La Stampa, 14 dicembre 2019
Greta a Torino
«È lei, la vedo, che emozione!». Quando l’inconfondibile impermeabile giallo fa capolino nella piazza, Anna, dieci anni, è fuori di sé dalla gioia. Appollaiata sulle spalle del fratello maggiore Alberto, agita le braccia e grida: «Ciao Greta, sei il mio idolo». L’adolescente svedese appena nominata personaggio dell’anno dalla rivista Time sale sul palco con il cappello di lana calato sugli occhi e il cartello con la scritta «Sciopero della scuola per il clima», lo stesso che l’accompagna dall’esordio della sua protesta nell’agosto 2018. In poco più di un anno quella resistenza solitaria si è fatta marea, ha contagiato il mondo. Greta Thunberg ha l’aria provata ma sorride. «Le immagini delle strade di Torino invase da una quantità così incredibile di persone durante lo sciopero dello scorso 27 settembre mi hanno riempita di speranza. Arrivo dal Conferenza sul clima di Madrid: i leader del pianeta cercano ancora di sfuggire alle loro responsabilità ma noi li metteremo spalle al muro. Il 2020 sarà fondamentale: sarete con me?». La piazza esplode in un boato, acclama la «musa ispiratrice» che ha voluto includere nel suo lento pellegrinaggio per il mondo – niente aerei, solo treni, barche a vela e veicoli elettrici – una tappa nella città dimostratasi in grado di riversare in strada quasi centomila attivisti per l’ambiente.
Ieri a Torino i numeri erano più contenuti. Piazza Castello non era gremita, ma a fare sentire la loro voce erano soprattutto i giovanissimi. «Benvenuta nella città più inquinata d’Europa, dove le polveri sottili sono responsabili della morte di oltre 900 persone l’anno», è stato il messaggio di accoglienza degli organizzatori locali di Fridays For Future. Un j’accuse indirizzato alla politica, «che tiene in mano le vite di milioni di persone nel mondo e può decidere se lasciare loro una casa in cui vivere o distruggerla». L’arrivo di Greta a Torino segna una metamorfosi nel linguaggio e nell’estetica della protesta.
Spariscono, o quasi, i volti dipinti di verde e i cartelli con le scritte «Ci avete rotto i polmoni», emblemi di una mobilitazione allegra e irriverente. L’ironia ha lasciato il posto alla rabbia. Tutta rivolta alla giunta regionale di centrodestra, «che ci ha liquidati come ragazzini drammatici, rifiutandosi di dichiarare l’emergenza climatica». Ma anche al Comune guidato dalla sindaca Cinquestelle Chiara Appendino, accusata dagli organizzatori di «tacciare per ambientaliste misure che non lo sono e di non aver mai partecipato a uno sciopero per il clima salvo poi farsi vedere e fotografare quando c’è la star».
Una piazza per certi versi più matura. Più risoluta ma – forse questo è l’inevitabile scotto da pagare – meno leggera. Che proclama un minuto di silenzio per commemorare le vittime «presenti, passate e future» del clima. E intona una canzone a tema sulle note di Bella Ciao. «È banale accostarci alla sinistra per questo. Si tratta di un inno universale alla resistenza, come quella che stiamo portando avanti anche noi per opporci alle politiche distruttive dei potenti della Terra», dice Giorgio Brizio, 18 anni, uno dei militanti del movimento torinese.
Sotto al palco ci sono anche gli attivisti delle Sardine, che solo qualche sera prima hanno chiamato a raccolta 35mila persone. «L’ambiente è un tema che ci accomuna, siamo pesci a cui piace nuotare in un mare pulito», sintetizzano in una battuta Paolo Ranzani e Marco Faccio, due degli organizzatori. Ma la piazza di Greta è soprattutto quella affollata dagli studenti precipitatisi in centro dopo la scuola. «Lei e Ronaldo sono i nostri miti, ma Greta è più importante perché sta cercando di salvare il pianeta», dicono Enrico Manara e Nicola Ardissone, che frequentano la terza media. «Ci colpisce la sua schiettezza, non ha paura di dire cose sconvenienti», spiegano un gruppo di studentesse al primo anno di Infermieristica. «È partita da zero, senza alcun potere alle spalle se non la forza delle sue idee». Time l’ha premiata perché «è riuscita a trasformare vaghe ansie sul futuro del pianeta in un movimento mondiale». Non una star, ma un simbolo in cui identificarsi. «È stato questo il suo miracolo», dice chi l’ha eletta a modello. Il miracolo della normalità.