La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Francesco Totti
27 settembre 1976 (Roma, Italia)
Nella primavera del 2005 il Real Madrid muove con decisione all’assalto di Francesco Totti. La proprietà della Roma è meno solida di un tempo, la squadra sta uscendo a fatica da una stagione infelice, le prospettive tecniche sono sempre meno incoraggianti: se c’è un momento per convincerlo a lasciare il suo club, è questo. L’offerta di Florentino Perez è principesca sotto ogni aspetto, e la contemporanea partenza di Luis Figo lascia intendere che Totti al Bernabeu indosserebbe subito la maglia numero 10. La tentazione è forte e il travaglio intenso, ma alla fine Francesco rifiuta un’altra volta. L’ultima, da quel momento è definitivamente chiaro che passerà l’intera carriera alla Roma. Nella primavera del 2005 Totti ha all’attivo uno scudetto; da lì in poi, in altri dodici anni di calcio, aggiungerà soltanto due coppe Italia (oltre ovviamente al Mondiale, ma quella è un’altra storia).
Nessun campione di dimensione paragonabile a Totti ha mai affrontato un destino così avaro di gioie pur di non abbandonare la sua squadra. Le bandiere cresciute nel vivaio e capaci di vestire una sola maglia in carriera, da Paolo Maldini a Leo Messi, appartengono tutte a club importanti, nei quali la vittoria è un obiettivo che non conosce periodi di transizione. Totti, invece, per scegliere Roma ha rinunciato alle Champions League e ai Palloni d’oro che verosimilmente avrebbe vinto giocando nel Real, o in un’altra delle corazzate pronte a spalancare le porte davanti alla sua classe. C’è stato un tempo in cui qualsiasi intervista si apriva con la domanda sui rimpianti, ma bastava sentire Francesco descrivere l’orgoglio gladiatorio di essere il capitano della Roma per capire quanto ragionasse su un’altra frequenza, diversa dal resto del mondo (del calcio), dove comandano gloria e denaro, e non sempre nell’ordine più sano. Ora che è finita, e un’immensa cerimonia d’addio all’Olimpico ha chiarito la profondità dell’affetto popolare, nessuno evoca più i rimpianti. Semmai l’invidia, per tanto amore.