Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  dicembre 13 Venerdì calendario

Breve biografia di Diego Armando Maradona

30 ottobre 1960 (Lanus, Argentina)
Corrono soltanto quattro minuti tra il furto del secolo e il gol del millennio, e il cervello di Diego Maradona elabora a una velocità che nessun computer potrà mai replicare quell’insieme di sensazioni, emozioni, passioni, sensi di colpa e voglia di sberleffo che segnano il rapidissimo passaggio dall’orrido al magnifico. Una stupenda definizione pescata lì sul momento – “la mano de Dios” – unita allo stordimento per l’incommensurabile bellezza del secondo gol ci ha fatto quasi dimenticare la bassezza – geniale ma sempre bassezza – dell’1-0. Più o meno consapevolmente, perché qui siamo nel campo dell’istinto, l’elaborazione deve aver portato Maradona alla stessa conclusione: occorre un prodigio per trasformare tutto in gloria, compresa la miserabile furbata. Dalla decisione all’esecuzione, il tempo è un lungo attimo scandito dalla mirabile voce di Victor Hugo Morales (“arranca por la derecha el genio del futbol mundial”), dai pensieri degli avversari (Reid: “Non potevo credere a quel che stavo vedendo”), dalla riflessione di Jorge Valdano che si sta allargando sul secondo palo per ricevere il passaggio: “A fine gara Diego giurò di avermi cercato più volte con lo sguardo per darmela una volta che tutti gli inglesi gli sarebbero stati addosso. Pensate quindi a quante opzioni ha considerato in quei pochissimi secondi. Semplicemente, un genio in azione”.
Ci sono tanti Maradona, gioiosi e amari, esaltanti e deprimenti, da amore senza fine ma odiosi nei momenti di autodistruzione. E poi c’è un Diego irresistibile, che è quello del Mondiale ’86, del gol più bello della storia, del primo scudetto di Napoli. Il ribelle che guida l’assalto ai palazzi della tradizione – quelli che vincono sempre – e li scuote fin nelle fondamenta. Chiunque abbia vissuto quegli anni faticherà sempre a mettergli qualcuno davanti, che sia Pelé o Messi, nell’ideale classifica dei migliori giocatori della storia: e se lo farà poi nasconderà la mano, vergognandosi un po’. Improvvisamente invecchiato.