il Fatto Quotidiano, 14 dicembre 2019
La guerra dei titoli (tra autori ed editori)
Si doveva intitolare I cazzi di Isernia al British Museum un saggio dedicato ai culti priapici nel Molise. Qualcuno, dopo avere visto la prova di copertina, ha informato l’ignaro autore, Giancarlo Carabelli, docente all’università di Ferrara. Carabelli non ci ha dormito la notte: la mattina dopo ha mandato un fax di protesta all’editore, Luca Formenton del Saggiatore. Risposta altrettanto seccata, risoluzione del contratto e pubblicazione nel ‘96 con un titolo più sobrio, Veneri e priapi, presso Argo, piccolo editore barese.
Viene in mente questo episodio perché Adelphi sta per pubblicare Puttane assassine, uno dei testi più belli di Roberto Bolaño, uscito nel 2004 con Sellerio e dunque scomparso da un pezzo. È una raccolta di racconti in una nuova traduzione, insieme a un’opera inedita, Sepolcri di cowboy. Anche Puttane assassine come titolo non scherza. Lo scrittore cileno aveva la mano leggera nel descrivere situazioni estreme, persino un rapporto orale tra uno stilista e un cadavere, momento culminante di uno straordinario racconto necrofilo della raccolta, Il ritorno. Allo stesso tempo non aveva paura delle parole e lo dimostrano i titoli. Non solo Puttane assassine, anche Tempesta di merda. Jorge Herralde della casa editrice Anagrama lo ha dissuaso ed è diventato Notturno cileno. Sul titolo l’autore propone e l’editore dispone: ha una potere quasi assoluto. Giusto o sbagliato è così. Famoso il caso di Giuseppe Berto che scopre il titolo Il cielo è rosso (anziché La perduta gente) vedendolo in libreria. Leo Longanesi ha deciso per lui.
Un titolo molto discusso è stato Eichmann in Jerusalem. The banality of evil. Giangiacomo Feltrinelli lo inverte per rafforzare il concetto: La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme. Siamo nel ‘64 e fuori dal terreno dell’oscenità. Nel ‘73 Feltrinelli salta in aria sul traliccio di Segrate. Due anni dopo la sua casa editrice pubblica la prima opera di Bukowski, la raccolta Erections, ejaculations, exhibitions and general tales of ordinary madness diventa semplicemente Storie di ordinaria follia. Due racconti spariscono: Il demonio e L’assassinio di Ramon Velazquez. Il traduttore, Marco Paolini, mi ha raccontato che l’editor Aldo Tagliaferri li considerava troppo forti, mentre lui li caldeggiava. Sul titolo erano invece d’accordo: da cambiare. Bukowski scriveva in un inglese troppo nudo e crudo. Paolini considera la traduzione come abbellimento e viene sostituito. I racconti esclusi verranno inseriti in una raccolta successiva (Compagno di sbronze, 1979). Il successo permette agli editori di liberarsi di certe cautele.
Arbasino sosteneva che le parti più spinte di un libro dovevano essere nascoste all’interno. Per non facilitare i censori. Non gli ha dato certo ascolto Aldo Busi. Sodomie in corpo 11 finisce a processo nel ‘90. Il bellissimo titolo ha contribuito ad attirare l’attenzione dei denunciatori. Andrà oltre con Cazzi e canguri (pochissimi canguri). Siamo nel ’94. L’Italietta bigotta democristiana dei processi agli scrittori è appena caduta sotto i colpi di Tangentopoli. Nel 2006 esce Bisogna avere i coglioni per prenderlo nel culo. Sempre nel segno di viaggi e libertinaggi.
Immergendomi nelle vecchie carte processuali dell’archivio di Stato a Roma, ho trovato gli atti relativi a Guida pratica e completa dei postriboli di Biella, con aggiuntovi un elenco di prostitute private, loro indirizzo, pregi particolari e relative tariffe. L’autore si nasconde dietro uno pseudonimo – il professor Ruffi Anocrate – e il pamphlet è pubblicato nel 1890 dalla tipografia Zappa. L’ha scritto lo stesso stampatore. Viene sequestrato e condannato solo per il titolo. Esattamente un secolo dopo, esce in Cecoslovacchia una raccolta di scritti della poetessa underground Jana Cerná. E/o le dà il titolo di uno dei componimenti, In culo oggi no, scartando quello originale: Clarissa e altri testi. È una poesia del ’48! Periodo di purghe staliniane. Ma in Italia nel ’92, anno della pubblicazione. desta scalpore. La critica Grazia Cherchi attacca la casa editrice. Nel ‘93 esce in Francia Baise-moi, di Virginie Despentes, letteralmente Scopami, lasciato nella traduzione italiana del ’99 per Einaudi Stile Libero.
Dopo tutto questo – Busi in primis – non resta più niente da trasgredire. Oggi se uno mette chiavi di ricerca oscene nella categoria libri di Amazon trova paginate di titoli. Cose tipo Se squirti ti sposo di Vera Fontana e Nakaghata Dyokhan. Quest’ultimo autore, nomen omen, ha anche firmato la prima raccolta di ricette per “merdariani”. Una volta gli scrittori si sfogavano con le parodie tra colleghi, come Il giardino dei finti pompini (cit. Arbasino). Anche l’umorismo era d’un altro livello.