La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di Didier Drogba
11 marzo 1978 (Abidjan, Costa d’Avorio)
Era successo che nella semifinale di ritorno della Champions 2012, giocata al Camp Nou, il Chelsea fosse sopravvissuto alla rimonta del Barcellona in un modo che ancora oggi in pochi si spiegano. C’erano stati due legni presi dai catalani, certo, e poi un rigore sbagliato da Messi e un’infinità di altre palle-gol; ma la chiave del passaggio in finale, oltre alla fortuna, era stata una difesa d’altri tempi, pagata con una pioggia di cartellini su una formazione già gravata di diffide. E così la squadra che Roberto Di Matteo aveva ereditato un po’ casualmente dall’esonerato Villas-Boas s’era ritrovata all’ultimo atto di Monaco, fra l’altro contro il Bayern e quindi pure in trasferta, priva dei difensori centrali Terry e Ivanovic, del mediano Meireles e dell’agile incursore Ramires. Un massacro.
Ma gli eroi, oltre che dal loro valore, nascono dalle circostanze, e Didier Drogba, uno che ha sempre avuto l’epica nel sangue, non potrebbe chiedere di peggio per interpretare il ruolo. Unica punta dei resti del Chelsea – votati a una difesa ancor più ferrea – il centravanti ivoriano guida la resistenza con l’esempio morale e la tracotanza fisica: aiuta, si sacrifica, quando può tiene palla lontano dall’area per dar tempo ai compagni di riprendere fiato. Il Bayern conta 20 angoli a favore prima del sospirato 1-0, Thomas Muller all’83’: il Chelsea, esausto e disperato, ottiene il suo primo corner all’88 e Drogba, con un beffardo colpo di testa, centra il pareggio. La partita diventa definitivamente un romanzo nei supplementari, perché Didier combina il patatrac atterrando Ribéry in area, e Robben avrebbe a disposizione il rigore del nuovo vantaggio Bayern: ma lassù qualcuno ama il Chelsea e il suo profeta, perché l’olandese sbaglia aprendo la strada alla serie finale dal dischetto. In coda alla quale Drogba trasforma il suo match-point per una vittoria che attiene alla sfera dell’incredibile. Ed è per quella serata che lo considero il più grande calciatore africano della storia.