La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Garrincha
28 ottobre 1933 (Magé, Brasile) 20 gennaio 1983 (Rio de Janeiro, Brasile)
Gabriel Hanot, il giornalista che concepì la coppa dei Campioni e il Pallone d’oro, sosteneva che i tre minuti più belli della storia del calcio fossero i primi di Brasile-Russia, terza gara del girone eliminatorio ai Mondiali del 1958: in quei tre minuti la Seleçao segna un gol e colpisce due pali, annichilendo una rivale di valore la cui porta è per di più difesa dal mitico Yashin. Finisce 2-0, il Brasile si qualifica e il mondo apprende dell’esistenza di due artisti: il meraviglioso Pelé e l’inimmaginabile Garrincha. Pelé ha poi riempito la storia della sua figura splendente, esibita ancora oggi nelle tribune d’onore. Garrincha, invece, ha patito un destino infame che l’ha ucciso a neanche 50 anni, solo e alcolizzato. Un destino che ha gonfiato di amore desolato il cuore dei brasiliani, che pure già l’adoravano come “alegria do povo”. La gioia della gente.
Garrincha, per il suo popolo Mané, era nato talmente povero da non potersi permettere nemmeno le cure per guarire bene dalla poliomielite. Riguadagnò la salute giocando a calcio dalla mattina alla sera, scalzo e denutrito, fino a scoprire che un grave handicap fisico – aveva una gamba più lunga dell’altra, da 3 a 6 centimetri a seconda dell’archivio che consultate – regalava al suo dribbling il dono dell’imprevedibilità. Mané lo sviluppò fino al provino col Botafogo dove si ritrovò davanti Nilton Santos, un terzino così forte da essere chiamato Enciclopedia, tante ne sapeva. Ma Garrincha lo fregò più e più volte, imprendibile nel suo gioco di finte e controfinte che le gambe asimmetriche rendevano ancor più ubriacante. Abile e arruolato, fino alla Seleçao. Se nel calcio il dribbling è il luogo dell’arte, Garrincha ne è stato il Picasso distillandone due Mondiali, e di quello del ’62 fu l’assoluto ispiratore stante l’infortunio di Pelé alla seconda partita. Famoso per la relazione con la cantante Elza Soares, e con molte altre donne tanto da contare quattordici figli in giro per il mondo, Mané finì povero in canna. Artista maledetto fino in fondo.