La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Andrés Iniesta
11 maggio 1984 (Fuentealbilla, Spagna)
Un’esperienza indimenticabile della stagione 2010-11 fu seguire alcune partite esterne del Barcellona in Liga. Un copione fisso: fischi di paura e antipatia per tutti – come sempre accade alle squadre dominanti, il destino del Real Madrid non è diverso – ma appena la palla arriva sui piedi di Andrés Iniesta sgorga nel più naturale dei modi un applauso scrosciante, lungo e intenso, con tanta gente che si alza in piedi per esprimere la sua gratitudine. Succede perfino al Bernabeu, dove pure la rivalità col Barça è una ragione di vita. Succede addirittura a Cornellà, lo stadio dell’Espanyol, perché nel momento più alto della sua esistenza sportiva – e direi dell’intera storia dello sport spagnolo – Don Andrés aveva pensato di ricordare il suo sventurato amico Dani Jarque, giocatore dell’altra squadra di Barcellona scomparso per un arresto cardiaco in una di quelle tragedie che ogni tanto toccano il mondo degli atleti, e che ci lasciano attoniti perché da loro – giovani e forti – non ce lo aspetteremmo mai.
Il momento più alto è ovviamente il gol che vale il titolo mondiale 2010, il primo vinto dalla Spagna, un diagonale che risolve la finale con l’Olanda di Johannesburg al minuto 116, diciamo al penultimo respiro prima dei rigori. Iniesta in questo senso è l’uomo del destino, un suo gol in pieno recupero a casa Chelsea diede al primo Barça di Guardiola la qualificazione alla finale di Champions poi vinta contro il Manchester United, la cruna dell’ago attraverso cui passare alla storia per i sei titoli vinti in un anno. Ed è un autentico paradosso che Don Andrés venga ricordato per i gol decisivi: ne ha segnati alcuni importanti, certo, ma un numero dieci, venti, trenta volte superiore ne ha ispirati. Iniesta è stato con Pirlo e il sodale Xavi il più grande centrocampista del calcio moderno, un artista che ha cambiato la storia del Barcellona e della nazionale spagnola. Il cavaliere pallido educato e silenzioso che tutti i tifosi, anche quelli avversi, non si stancano di ringraziare.