La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Francisco Gento
21 ottobre 1933 (Guarnizo, Spagna)
Il violinista al centro del campo suona una melodia struggente, e nella tribuna d’onore del Bernabeu due anziani signori si guardano un attimo in segno d’intesa. Alfredo Di Stefano si toglie il basco ma rimane seduto, è troppo malandato per alzarsi come il resto dello stadio. Accanto a lui, la sagoma ormai corpulenta di Francisco Gento scatta in piedi con insospettabile agilità. I due si tengono per mano mentre scorrono sul grande schermo le immagini, sfuocate e in bianco e nero, di Ferenc Puskas. È il novembre del 2006: il grande campione ungherese è mancato qualche giorno prima a Budapest, e questa è la cerimonia funebre che il Bernabeu dedica a uno dei suoi eroi più amati. Di Stefano non piange il vecchio compagno, ha lo sguardo dolente di chi legge in quella scomparsa l’annuncio della sua, non più distante. Gento è impenetrabile, gli occhiali scuri anche ora che è sera. Non muove un muscolo perché i ricordi l’hanno rapito, e nessuno ne ha tanti come lui: è l’unico giocatore ad aver vinto sei coppe dei Campioni, e divide con Paolo Maldini il primato delle otto finali giocate.
Gento volava sulla fascia sinistra, il calciatore più veloce che si sia mai visto, così veloce da accreditarlo di un tempo sui 100 metri inferiore agli 11 secondi: roba da ambire a una finale olimpica, con un allenamento specifico. Paco, invece, aveva preferito dedicarsi al calcio, diventando la freccia del Real Madrid delle cinque coppe consecutive – suo il gol decisivo al Milan nei supplementari del ’58 – e il capitano della sesta, quella del ’66, l’unico fenomeno superstite della generazione d’oro. Il violinista suona e Gento, ritto come fosse piantato, ricorda i lanci di Rial, i triangoli a folle velocità con Di Stefano, i cross per Kopa, gli assist per Puskas. Stringe forte la mano a don Alfredo, come se il contatto permettesse loro di scambiare le memorie di tanta gloria, di condividerle ancora una volta. Poi, improvvisa come uno dei suoi scatti leggendari, una lacrima scende da sotto le lenti scure.