La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Lev Yashin
22 ottobre 1929 (Mosca, Urss) 20 marzo 1990 (Mosca, Urss)
L’eroe dell’Unione Sovietica Lev Yashin è l’unico portiere della storia ad aver vinto il Pallone d’oro. Succede nel 1963, tre anni dopo la vittoria dell’Urss nel primo Europeo, e siccome siamo in piena Guerra Fredda le squadre sovietiche boicottano le coppe europee (la Torpedo Mosca nel ’66 sarà la prima a partecipare). Con una visibilità internazionale così limitata sembrerebbe impossibile competere per il massimo trofeo individuale, soprattutto in un anno dispari, ma a Yashin bastano due partite per confermarsi il miglior portiere del mondo, e probabilmente della storia. La prima è un’amichevole organizzata a Wembley dalla federazione inglese per festeggiare i cent’anni dalla fondazione: rivale dell’Inghilterra una selezione dei migliori giocatori del mondo della quale il russo è il portiere titolare del primo tempo (in quel tipo di gare, cadute in disuso, le sostituzioni all’intervallo erano massicce). Nel racconto dei britannici, da Bobby Charlton a Jimmy Greaves, quel che Yashin riesce a fare per mantenere inviolata la porta appartiene alla sfera del paranormale.
L’altra partita che gli vale il Pallone d’oro si gioca all’Olimpico, gara di ritorno degli ottavi di finale del campionato europeo: a Mosca l’Italia ha perso 2-0, al ritorno i sovietici passano in vantaggio e con Yashin in porta non c’è modo di riequilibrare il match, figuriamoci le sorti della qualificazione. Non ci riesce nemmeno Mazzola su rigore, e a rileggerla adesso fa un po’ sorridere la sua descrizione dell’errore, “capii dove si sarebbe buttato ma non potei evitare di tirarla proprio lì”, come se il russo l’avesse condizionato con qualche potere telepatico (tesi peraltro in voga ai tempi della Guerra Fredda). Il pari infine arriva, al minuto 89, quando ormai non ha più importanza: lo segna Gianni Rivera, che era il favorito per il premio di France Football e invece arriva secondo, dietro il “Ragno nero” – soprannome mutuato qualche anno dopo da un altro milanista, Fabio Cudicini – della Dinamo Mosca.