il Fatto Quotidiano, 14 dicembre 2019
Fca va a nozze con Psa ma resta il problema di Torino
L’America è sistemata”, potrebbe dire John Elkann: che non vede l’ora, spiegano, di ratificare la fusione con Peugeot. Nei giorni scorsi, infatti, Fca Usa ha concluso l’accordo col sindacato dei metalmeccanici Uaw (lo stesso che un esposto di General Motors accusa di essersi fatto corrompere, ai tempi di Sergio Marchionne) per il nuovo contratto di lavoro: 9 miliardi di dollari per investimenti nei prossimi 4 anni e quasi 8 mila posti in più.
Nel panorama internazionale del futuro colosso dell’auto, Peugeot-Fca, le cose vanno bene anche in Germania, dove la casa francese Psa, al momento dell’acquisto di Opel da GM (2017), aveva offerto precise rassicurazioni alla cancelliera Merkel e ai Lander sul mantenimento degli impianti produttivi: un impegno poi sempre rispettato. Scenario altrettanto favorevole per le future “nozze” è, infine, quello francese: dove, ancora una volta, il governo transalpino (che partecipa con una presenza non secondaria al capitale di Psa) ha preteso garanzie prima di dare il proprio benestare all’avvio del percorso per un’intesa con il gruppo di Elkann, sia pure di fronte a un già evidente sbilanciamento a favore di Parigi negli organi di controllo della nuova realtà. Vento in poppa, dunque, in vista dell’annuncio (promesso entro Natale) del primo atto formale propedeutico al closing finale, subordinato al via libera delle autorità dell’antitrust degli Stati interessati?
Non la pensano tutti così, almeno a Torino, dove si sottolinea come esista un’ultima “piazza” che andrebbe analizzata prima di festeggiare. L’Italia, appunto, che (anche se ormai la sede legale di Fca è in Olanda e quella fiscale è stata trasferita a Londra, sollevando la contestazione, per una presunta evasione fiscale miliardaria, da parte dell’Agenzia delle Entrate) dovrebbe avere una potenzialità produttiva di un milione e 400 mila vetture all’anno in cinque stabilimenti, ma è ferma a 800 mila ed è dominata dal continuo ricorso agli ammortizzatori sociali.
Sotto la Mole, da almeno quattro settimane, sono presenti una trentina di manager e analisti di Psa, con scambi continui tra Parigi e Torino, incontri ufficiali e anche cene riservate in case private. I temi che tengono banco sono soprattutto quelli di diritto commerciale e finanziario, ma una parte dei delegati di Psa sta lavorando anche per capire la situazione italiana di Fca in vista del futuro piano industriale del nuovo gruppo, affidato al prossimo amministratore delegato unico, il franco-portoghese Carlos Tavares, attuale leader dell’azienda francese.
“Le cose, al momento, appaiono molto nette – dice Giorgio Airaudo, da anni esponente e dirigente della Fiom-Cgil del Piemonte – Il successore di Marchionne, Michael Manley, aveva annunciato la progressiva uscita dalla produzione del segmento A: in altre parole, l’esaurimento dei modelli Fiat 500 e Panda. Significa, senza alternative, un brutto segnale per gli stabilimenti di Mirafiori e di Pomigliano”.
Ma è tutto davvero così incerto e negativo? “Credo sia necessario applicare il modello francese e quello tedesco. Lì i governi nazionali si sono mossi e hanno preteso garanzie. Qui che cosa si sta facendo? Corrono voci di comunicazioni tra Elkann e il premier Conte, anche in occasione dell’acquisizione del gruppo editoriale Gedi. Qualcuno ha provato davvero a esercitare una moral suasion prima che tutto sia fatto e il ruolo di Tavares diventi decisivo? Qualcuno si è posto il problema di chiedere se si intende mantenere e sviluppare la produzione automobilistica o se ci si accontenterà invece di destinare buona parte della realtà italiana di Fca a diventare solo un fruitore di cassa integrazione?”.
Per Airaudo i giochi saranno chiari quando Tavares annuncerà se e quali modelli saranno assegnati alla produzione italiana. “Ma l’abbandono del segmento A, se sarà confermato, sembra indicare una sola strada possibile. Un ritorno alla produzione nel settore B, quello un tempo incentrato sulla Punto. Fca aveva detto che ciò non era possibile perché sarebbero serviti almeno un miliardo di euro per realizzare la nuova piattaforma. Ora la piattaforma c’è: è quella di Peugeot per la sua 208. Le potenzialità di una nuova Punto potrebbero raggiungere le 200-300 mila vetture all’anno. Oggi quel segmento è guidato dalla Renault Clio (330 mila vetture) e presidiato dalla Opel Corsa, dalla Peugeot 208 e dalla Nissan Yaris. La sorte di Mirafiori e Pomigliano si gioca qui, con la possibilità di nuovi modelli in quel segmento, mentre la trasformazione a Torino della piattaforma della Mito per la 500 elettrica, per ora, resta una scommessa in divenire”. Altrimenti? “Altrimenti anche le nozze con Psa confermeranno che in Italia, come disse un giorno Marchionne a Detroit, a Fca conviene non licenziare gli operai, ma mantenerli in cassa integrazione….”