei), dal cui salotto passa tutta la Londra intellettuale, conosce bene il trionfatore delle elezioni di questa settimana: sua figlia Allegra ne è stata la prima moglie.
Gaia, che tipo è Boris Johnson?
«Uno che sa come fare il simpatico con tutti. Dice una cosa meravigliosa a ogni persona che si trova davanti e riesce a conquistarla. L’abbiamo visto anche in campagna elettorale».
Faceva così anche con lei?
«Quando dirigeva lo Spectator, storico settimanale britannico, mi diceva sempre: oh devi scrivere per noi! Sapevo che non mi avrebbe fatto scrivere. Ma lo ripeteva lo stesso».
E con sua figlia Allegra com’era?
«Sono sempre rimasti in buoni rapporti. Non è stato un divorzio doloroso. Anche a lei prometteva meraviglie. Balle, ma Boris è così. Ha un talento particolare, che io non apprezzo, ma con molti funziona».
Ricorda qualche episodio particolare?
«Un inverno, prima che si sposassero, presi in affitto uno chalet in Francia.
Ebbene, Boris non sapeva sciare.
Arriviamo sulle piste e si butta senza indugio giù per quelle difficili.
Ricordo che gli dicevo: stai attento, in questo punto scendi a scaletta, è pericoloso. Temevo che cadesse e si facesse male. Ma lui niente, si buttava come un bolide, stava in equilibrio per miracolo e in qualche maniera arrivò in fondo. E questa è un po’ una metafora del suo carattere».
Come ha fatto a diventare sindaco di Londra, la città più di sinistra d’Inghilterra?
«Inorridii alla scoperta che, avendo pure cittadinanza americana da giovane aveva votato per Reagan. Ma come sindaco riuscì a conquistare i londinesi e a farsi eleggere due volte. Inoltre veniva dopo Ken Livingstone, uno come Corbyn, un po’ tiranneggiante. Lo è anche Boris, ma quasi senza rendersene conto».
Lei era favorevole al matrimonio fra Boris e Allegra?
«Cercai di ostacolarlo con l’aiuto di un amico importante: il grande scrittore Philip Roth, che detestava Boris. Grazie a Philip, trovammo un senatore americano disposto ad assumere per un anno mio figlia.
Allegra disse: mamma, se lascio Oxford e vado in America perderò Boris! Dentro di me pensavo, senza dirlo: l’obiettivo è proprio questo. Ma non funzionò. Si sposarono lo stesso».
Vi siete più visti dopo il divorzio?
«Oh sì, lui è sempre affettuosissimo con me. Fu sacrosanto che con mia figlia divorziassero e meno male che non hanno avuto bambini, ma Boris non si è mai comportato male, non ho avuto niente da dire su di lui come genero o ex-genero. Erano semplicemente una coppia sbagliata, come capita. Ce l’ho con lui solo dal punto di vista politico».
E immaginava che sarebbe diventato primo ministro?
«Lo ha sempre detto che voleva diventarlo! Adesso ci è riuscito e ha anche stravinto le elezioni. Ma il difficile viene ora. Il bolide Boris ha davanti a sé tante cunette insidiose, dalla Scozia che vuole l’indipendenza al negoziato sui futuri rapporti con la Ue. Vedremo se, come in quella discesa sugli sci, arriverà in fondo senza capitomboli».