La storia del calcio in 50 ritrati, Centauria 2019, 13 dicembre 2019
Breve biografia di George Best
22 maggio 1946 (Belfast, Irlanda del Nord) 25 novembre 2005 (Londra, Inghilterra)
Il 22 maggio 2006, sei mesi dopo la scomparsa, il municipio di Belfast annunciò che l’aeroporto cittadino sarebbe stato intitolato a George Best. La decisione suscitò notevoli proteste, e un sondaggio organizzato da una radio diede un responso equilibrato: il 52 per cento degli interpellati si disse orgoglioso di onorare la memoria del campione, mentre il 48 fece presente – non sempre in toni urbani – che la vita privata di George non era stata così esemplare da meritare un simile riconoscimento. Le percentuali sono interessanti perché rispecchiano in linea di massima l’atteggiamento del mondo verso genio e sregolatezza: una buona metà ammira il primo, gli altri preferiscono scandalizzarsi per la seconda. Best (nomen omen) è stato il massimo esempio della convivenza tra due lune: il suo football era genio allo stato puro, prova ne sia la particolare abilità nel dribbling, il più artistico dei fondamentali. Anche la vita sregolata fuori dal campo, però, raggiunse livelli inediti. E al di là di divertenti frasi celebri, tipo la distinzione fra i soldi spesi per alcol, miss e macchinoni e quelli invece sperperati, Best ha pagato i suoi eccessi prima con l’invecchiamento precoce, dopo aver toccato il suo picco nel 1968 – a soli 22 anni – con la coppa dei Campioni e il Pallone d’oro, e poi addirittura con la vita. Eh già, George muore a 59 anni di cirrosi epatica, dopo che il trapianto di fegato non ha dato i risultati sperati. Consapevole di essere alla fine, lui che era stato un uomo bellissimo accetta di mostrarsi in una straziante fotografia accompagnata da una raccomandazione ai giovani affinché non commettano i suoi errori. Non c’è nulla di bohémien, in una morte così. È orribile e basta.
È giusto che la sua città gli abbia intitolato proprio l’aeroporto, perché Best era uno che ti faceva volare nei lunghi e insistiti dribbling di tecnica sopraffina e velocità letale con i quali, pur essendo un’icona del Manchester United, si costruì la fama di “quinto Beatle”. Peccato per l’atterraggio, George.