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 2019  dicembre 13 Venerdì calendario

Breve biografia di Juan Alberto Schiaffino

28 luglio 1925 (Montevideo, Uruguay) 13 novembre 2002 (Montevideo, Uruguay)
L’eleganza, innanzitutto. Secco come un chiodo, ma con qualcosa di regale nell’aplomb. E poi la visione di gioco: lo studio dello scenario tattico (in un calcio nel quale gli avversari almeno a centrocampo non ti saltavano subito addosso) seguito da un lancio perfetto, al compagno deputato a tirare oppure a uno che potesse sviluppare la manovra meglio di lui. Nell’estrema sintesi tecnica Pepe Schiaffino è stato questo, un regista offensivo con l’anima dello scacchista, capace di vedere con tre mosse d’anticipo le potenzialità di un’azione. Ma non esiste soltanto la tecnica. Pepe è stato l’ufficiale di rotta dell’impresa più celebre della storia del calcio, il Maracanazo: di quel mitologico Uruguay la letteratura ha celebrato soprattutto il leader caratteriale Varela e il sicario Ghiggia, ma la mente era Schiaffino, che pareggiò l’1-0 di Friaca rovesciando la dinamica psicologica del match decisivo. Al Brasile bastava il pari, quel giorno al Maracanà: ma Pepe, con la sua splendida girata al volo, inoculò agli avversari e all’intero stadio – 200 mila spettatori – il virus della paura. Il preludio al disastro.
Schiaffino, all’epoca stella del Peñarol, venne nominato miglior giocatore del Mondiale ’50. Quattro anni dopo l’Uruguay si arrese in semifinale all’Ungheria di Puskas in quella che viene tramandata come una delle cinque partite più belle nella storia del torneo. Schiaffino, a 29 anni, decise in quei giorni di accettare la sfida europea, firmando per il Milan: nel suo palmares rossonero ci sono tre scudetti e la finale di coppa dei Campioni del 1958, perduta 3-2 col Real Madrid ai supplementari, e nella quale Pepe segnò il primo gol, quello della grande speranza. In squadra c’erano l’ormai anziano Nils Liedholm e lo sceriffo della difesa Cesare Maldini. Sull’altro fronte Alfredo Di Stefano, che nel tempo ha sempre definito quella coppa la più bella delle cinque per il valore dei rivali: il Milan e Schiaffino, l’unico a potergli insidiare lo status di miglior giocatore dell’epoca.