Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  dicembre 13 Venerdì calendario

Breve biografia di Gianni Rivera

18 agosto 1943 (Alessandria, Italia)
Gianni Rivera s’invola verso la porta dell’Ajax sfuggendo alla trappola del fuorigioco olandese. Manca un quarto d’ora al termine della finale di coppa dei Campioni del 1969, il Milan sta vincendo 3-1 e quella è la chance per chiudere il match. Rivera pedala in sicurezza, non è uno scattista ma il vantaggio guadagnato col tempismo dell’inserimento è sufficiente per arrivare da solo davanti al portiere Bals, che però esce bene costringendo il numero 10 rossonero, per dribblarlo, ad allargarsi verso sinistra. Rivera perde per un attimo l’appoggio, e improvvisamente si ritrova troppo defilato per calciare in porta; allora fa una giravolta su se stesso, e si dispone all’attesa. Gelido come un pokerista in mezzo al fuoco degli olandesi rientrati, aspetta che nell’area ormai affollata compaia la sagoma di Pierino Prati, il suo terminale preferito. Quando lo scorge, arcua col piede destro una parabola leggera, e sembra un architetto intento a disegnare la volta di una cattedrale; la palla viaggia con sublime lentezza fino al punto esatto in cui Prati, senza variare di un amen la sua velocità, si presenta al rendez-vous. Colpo di testa, palla in rete, 4-1, il Milan vince la sua seconda coppa dei Campioni contro il giovane Cruijff. Quell’anno l’arte neoclassica di Gianni Rivera viene insignita del Pallone d’oro.
Ho scelto quest’assist perché contiene l’essenza del suo calcio, ma ovviamente le clip per raccontare un simile campione sono infinite, dall’esordio in serie A quindicenne (fu necessaria una deroga) con l’Alessandria ai due palloni che recapita ad Altafini per la prima coppa Campioni del Milan (e del calcio italiano), dal gol decisivo di Italia-Germania (il celebre 4-3 dell’Azteca) allo scudetto crepuscolare del ’79 (quello della stella) seguito dal ritiro. E poi la breve carriera dirigenziale e quella politica, più lunga. Ma per noi triestini Rivera è innanzitutto il pupillo di Nereo Rocco, il profeta del suo calcio astuto e vincente. Il golden boy che parlava il nostro dialetto.