La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Zinedine Zidane
23 giugno 1972 (Marsiglia, Francia)
Niente descrive Zinedine Zidane meglio del manifesto che l’Adidas gli dedicò dopo il Mondiale ’98: lo sguardo fiero rivolto al mare da un muro a secco della sua Marsiglia. Quand’era un ragazzino del rione Castellane lo chiamavano Yazid: figlio di immigrati algerini, dieci ore al giorno per strada a giocare a pallone e imparare la vita agra di chi deve badare a se stesso. La classe del giocatore nasce lì, le reazioni dell’uomo anche. Nessun fuoriclasse è stato espulso quanto lui. Cinque volte soltanto nella Juve, e ben due ai Mondiali con il contorno di quattro ammonizioni. Dell’affaire Materazzi si sa tutto, ma già nel ’98 una scarpata a un saudita era costata a lui due turni di squalifica e alla Francia, priva del suo leader, un faticosissimo ottavo col Paraguay. Prezzi da pagare a una personalità complessa, da artista assoluto capace proprio grazie all’anima guerriera di non tremare nei momenti delicati. Zidane risolve la finale mondiale col Brasile segnando due gol di testa, non certo la sua specialità; nella finale di Champions contro il Bayer Leverkusen infila un sinistro al volo che al Real Madrid considerano il gol più bello mai realizzato con quella maglia; nel quarto mondiale del 2006, contro un Brasile di fenomeni, disegna una prestazione memorabile armando l’1-0 di Henry. E poi, quando Florentino Perez gli affida a metà stagione le chiavi del Real per traghettare la squadra all’estate – dove ha in mente di ingaggiare un allenatore vero – Zizou vince la bellezza di tre Champions consecutive (più coppette annesse, e una Liga). Governare quello spogliatoio non è da tutti: lui ci riesce perché da campione sa trattare con i campioni, e perché a Marsiglia da uomo aveva imparato a trattare con gli uomini. Un’abilità che gli consente di annusare l’aria di fine ciclo, di lasciare al culmine e farsi quindi richiamare a crisi consumata. Il giorno della presentazione, in un ambiente che definire formale è poco, Zidane si presenta in jeans. È il suo modo di far sapere che adesso comanda lui.
Breve biografia di Dino Zoff
28 febbraio 1942 (Mariano del Friuli, Italia)
Dei grandi campioni ormai stagionati si dice che abbiano saputo fermare il tempo. Dino Zoff è andato oltre: l’ha fatto addirittura tornare indietro, vincendo il Mondiale a 40 anni dopo averne perso un altro a 36 per errori connessi – vulgata popolare non priva di fondamento – all’età che avanza. Naturalmente nel 1978 quella che viene considerata l’Italia più bella di sempre manca la finale in quanto esausta, e le reti sbagliate contro l’Olanda contano come e più di quelle subite. Ma Zoff è Zoff, capitano e leader morale, il prolungamento in campo del “Vecio” Bearzot. È per questo che i gol di Brandts e Haan, un tiro della domenica e un siluro scagliato da molto lontano davvero, gli pesano sull’anima per quattro anni: perché sente di non aver svolto fino in fondo il suo dovere. È una necessità che prova da quando era bambino e vedeva papà Mario sparire nei campi di buon mattino per tornare soltanto la sera. Dino all’epoca è già un mito per le vittorie ottenute con la Juve e la Nazionale, per i record, per la copertina che Newsweek gli aveva dedicato alla vigilia del Mondiale ’74. Potrebbe fregarsene dei sarcasmi sui gol da lontano, ma non sarebbe nella sua natura. Così aggiunge carichi di lavoro al menu quotidiano, ponendo il Mondiale ’82 al centro dei suoi pensieri. Una scelta che gli attira critiche, perché quelli che lo ritengono troppo vecchio sono ormai la maggioranza, ma che Bearzot ratifica senza aggiungere virgola: se Dino dice che se la sente, massima fiducia.
La ricompensa arriva al minuto 89 di Italia-Brasile, la cruna dell’ago che gli azzurri attraversano per approdare in semifinale. Avanti 3-2 al termine di una partita pazzesca, ci difendiamo con le ultime energie: punizione spiovente di Eder, colpo di testa di Oscar, palla in volo verso l’angolino ma Zoff riesce a bloccarla sulla linea. Parata quattro stelle, merita la quinta per aver trattenuto il pallone. Parata di riflessi, quelli che con l’età dovrebbero rallentare. Parata di riscatto, il mio dovere l’ho fatto.