il Giornale, 14 dicembre 2019
Un gioiello per ogni occasione
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«Quello rosso per i tuoi rubini, quello verde per gli smeraldi, per i brillanti ci vuole il nero mentre sul bianco va tutto». A dettare questi suggerimenti in tutti i sensi preziosi fu il principe degli ismailiti Aly Khan nell’orecchio della sua seconda moglie: Rita Hayworth. Accadde a Parigi, durante le sfilate di alta moda del giugno 1949, un mese dopo il discusso matrimonio tra la diva dai capelli rossi e Sua Altezza Reale. Durò quattro anni, ma tanto bastò all’indimenticabile Gilda per imparare che non basta essere ricchi e potersi permettere gemme da Mille e una notte: la vera eleganza impone il rispetto di un vero e proprio galateo del gioiello. Per esempio le spose devono essere rigorosamente a mani nude fino al fatidico sì. Possono indossare collane, orecchini e perfino una tiara se la posseggono per motivi dinastici oppure se sposano delle altezze reali come Kate Middelton e Meghan Markle. Ma anelli e braccialetti sono proibiti per scongiurare incresciosi incidenti sul più bello. La fede nuziale dovrebbe essere infilata sull’anulare sinistro dove secondo la tradizione passa la vena amoris direttamente collegata al cuore. In teoria bisognerebbe portare prima la fede e poi l’anello di fidanzamento anche se in pratica non si fa perché é più comodo il contrario e, in caso di furto o smarrimento, costa di sicuro meno ricomprare una vera d’oro del classico solitario che a Roma viene chiamato «er cecio di Bulgari» anche quando non è grande come un cece e non è stato comprato nella celebre gioielleria.
Le perle portano lacrime soprattutto a chi non le ha oppure a chi non le sa conservare come si deve: in un sacchetto di seta pieno di riso, cambiando spesso il filo ed evitando il contatto con oli, creme e profumi. Ci sono poi miti e leggende con cui fare i conti. Per esempio in Spagna gli opali godono di pessima fama per via dello stupendo pendente regalato nella seconda metà dell’800 da Alfonso XII alla prima moglie Maria de las Marcedes d’Orleans morta di tubercolosi ad appena 18 anni. Il gioiello fu ereditato dalla sorella della defunta che accettò d’indossarlo solo alla fine del lutto, quando venne annunciato il suo fidanzamento con l’inconsolabile cognato. Poco prima del matrimonio morì anche lei per una fulminante polmonite. I maligni dicono che a portar male non era tanto la pietra quanto l’uomo. Sta di fatto che dopo lui non ha più avuto grandi tragedie e da allora l’opale incontra poco il gusto degli spagnoli. I rubini godevano di pessima fama ai tempi dei maraja che li regalavano alle loro concubine. Ormai ne sono rimasti pochissimi e comunque finanziano il regime dittatoriale del Myanmar (ex Birmania) per cui i gioiellieri seri usano piuttosto gli spinelli. Del resto oggi le più importanti regole da rispettare con i gioielli riguardano ecologia e sostenibilità. C’è l’oro etico (Chopard) i diamanti tracciabili (Tiffany) e fior di accordi internazionali sullo sfruttamento minerario. Avorio e tartaruga sono proibiti perché provengono da animali in via d’estinzione. Bisognerebbe far lo stesso con i coralli. Usare il pianeta come discarica e sottrargli i suo tesori è proprio cafone.