il Fatto Quotidiano, 14 dicembre 2019
X-Factor? Che noia
Ho seguito giovedì sera la finale di X Factor. Devo confessare che, a differenza delle edizioni precedenti, questa mi è apparsa fiacca, sia per la giuria che per i concorrenti. Mi chiedo se, a partire dalla vincitrice Sofia, c’è qualcuno che rimarrà nella storia della musica. E mi chiedo se vale la pena continuare a riproporre un format che ormai non ha alcuna novità da offrire.
Adriano Mastrobuoni
Dodici mesi fa scrivemmo che la vittoria di Anastasio, così abile nello smantellamento dei clichè del pop-trap italiano, avrebbe dato un colpo di maglio decisivo al format di X Factor. Fu facile profezia. Gli ascolti dell’edizione 2019, i più bassi di sempre (nella finale solo il 6,6% su SkyUno e Tv8 contro il 13% dello scorso anno) hanno confermato l’agonia del talent, che tra 25mila nuove aspiranti star non è riuscita a trovarne una che reggesse il confronto con il passato. Non è solo questione di bravura: la vincitrice Sofia Tornambene, a soli 17 anni, ha il carattere per provarci e un brano emo-generazionale che rimane in testa senza difficoltà. Occhio: la ragazza aveva fatto gavetta a Sanremo Young, così come un altro finalista, Davide Rossi, si era buttato nella mischia in “Ti lascio una canzone”, sempre dalla Clerici. Insomma, due presunti debuttanti li avevamo già visti in Rai, e sono arrivati a contendersi il titolo qui. Il problema di fondo è: cosa se ne farà il mercato di figure tutto sommato esili, buone per una prima colata di streaming ma fra tre mesi chissà? E vale la pena insistere nel setaccio sistematico di tutti i possibili talenti che girano nelle strade e in altre competizioni canore? Forse non più. Gli “uno-su-mille” che in passato ce l’hanno fatta a XF marcano crudelmente la differenza con quelli che hanno meno benzina in corpo. Accanto a Mengoni, la Michielin, lo stesso Anastasio sono rimasti in pista Noemi o i Maneskin, che non avevano neppure vinto. Oltre a loro il bilancio della pesca resta misero: l’investimento è dubbio per la Sony (che pure con il contest tv risparmia sullo scouting), e non è remunerativo per Sky: al crollo di audience corrisponde un onere produttivo faraonico, con un futuro che si annuncia complicato. Altri due anni di contratto tra la pay-tv e i detentori del marchio XF, il probabile abbandono di Cattelan, una giuria fiacca, da ripensare per l’ennesima volta. Un annus horribilis riassunto nello sfogo in diretta, due settimane fa, del concorrente Eugenio Campagna: “Sono stanco“. Ecco, appunto.
Stefano Mannucci