La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Mario Kempes
15 luglio 1954 (Bell Ville, Argentina)
Ho incrociato Mario Alberto Kempes per un intero Mondiale, in Sudafrica nel 2010, spiandolo negli aeroporti, negli stadi, una volta persino in albergo. Viaggiava misteriosamente da solo pur essendo uno dei commentatori di punta di Espn, e si occupava personalmente di tutte quelle piccole seccature che in genere vengono risparmiate ai vecchi campioni: il check-in, il recupero bagagli, l’autonoleggio. La figura ancora atletica passava sostanzialmente inosservata, il che se possibile ne aumentava la nobiltà: ora che porta i capelli corti, quando è in giacca e cravatta Kempes è quasi irriconoscibile, e non sembra dolersene. È stato un giocatore pazzesco, assieme a Maradona il solo 10 ad aver portato l’Argentina al titolo mondiale (e stiamo parlando di un Paese che ha espresso anche Di Stefano, Sivori e Messi), ma dal calcio che stava appena decollando verso la pervasività del “global game” lui sbarcò subito: distante dai grandi club a parte un anno (vincente) al River Plate, in Europa si dedicò soprattutto al Valencia (una coppa Coppe, una copa del Rey e una Supercoppa europea). Col Mondiale ’78 sono tutti i successi di una carriera che l’ha portato fino in Indonesia – a 42 anni – e, in improbabili e presto archiviati test da allenatore, a Fiorenzuola e Casarano. Mario Kempes! Protagonista assoluto di un torneo maledetto, perché non lontano dal Monumental inghirlandato i torturatori in divisa massacravano una generazione di giovani argentini, Kempes ha sempre sostenuto – come i compagni – di aver saputo soltanto dopo degli orrori della dittatura. Versione credibile per un particolare: al termine della finale con l’Olanda, vinta con due gol suoi, Mario fu l’unico a non stringere la mano al generale Videla. Avrebbe potuto costruirci un’immagine di coraggioso oppositore del regime dei militari, invece ha sempre ammesso la casualità dell’episodio: nella confusione dell’invasione di campo finale s’era trovato separato dal resto della squadra, e non era impazzito per ricongiungersi sul palco. Era già felice così.